sabato 5 gennaio 2013

Punti di vista sul corpo.-2-







                   POESIA                               
                                                         Punti di vista sul   corpo                                                 
di Hemingway
diFrancesca  Yvonne Caroutch
di Adonis
delle Donne d’Algeri
di Paul Celan    
di Joaquìn Pasos
di e.e. cummings
di Ameen Rihani                                                                              
di Pablo Neruda
di Octavio Paz                                                                                   
di Marcelle Delpastre
                                                                      

    
    Da sempre infatti il corpo dell'amato/a  accende il fuoco del desiderio, ma più raro è stato il suo canto. È stata una conquista graduale la nostra e le modalità del sentire sono molto diversamente coniugate, nello spazio, nel tempo e, solo recentemente, anche nei generi.
    Sorprendono alcuni confronti  tra poeti del Vecchio e del Nuovo Continente. Dall'Europa germanofona all'America anglofona ritroviamo gli stessi stilemi per cantare il corpo della donna con due titoli ai testi che, però, segnano l'opposto punto di vista.
    Un ritratto dai colori scurissimi,"Ritratto di un'ombra "di Paul Celan[1] che, ripercorrendo analiticamente ogni  elemento del corpo della sua donna, gli affianca immagini segnate da forte aggressività, quando non  corrosive e perfide:                             

                                                                                                    
                                                              

Ritratto di un’ombra[2]
 I tuoi occhi, orma di luce dei miei passi;
la tua fronte, solcata dal lampo delle spade;
i tuoi sopraccigli, orlo della rovina;
le tue ciglia, messi di lunghe lettere;
i tuoi riccioli, corvi, corvi, corvi;
le tue guance, stemma del mattino;
le tue labbra, ospiti tardivi;
le tue spalle, statua dell'oblio;
i tuoi seni, amici delle mie serpi;
le tue braccia, ontani alla porta del castello;
le tue mani, tavole di morti giuramenti;
i tuoi fianchi, pane e speranza;
il tuo sesso, legge dell'incendio boschivo;
le tue cosce, ali nell'abisso;
i tuoi ginocchi, maschere della tua boria;
 i tuoi piedi, teatro d'armi dei pensieri;
le tue piante, cripte di fiamme;
la tua orma, occhio del nostro addio.
        

               Mentre Edward Estlin Cummings (e.e.cummings)[3] nel suo "Cara"  traccia anche lui la mappa del corpo dell'amante con cura minuziosa, ma per esaltarne le virtù regali, dove luce, colori, suoni, profumi riescono ad esprimere il meglio di sé. E, anche quando i capelli o le spalle evocano in lui immagini guerriere, il senso attribuito è quello del valore trionfante che hanno assunto ai suoi occhi:         


cara.[4]
cara
i tuoi capelli sono un regno
dove sovrana è l'oscurità
la tua fronte è una fuga di fiori
la tua testa è bosco vivo
pieno di assonnati uccelli
i tuoi seni grappoli d'api bionde
sul ramo del tuo corpo
il tuo corpo è per me aprile
dalle sue ascelle giunge primavera
le tue cosce pariglia di bianchi cavalli  a un cocchio
di re
sono il tocco d'un buon menestrello,
e sempre vi risuona un dolce canto
 cara
il tuo capo è uno scrigno
per la fresca gemma della mente
i capelli sul capo sono un guerriero
ignaro della sconfitta
i capelli sulle spalle un'armata
di vittorie e di trombe
le tue gambe sono alberi di sogno
i suoi frutti vero mangiare d'oblio
le tue labbra satrapi scarlatti
nei cui baci combaciano i re
i tuoi polsi
sono santi
custodi del tuo sangue
i tuoi piedi sulle caviglie fiori in vasi
d'argento
nella tua bellezza oscillano i flauti
i tuoi occhi tradiscono
campane intese fra incenso
   Due seduzioni ritmiche martellanti quasi a dire  la propria diversa ossessione, quasi sovrapponibili, come a lanciare, però, due opposti messaggi: quello cupo e irridente della voce del Vecchio Continente contro quello solare,     
caldo ed esaltante di quella del Nuovo Mondo.
          Più sofferti  il desiderio e l’estasi di Ameen Rihani [5] in:
Laylat-Al-Layālī[6]
Di notte sulla raggiante Rialto,[7]
vicino alle stelle, nelle loro case di vetro,
vagai con l’anima in tasca
pregando che quel momento non finisse mai.
Ho visto il mio cuore, il mio spirito, il mio pudore
prostrarsi ai piedi della Bellezza.
Quelle sembianze! Quante volte mi avevano allettato,
e quante volte sono caduto nell’inganno!

