f.Eugenio Montale è stato un poeta e scrittore italiano, premio
Nobel per la letteratura nel 1975. Montale ha scritto relativamente poco:
quattro raccolte
di brevi liriche, un "quaderno" di
traduzioni di poesia e vari libri di traduzioni
in prosa, due volumi di
critica letteraria e uno di prose di fantasia. A ciò si aggiungono gli articoli
della collaborazione al Corriere della Sera. Il quadro è perfettamente coerente
con l'esperienza del mondo così come si costituisce
nel suo animo negli anni
di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la
luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.
*****
Incentrata, appunto, su
un’agave, una pianta grassa aggrappata a uno scoglio,
che cresce tra i sassi e raramente fiorisce e
a cui il poeta si paragona. L’agave
sullo scoglio è una poesia
dove l'io poetico si identifica con la
pianta esposta
al
mutare delle condizioni atmosferiche. È
un trittico dedicato a tre venti, che rappresentano diversi passaggi, stati
d'animo, «prospettive esistenziali», nonché
tre diverse allusioni
melodiche. Il primo testo è quello dello Scirocco,
che viene
da sud-est, e del suo
«rabido ventare», simbolo degli «inafferrati eventi, / luci-ombre, commovimenti
/ delle cose malferme della terra».
Fa parte
della sezione Meriggi e Ombre della raccolta Ossi di seppia
di Eugenio
Montale
A L’agave sullo scoglio
Montale dedica un trittico di tre poesie, ognuna delle quali dedicata a un diverso: Scirocco, Tramontana e Maestrale. Il
primo è descritto come un rapido, che
scalda l’arido terreno giallo-verde, che libera il cielo dalle nuvole, dopodiché
Montale, vedendo il movimento di ogni cosa attorno a sé, si sente come un’agave
ancorato ad uno scoglio che vede nella sua immobilità un limite che la
tormenta.
II.L’agave sullo scoglio[1]
O rabido
ventare di scirocco
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh aride ali dell’aria
ora son io
l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh aride ali dell’aria
ora son io
l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
[1] L’agave sullo scoglio
di Eugenio Montale fa
parte della raccolta Ossi
di seppia, pubblicata nel 1925 da Piero Gobetti e che contiene le
poesie dell’autore dal 1926 in poi. L’edizione definitiva
di Ossi di seppia viene pubblicata nel 1942. Questa raccolta di poesie è frutto di
una severa selezione
tra i lavori del poeta che fanno parte del suo operato più
maturo .
Devo di nuovo scusaemi perché il mio pazzo vecchio PC. ha per sua autonoma iniziariva retrodatato al 23/24/25-XI i versi del poeta irlandese W.B.Yeats .Il post del 25/XI contiene anche la dedica di quegli spendidi versi al mio /a fedele amico/a fedele e costante lettore/trice irlandese.
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