Anna Acmatova |
ANNA ACHMÀTOVA
C’è stato un “Caso
Achmàtova” che ha provocato polemiche non meno vivaci di quelle legate al
nome di Pasternàk.I due poeti avevano in comune l’esperienza delle avanguardie
non simboliste,l’acmeismo e il futurismo.
Il nome di Anna Achmatova era
tornato,tra le discussioni dei letterati e la curiosità del pubblico,negli anni
dello schematismo ideologico,dello zdanovismo
delle accuse di cosmopolitismo,come il nome di Pasternàk era riapparso,nei
titoli dei quotidiani,durante una delle più burrascose assegnazioni del Nobel. Entrambi
poeti del silenzio,sono passati attraverso il rumore delle polemiche più aspre.
Anche prima,negli anni lontani delle avanguardie del primo Novecento,quando l’impegno
degli scrittori per demistificare la
parola,spogliarla degli abiti usuali ormai abusati e un po’ troppo consunti,reintegrarla
nel mondo dell’azione,della vita imprimeva al secolo un primo ma stabile
significato,se dentro e intorno a quel lasso incisivo di anni -1914/1944 – si
sono realizzate le più profonde trasformazioni sociali,tecniche,linguistiche e
poetiche destinate a pesare,e molto,sull’altra metà del secolo.
Nell’ambito dell’acmeismo(dal
greco:il più alto grado,il fiore,la stagione del rigoglio - da cui A.A.trae anche il suo pseudonimo -) si sviluppa la sua
poesia,che da quel movimento trae anche
il suo pseudonimo,che tuttavia appartiene di diritto a quel primo Novecento
europeo.
Le sue poesie sono composte dunque di
tre,quattro,raramente di cinque quartine. Poesie d’amore,come rapidi abbozzi
di novelle,come miniature psicologiche. L’amore non è per lei l’eccezione, la
fiamma che divora nei momenti febbrili dell’estasi,ma un alimento quotidiano,una
continua presenza .Il suo canzoniere registra con semplicità e senza
travestimenti simbolici la sua
condizione di donna,il suo vissuto sentimentale. Certo le liriche possono assumere l’ordito del
contrasto e la trama del paradosso ,ma si susseguono come il diario trepido di
un’anima appassionata,talora capricciosa,che vuole e sa esprimere con un
coraggio inconsueto le proprie emozioni.Riabilita i gesti concreti e le
circostanze reali che costituisconoil loro naturale contesto,strappando la cornice e anche gli elementi del quadro narrato
alle astrazioni dei simbolisti. Che assuma pose barocche di sofferente o di
peccatrice,o che si atteggi a vittima,dai
suoi versi impariamo le sue abitudini,i suoi capricci,le sue
debolezze, le sue amicizie. Conosciamo il suo aspetto,il suo modo di vestire,i
suoi movimenti,i luoghi che frequenta,gli oggetti che la circondano . Quanto è reale il ristorante dove
la musica è messa sullo stesso piano delle “ostriche
in ghiaccio”(in Di sera,-1913-da - ROSARIO-1914-)oppure”la fine nube sopra il nero caffè,il greve
calore invernale del rosso caminetto"(in" Sì,le ho amate quelle riunioni notturne …" - da PIANTAGGINE – 1921 -)o anche L’albero
che si piega sotto la bianca fiamma/delle abbaglianti rose di ghiaccio./Sulle
fastose nevi di parata /una traccia degli sci …(in "Qui si sta bene" da LA CANNA -. 1934/40).Inquadrature che sanno rituffarci per incanto
nel costume dei primi decenni di quel secolo.
Particolare risalto acquista il “dettaglio achmatoviano”-come lo ha definito il prof.Ettore Lo Gatto - ovvero la capacità della poetessa di chiudere,nella piccola cornice di una lirica di poche strofe,un racconto d’amore,risolvendolo con un piccolo gesto solo a prima vista ininfluente ,con l'intrusione di un oggetto solo apparentemente marginale.Anna Achmatova sa infatti molto bene rendere un ambiente e rendere tutto il segreto delle sofferenze interiori malinconiche o laceranti,con l’inserimento fugace di dettagli che carica di significato con pochi tratti di grande intensità. Spesso,per suggerire un’atmosfera le basta introdurre un piccolo oggetto,un arnese che nei suoi versi risplende come un amuleto(i grani d’un rosario,la veletta)Spesso le sue liriche sono imperniate su un oggetto la cui luce si diffonde su tutto il contesto. Se in lei le cose possono apparire ancora umili e sottomesse all’esplosione dei sentimenti,nelle pagine dei cubo- futuristi avranno perso poi ogni residua funzione decorativa per animarsi di ribellione agli uomini.
Particolare risalto acquista il “dettaglio achmatoviano”-come lo ha definito il prof.Ettore Lo Gatto - ovvero la capacità della poetessa di chiudere,nella piccola cornice di una lirica di poche strofe,un racconto d’amore,risolvendolo con un piccolo gesto solo a prima vista ininfluente ,con l'intrusione di un oggetto solo apparentemente marginale.Anna Achmatova sa infatti molto bene rendere un ambiente e rendere tutto il segreto delle sofferenze interiori malinconiche o laceranti,con l’inserimento fugace di dettagli che carica di significato con pochi tratti di grande intensità. Spesso,per suggerire un’atmosfera le basta introdurre un piccolo oggetto,un arnese che nei suoi versi risplende come un amuleto(i grani d’un rosario,la veletta)Spesso le sue liriche sono imperniate su un oggetto la cui luce si diffonde su tutto il contesto. Se in lei le cose possono apparire ancora umili e sottomesse all’esplosione dei sentimenti,nelle pagine dei cubo- futuristi avranno perso poi ogni residua funzione decorativa per animarsi di ribellione agli uomini.
La scrittura di Anna Achmatova si lega infine a una specie
di mimica discorsiva,a un sistema di
gesti verbali.Nel senso che ,attenuatasi ormai e quasi svanita la melodia del verso,la poesia
assume ora la forma di una conversazione
con un interlocutore immaginario,in un discorso ricco di implicazioni mimiche
.Periodi molto brevi,che sembrano
procedere a scatti,con frequente omissione del verbo e del pronome,passaggi bruschi,la congiunzione posta in inizio di frase, tutto un apparato espressamente
costruito in funzione dell’evocazione del parlato.
L’ultima voce,la
sua,di una generazione che ha saputo dare alla poesia moderna Blok,Pasternàk,Majakovskij,Esenin.
Achmatova Anna Andrèevna,pseudonimo di A. Gorenko,nasce
in un villaggio vicino a Odessa nel 1888.
Studia a Kiev.Vive a Pietroburgo.Sposa prima il poeta N.Gumiliëv e successivamente
l’assiriologo V.K.
Šilèjko.Dopo la fucilazione di N.Gumiliëv,resta per
lunghi anni in silenzio e soltanto nel 1940 dà alle stampe una nuova raccolta e
un’antologia. Durante la guerra soggiorna a Taškent.Nel 1946 ,accusata di
pessimismo e disfattismo per alcune poesie apparse nelle riviste di Leningrado Zvezdà e Leningrad ,è espulsa
dall’Unione degli scrittori sovietici,per riprendere a pubblicare sulla rivista Ogonëk ,sempre di
Leningrado,nel 1950. Viaggia ,anche all’estero(una sua poesia è dedicata a
Venezia;a Parigi incontra Modogliani).A Taormina ,nel 1964,riceve il premio
internazionale di poesia Taormina.
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