 E quante migliaia  e migliaia di volte
ho camminato all’ombra di una Layla!
Ma l’estasi e la beatitudine della visione
finivano sempre in una frustrazione profonda.
Ho colto ogni invito
sussurrato dalle pieghe del suo abito, ma non osavo.
Ho visto ogni mia fantasia
indietreggiare dinanzi al nero dei suoi capelli.
Ho desiderato che  ogni edificio intorno a noi
fosse un cedro, un pioppo, un pino,
che gli uomini e le donne fossero statue
e la pioggia che cadeva fosse vino.
Che le luci fossero fiori eterei
E le automobili fossero rifugi nel bosco …
“Oh, basta così!” esclamò lei e mi diede un bacio.
“questa soffitta e questo letto vanno benissimo”.
                                          

               Il Mediterraneo e l’Atlantico confluiscono nella sensibilità che ispira questo poeta, arabo libanese che vive a New York,a rappresentare la dimensione della memoria e quella del presente.
La prima ottava racchiude il sortilegio del paesaggio metropolitano, architettonico e umano,così affascinante da intimidire,ma che si rivela presto ingannevole.

       Come nel linguaggio filmico, dall’inquadratura panoramica si passa all’inquadratura più ravvicinata per ribadire gli allettamenti e l’ammiccare delle Belle e dei loro abiti che svolazzano leggeri e capricciosi, con l’inevitabile delusione per le fantasie irrealizzate, nella seconda strofa. Infine, quasi a sottolineare il disagio dello spaesamento, l’evocazione del paesaggio familiare libanese con le sue foreste di cedri, di pioppi e di pini e, in conclusione, il  colpo d’ali di lei che lo accompagna, che tronca le sue esitazioni per liberarlo con un bacio, completamente a suo agio, anche in quella squallida soffitta, perché quel  che conta è che lui  sia lì.   

            Altro orizzonte si apre se esploriamo il corpo femminile attraverso la voce cilena di Pablo Neruda[8]  ne  :
 

 L’Infinita [9]         
Vedi queste mani? Han misurato
la terra, han separato
 i minerali e i cereali
han fatto la pace e la guerra,
hanno abbattuto le distanze,
di tutti i mari, di tutti i fiumi,
e tuttavia
quando percorrono
te, piccola,
grano di frumento, allodola,
non riescono a comprenderti,
si stancano raggiungendo

le colombe gemelle
che riposano o volano sul tuo petto
percorrono le distanze delle tue gambe
si avvolgono alla luce della tua cintura.
Per me sei un tesoro più colmo
d'immensità che non il mare e i grappoli,
e sei bianca e azzurra e vasta come
la terra della vendemmia .
In questo territorio,
dai tuoi piedi alla tua fronte
camminando, camminando, camminando,
passerò la mia vita.

 o quella messicana di Octavio Paz[10] in:

Corpo in vista[11].                   

E le ombre s'aprirono nuovamente e mostrarono un corpo:
i tuoi capelli, autunno denso, caduta d'acqua solare,
la tua bocca e la bianca disciplina dei tuoi denti cannibali, prigionieri in fiamma,
la tua pelle di pane appena dorato, gli occhi di zucchero bruciato,
luoghi dove il tempo non passa,
valli che solo le mie labbra conoscono,
passaggio della luna che ascende alla tua gola tra i tuoi seni,
cascata pietrificata della nuca,
alta pianura del tuo ventre,
spiaggia senza fine del tuo costato 
i tuoi occhi sono gli occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei tuoi capelli
la tua schiena fluisce tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del fiume alla luce dell'incendio.

alta pianura del tuo ventre,
spiaggia senza fine del tuo costato 
i tuoi occhi sono gli occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei tuoi capelli
la tua schiena fluisce tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del fiume alla luce dell'incendio.

