11.Francia
JULES LAFORGUE
1860 - 1887
La luna,il sogno,la donna,ma anche
l’attrazione irresistibile per il lugubre,la morte,scheletri che
danzano indossando ora il frac,ora
tonache,Jules Lafrgue,nei suoi brevissimi 27 anni di vita resta
comunque una voce visionaria possente
della poesia del pianeta.
La sua vita.
Uruguaiano di nascita,ma francese di
adozione e di lingua(la sua famiglia aveva origini bretoni)
è tutt’altro che uno studente modello.Fallisce infatti per ben tre riprese l’esame per il diploma,
molto probabilmente però,con il senno di poi,possiamo affermare che invece di studiare si
stesse dedicando anima e corpo alla raccolta di poesie “I singhiozzi della terra”alla quale lavorò
fino al 1881 e che resterà incompiuta e sarà pubblicata postuma all’interno dell’opera poetica completa di 29 componimenti scritti tra il 1878 e il 1883.
è tutt’altro che uno studente modello.Fallisce infatti per ben tre riprese l’esame per il diploma,
molto probabilmente però,con il senno di poi,possiamo affermare che invece di studiare si
stesse dedicando anima e corpo alla raccolta di poesie “I singhiozzi della terra”alla quale lavorò
fino al 1881 e che resterà incompiuta e sarà pubblicata postuma all’interno dell’opera poetica completa di 29 componimenti scritti tra il 1878 e il 1883.
A Parigi – dove si era trasferito con
tutta la sua famiglia –il suo genio avrebbe preso forma,
anche se la prima lirica pubblicata era apparsa a Tolosa nel 1879.Presto era stato notato negli ambienti letterari di Paname,sufficientemente per iniziare una collaborazione di maturazione
con la rivista’ La vie moderne’.
anche se la prima lirica pubblicata era apparsa a Tolosa nel 1879.Presto era stato notato negli ambienti letterari di Paname,sufficientemente per iniziare una collaborazione di maturazione
con la rivista’ La vie moderne’.
Nel 1881 si trasferisce a Berlino come
lettore francese dell’Imperatrice Augusta,impiego che
gli lascia molto tempo libero e gli
consente così di scrivere e di coltivare gli altri suoi
molteplici interessi che spaziano dalle acqueforti alla musica,dall’arte tutta alla critica filosofica.
molteplici interessi che spaziano dalle acqueforti alla musica,dall’arte tutta alla critica filosofica.
Il mistero dei tre corni
Un corno nella pianura
soffia da perdere il fiato
Un altro,dal fondo dei boschi,
gli risponde;
L’uno canta totaine
Alle foreste vicine
E l’altro ton-ton
agli echi dei monti.
Quello della pianura
Sente gonfiar le sue vene,
Le sue vene della fronte;
Quello del boschetto,
A dire il vero,risparmia
I suoi graziosi polmoni.
-Dove ti nascondi dunque,
mio bel corno da caccia?
Quanto sei perfido!
Io cerco la mia bella
Laggiù,che mi chiama
per vedere il sole al tramonto
Taïaut ! Taïaut ! Ti amo!
Hallali ! Roncevaux !
Essere amato è dolcissimo
Essere amato è dolcissimo
-Ma il sole
che muore, prima di tutto!
Il Sole depone la sua stola pontificale
Libera le chiuse del Gran Collettore
in mille Miniere d’oro
che i più artisti
dei nostri liquoristi
attizzano con cento fiale di vetriolo
orientale!...
Lo stagno sanguinante,subito si
diestende,subito si mostra,
annegando la giumenta della quadriga
che si impenna,che si infanga,e poi si condensa
in quei diluvi di bengala e di alcool!...
in quei diluvi di bengala e di alcool!...
Ma le dure sabbie e le ceneri dell’orizzonte
Han presto bevuto tutta questa offerta di veleni
Ton-ton ton-taine, le glorie ! ....
E i corni costernati
Si ritrovano faccia a faccia;
Sono in tre;
S’alza il vento ,comincia a
rimfrescare.
Ton-ton ton-taine, le glorie!...
-“Sottobraccio,
prima di rientrare,ognuno a casa
sua,
se andassimo a bere
un sorso?”
Poveri corni! Poveri corni!
Come lo dissero con un riso amaro!
Come lo dissero con un riso amaro!