Acque addormentate battono giorno e notte la tua cintura d'argilla
e sulle tue coste, immense come gli arenili della luna,
il vento soffia per la mia bocca e il suo lungo lamento copre con due ali grigie
la notte dei corpi
come l'ombra dell'aquila la solitudine dell'altopiano deserto.
Le unghie delle dita dei tuoi piedi son fatte del cristallo dell'estate.

Tra le tue gambe c'è una pozza d'acqua addormentata,
baia dove il mare di notte s'acquieta, nero cavallo di schiuma,
grotta a piede della montagna che nasconde un tesoro,
bocca del forno dove si fabbricano ostie,
sorridenti labbra socchiuse ed atroci,
unione della luce e dell'ombra, del visibile e dell'invisibile
(lì attende la carne la sua resurrezione e il giorno della vita perdurabile)
Patria di sangue, unica terra che conosco e mi conosce,
unica patria in cui credo, unica porta sull'infinito.

                La versificazione è più variata da interrogativi, ha un respiro più aperto, da voce latina, per riprendere con più gusto e vigore lo slancio e l'esaltazione successivi. La natura tutta partecipa all'adorazione dei corpi femminili.
      Se in  Octavio Paz il corpo dell'amata ha la forza di squarciare le tenebre ed i suoi occhi sono luoghi dove il tempo non passa e "nella bocca del  forno dove si fabbricano ostie" c'è il segno dell'eternità, le mani di Pablo Neruda che hanno abbattuto le distanze di tutti i mari, quando percorrono il corpo di lei, accusano momenti di affaticamento tanto infinito è "il territorio dai tuoi piedi alla tua fronte" che "camminando, camminando e camminando,/passerò la mia vita."


      Ecco ora  la voce di Joaquìn Pasos[12] dal Nicaragua ,che unisce l’immagine sensuale e possente delle giovani indie, che sfidano il vento ,opponendogli i loro seni denudati,a quelle di una natura selvaggia e bellissima:

Tormenta.[13]


Il nostro vento furioso grida attraverso palme giganti
Sordi bramiti scendono dal cielo incendiato da lingue di leopardi
Il nostro vento furioso cade dall’alto.

Il colpo del suo corpo scuote le radici dei grandi alberi
Escono dal suolo gli scarabei
I serpenti maschi.

Il nostro vento furioso continua il cammino bagnato
È il succo oscuro della sera che bevono i tori selvaggi
Imperversa sui campi.

Gli uomini  odono in silenzio i gemiti del vento
Con l’anima spezzata,il corpo levato
I piedi e la faccia di fango.

Le indie giovani vanno nel cortile,lacerano le loro camicie
Offrono al vento i loro seni nudi,che esso aguzza come vulcani.

Grande poesia dell'amore forte


Il mio amore sta con le ali aperte sul mare –
coste, acqua e schiuma.
Il mio amore brilla come acqua sull’acqua.
Il mare è rotondo. Il mare è piccolo.
Il mio amore è un'alga.
Il mio amore è come un uccello.
Il mio amore è una perla di luce
che cresce con il mattino –
voglio piantare un albero per questa illusione.
Voglio un grande cielo come un parco
per far giocare il mio amore.
Sulle ali del vento il mio amore
è azzurro e limpido.
Voglio tenere questo fiore come una rosa
in boccio, piantata nella tasca –
sole, sole, sole! e l'acqua.
Il mio amore era un ragazzo snello dentro una giacca –
lo afferrai, lo misi sul tavolo come una bambola –
e lui vive con i suoi occhi immensi.
Il mio amore è un bambino che imita
il fischio della vaporiera.
Sulla strada, il mio amore striscia come un serpente
e disegna le curve della terra.
Cresce come una pera matura sulla punta
di un ramo, da salvare in una bottiglia di vetro.
Lascia la palla del mio amore,
salta sui gradini della scala
e cadi nell’acqua dello stagno.
(Il mio amore è fresco e morbido
come il languore dei tuoi capelli.)
Il mio amore, donna, è come te stessa.
Il mio amore è ad ali spiegate sul mondo.
Il mio amore brilla come il mondo al mondo.
Il mio mondo è rotondo.
Il mondo è piccolo?

Il mio amore è diverso. 




             Nella poesia  di Joaquìn Pasos scopriamo ancora una volta la fantastica capacità di fondere le esperienze delle avanguardie -con la soppressione di nessi grammaticali ,le caotiche enumerazioni e invenzioni di immagini sensuali molto originali, che ben rappresentano il vigore della sua terra –e un certo gusto degli artifici che ricordano quasi la retorica barocca.
            C' è poi la smania maschia e sofferta del soldato Hemingway[14] per una caviglia di cui vorrebbe condividere i segreti per dare un senso alla breve licenza in quel di Schio, prima di ripiombare nell'inferno della prima linea. Intanto si stordisce con una bottiglia insieme con i suoi commilitoni.

C'erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto[15]


che giravano per il centro di Schio.
Tre giorni di licenza e ti senti un gran dritto.
Sbronzi duri, ma l'occhio aperto e fitto
Si  guardavan com'eran fatte, loro e io.
Solo com'eran fatte, santo dio.

Perché la faccia non interessa, quando hai solo tre giorni di licenza
né a Ike né a Tony né a Jaque né al sottoscritto.
La faccia è gratis, la guardi, ne hai diritto,
ma una caviglia ti costa sofferenza
perché la caviglia è un segno.

Buono è il cognac anche se Martel non è,
la caviglia ha segreti che tiene per sé.
Certe volte li serba o li scambia con te.
Fra tre giorni saremo di nuovo all'inferno, ecco perché

Non ce ne importa un fico se anche lei Martel non è.

    Diverso , ma attraente e ugualmente interessante, è lo sguardo  al femminile, che sia quello fisico e  terragno della poetessa contadina occitana Marcella Delpastre[16] come quello metafisico di Francesca Yvonne Caroutch,che sia il canto di un corpo  di donna o di maschio.

Donna in fiore.[17]

donna in fiore come un grande castagno che spande i suoi profumi possenti
tu ti ergi sulla campagna, fiammeggi di buoni odori,
prendi il  sole e la pioggia sui tuoi rami carichi di frutti.
Sei in piedi sulla collina,i l blu dello spazio e il vento grondano
su di te dalla bocca  ai talloni.
Le messi crescono sulle tue braccia, il biondo rotondo dei  seni gonfia  il tempo dei raccolti maturi,
e nel tuo seno già la notte profonda fermenta; già
il grande mare avvolge su di te la curva delle sue onde.
       
     Il linguaggio della poetessa etnologa del Midi della Francia identifica i seni della sua donna in fiore con il vigore della terra per esaltarne la provvida fertilità che la fa uguale agli altri elementi della natura. Anche qui, come in Tagore , le onde del mare, con un rotondo abbraccio, le tributano il loro omaggio appassionato.
    Una straordinaria comunione donna/natura,che dichiara anche Francesca Yvonne Caroutch[18] .
Nei suoi testi il linguaggio è ugualmente ricco di immagini forti, sensuali, appassionate, ma non ha più la semplicità solare e generosa di Marcelle Delpastre, anzi,  a tratti,  si fa  drammatico, aggressivo e febbrile quasi  a  meglio  esprimere l’urgenza del desiderio...

Tu mio sosia nell’arte d’amare[19]


L’indecenza di contemplare il tuo sonno
Sotto i resinosi inebetiti di felicità
Tu mi avvolgi come un velo di calore
Voluttà dell’assenza straziante
Febbre d’incontro
Negli aromi della passione

Divorarci l’un l’altro
come quarti di luna
sotto il grande artificiere in trance
 Desiderio cieco che urta nelle tenebre
Depositi del destino oscuro
Che voga verso gli spazi sempre più vergini dei cieli

I  fichi cantano
malgrado lo scorpione nel cuore
Tutti gli uomini amati non  ne fanno che uno
nell’etere che brucia

Non resta che una bocca
che è in comunione con i frutti sacri della terra
Che urla all’interno che tace
che bacia l’impronta dei tuoi passi sulla sabbia

           o che si esprime infine con quello popolare della sfida ribelle e sicura di sé nel canto delle donne d’Algeri;una testimonianza importante - per un paese dove la condizione delle donne non è certo delle  migliori - di Mohammed Kacimi El Hassani[20]:
             

           La mela non voglio mangiare,[21]

                                il suo rosso prenderò per le guance.
                Un vecchio non voglio sposare,
                lo getterò in fondo al mare.
                Al suo posto prenderò un giovanetto,
                con lui giocherò nel cuore del letto.
             