(Li sento ancora).
L’indomani,l’ostessa del Gran-Saint-Hubert
Li trovò tutti e tre morti.
Si dovettero chiamare le autorità
Della località.
Che redassero un verbale
Di quel mistero molto immorale.
Traduzione di Maria Gabriella Bruni
Le mystère
des trois cors
Un cor dans
la plaine
Souffle à perdre haleine,
Un autre, du fond des bois,
Lui répond ;
L'un chante ton-taine
Aux forêts prochaines,
Et l'autre ton-ton
Aux échos des monts.
Celui de la plaine
Sent gonfler ses veines,
Ses veines du front ;
Celui du bocage,
En vérité, ménage
Ses jolis poumons.
- Où donc tu te caches,
Mon beau cor de chasse ?
Que tu es méchant !
- Je cherche ma belle,
Là-bas, qui m'appelle
Pour voir le Soleil couchant.
- Taïaut ! Taïaut ! Je t'aime !
Hallali ! Roncevaux !
- Être aimé est bien doux ;
Mais, le Soleil qui se meurt, avant tout !
Le Soleil dépose sa pontificale étole,
Lâche les écluses du Grand-Collecteur
En mille Pactoles
Que les plus artistes
De nos liquoristes
Attisent de cent fioles de vitriol oriental !...
Le sanglant étang, aussitôt s'étend, aussitôt s'étale,
Noyant les cavales du quadrige
Qui se cabre, et qui patauge, et puis se fige
Dans ces déluges de bengale et d'alcool !...
Mais les durs sables et les cendres de l'horizon
Ont vite bu tout cet étalage des poisons.
Ton-ton ton-taine, les gloires ! ....
Et les cors consternés
Se retrouvent nez à nez ;
Ils sont trois ;
Le vent se lève, il commence à faire froid.
Ton-ton ton-taine, les gloires !...
- " Bras-dessus, bras-dessous,
" Avant de rentrer chacun chez nous,
" Si nous allions boire
" Un coup ? "
Pauvres cors ! pauvres cors !
Comme ils dirent cela avec un rire amer !
(Je les entends encor).
Le lendemain, l'hôtesse du Grand-Saint-Hubert
Les trouva tous trois morts.
On fut quérir les autorités
De la localité,
Qui dressèrent procès-verbal
De ce mystère très-immoral.
Souffle à perdre haleine,
Un autre, du fond des bois,
Lui répond ;
L'un chante ton-taine
Aux forêts prochaines,
Et l'autre ton-ton
Aux échos des monts.
Celui de la plaine
Sent gonfler ses veines,
Ses veines du front ;
Celui du bocage,
En vérité, ménage
Ses jolis poumons.
- Où donc tu te caches,
Mon beau cor de chasse ?
Que tu es méchant !
- Je cherche ma belle,
Là-bas, qui m'appelle
Pour voir le Soleil couchant.
- Taïaut ! Taïaut ! Je t'aime !
Hallali ! Roncevaux !
- Être aimé est bien doux ;
Mais, le Soleil qui se meurt, avant tout !
Le Soleil dépose sa pontificale étole,
Lâche les écluses du Grand-Collecteur
En mille Pactoles
Que les plus artistes
De nos liquoristes
Attisent de cent fioles de vitriol oriental !...
Le sanglant étang, aussitôt s'étend, aussitôt s'étale,
Noyant les cavales du quadrige
Qui se cabre, et qui patauge, et puis se fige
Dans ces déluges de bengale et d'alcool !...
Mais les durs sables et les cendres de l'horizon
Ont vite bu tout cet étalage des poisons.
Ton-ton ton-taine, les gloires ! ....
Et les cors consternés
Se retrouvent nez à nez ;
Ils sont trois ;
Le vent se lève, il commence à faire froid.
Ton-ton ton-taine, les gloires !...
- " Bras-dessus, bras-dessous,
" Avant de rentrer chacun chez nous,
" Si nous allions boire
" Un coup ? "
Pauvres cors ! pauvres cors !
Comme ils dirent cela avec un rire amer !
(Je les entends encor).
Le lendemain, l'hôtesse du Grand-Saint-Hubert
Les trouva tous trois morts.
On fut quérir les autorités
De la localité,
Qui dressèrent procès-verbal
De ce mystère très-immoral.
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