       E in una sorta di parossistico climax si approda a un punto di vista ancora  altro, di un erotismo quasi  metafisico, molto mediorientale; quello sull'ombelico della Bella di Adonis[22], che  appare al grande poeta come un'ammaliante ninfea che schiude i suoi petali in un lago ; egli ci si smarrisce, attratto ,come il vento che si perde nei suoi antri, e finisce per cantare in suo nome, cancellando le strade.

29. Quello è il suo ombelico?

Una gaia ninfea[23]

 che su un lago di fiori distende i suoi petali
in cui si aggirano le mie viscere e la mia fantasia
ne indosso il roseo corpo, congiunto
ad ogni luce, come se indossassi l'orizzonte.

Quello è il suo ombelico? Precipito, mi perdo
come
si perde il vento, mi attraggono i suoi antri
mi chino e canto in suo nome scendendo
 al fondo e in suo nome cancello le strade.




                                                                          
                                                                                                                       

                                                      

                                                                                                                                                                                                           

     







[1]Paul Celan,pseudonimo di Paul Antschel,nasce a Czernowitz nel 1920.Poeta rumeno di lingua tedesca,di origini ebraiche,vive a Parigi dal 1948,dove muore nel 1970 gettandosi nella Senna dal Pont Mirabeau.
[2]Paul Celan,Ritratto d’un’ombra, In “Poesie”,a cura di Giuseppe Bevilacqua,Mondadori,Meridiani,1998.
[3] Edward Estlin Cummings,ee.cummings,nasce a Cambridge,Massachussetts,nel 1894 e muore a North Conway,New Hampshire nel 1962.
[4]ee.cummings.Da”Tulips and Chimneys”,1923, in“Poesie,” trad. di Mary de Rachewitz,Einaudi, 1987.
[5] Ameen Rihani (Amīn Fāris al Rīhānī)nasce a Freike,Libano,nel 1876.Muore nel villaggio natale nel 1940,dopo una lunga permanenza a New York,USA,.In quella città è membro de “ Il Circolo di Gibran”. 
[6]Ameen Rihani,Laylat –al- Layālī. Da: ‘Poeti Arabi di  New York’.Palomar editore .2009.
Layat- Al- è l’amata  di Qays. L’equivalente  arabo-persiano di Giulietta e Romeo.
[7] A Broadway.New York.N.Y.
[8]Pablo Neruda,pseudonimo di Neftali Ricardo Reyes,nasce a Parral,Cile,nel 1904 e muore a Santiago,Cile,nel 1973.Nel 1971 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura.
[9]Pablo Neruda,da “I Versi Del Capitano”, in “Poesie”,Passigli editore,1995.
[10] Octavio Paz,pseudonimo di Octavio Lozano,poeta e diplomatico,nasce nel 1914 a Città del Messico e muore nel 1998. Nel 1990 gli è conferito il premio Nobel per la letteratura.
[11] Octavio Paz,da: “Libertà sulla parola”. Op. cit.
[12]Joaquìn Pasos, poeta nicaraguense che nasce a  Granada nel 1914 e muore a  Managua nel 1947. Dal1929 fa parte del gruppo Vanguardia(1928/1931)di  José Coronel Urtecho,Pablo Antonio Cuadra,Manolo Cuadra e altri. Con  alcuni di loro fonda la rivista omonima,organo del movimento.

[13] Joaquìn Pasos,Tormenta,in Poeti ispanoamericani del Novecento,II vol., a cura di  Francesco Tentori Montalto,prefazione di Mario Luzi, Bompiani, Milano, 1987,da Poemas de un joven,con prefazione di Ernesto Cardenal, México, Fondo de Cultura Economica, 1962.  Dello stesso autore,precede in Nicaragua, ma nello stesso anno-( 1962)- Sus mejores poesias, Managua, Club del Libro Nicaraguense. Successivo è Poesia escogida, México, CLE, 1974.Ci piace ringraziare il prof.Giuseppe Bellini per averci aiutato con  il puntuale recupero delle fonti.

[14]Ernest Hemingway nasce a Oak Park,Illinois,nel 1899,e muore a Ketchum,Idaho, nel 1961.Ottiene il Premio Nobel per la letteratura nel 1954.
[15] Ernest Hemingway:poesia riconducibile agli anni 1918/20,circa.E’ inserita nella raccolta “88 Poems”curata da Nicholas Gerogiannis e pubblicata postuma nel 1979,negli USA.In Italia,V.Mantovani cura la traduzione, che è pubblicata nella collana ‘Specchio’ da Mondadori col titolo”88 poesie,”nel 1982.
[16] Marcella Delpastre nasce nel 1925 a Germont-de-Chamberet,Limousin,Francia,e muore nel 1998.Poetessa e contadina,etnologa della sua stessa cultura,d’espressione occitana e francese.
[17]Marcella Delpastre,Donna in fiore, da” Il cacciatore d’ombre”,Edicions dau Chamin de Sent Jaume,in”Couleurs Femmes,Le Castor Astral/Le Nouvel Athanor,Paris,2010.
[18]Francesca Yvonne Caroutch nasce a Parigi nel 1937; saggista,studiosa di simboli alchemici,soprattutto del liocorno,convertita al buddismo , diventa famosa per un libro, “Soifs”, pubblicato quando era ancora al liceo. Lesse, per caso, in una traduzione, una delle poche allora apparse, l’inizio della “Notte”(Dino Campana), dove si parla della Place d’Italie, a Parigi, con i carrozzoni dei Boéhmiens. La nonna di Francesca era una di loro, possedeva una casa sulle ruote, frequentava Place d’Italie, forse negli anni  descritti dal poeta di Marradi. Ecco che allora Francesca impara l’italiano, legge, si documenta e si mette, con amore infinito, a tradurre Campana. Il lavoro, duro e lungo , è pronto per la pubblicazione. Ne parlano i giornali, dando per imminente l’uscita del libro. L’articolo di André Laude, pubblicato  su Le Magazine Littéraire, Paris, nel 1969, viene ripreso da un anonimo estensore del Corriere della Sera, con il titolo “Campana rintocca in Francia”, dando anche  da noi la notizia dell’imminente pubblicazione della prima traduzione francese di Campana che,tuttavia,non sarà mai pubblicata. È traduttrice oltre che di Dino Campana anche di Giuseppe Ungaretti.
[19] Francesca Yvonne Caroutch :Tu,mio sosia nell’arte d’amare,da “Clameurs nomades”-Editions du Cygne.In “Couleurs Femmes “,Le Castor Astral/Le Nouvel Athanor,Paris,2010.Trad di M.G. Bruni.
[20]Nasce a Sofia nel 1893 e muore nella sua città nel 1991.È uno dei più grandi poeti del suo paese che ha saputo coniugare nella sua opera il fascino romantico della donna orientale e la fiera emancipazione della donna occidentale con la femminilità universale.
[21] Elisaveta Bagryana ,La discendente,da Anthologie de la poésie classique bulgare,Paris-Sofia,2011,avec le concours du Ministère des Affaires Étrangères et BTA,Sofia et l’UNESCO,Paris,a cura di Eric Karaïliev.
[22] Larghi pantaloni turchi da donna.
[23] Mohamed Kacimi El Hassani  è nato a El Hamel, in Algeria. Trasferitosi a Parigi nel 1982, si dedica alla scrittura in tutte le sue forme: romanzi, poesie, pièces teatrali. È’  autore, tra l’altro, di Terra Santa (Elliot, 2008), e di scritti per bambini.
[24] Mohamed Kacimi-El Hassani,La mela non voglio mangiare,da “Boqala”(brocca) - Canti delle  donne di Algeri.Donzelli editore in Roma.2008.
[25] Adonis,pseudonimo di Ali Ahamd Said,nasce a Qassabin,Siria,nel 1930.
[26] Adonis:in”Cento poesie d’amore,”Guanda, editore in Parma,2007.

1 commento:

  1. Ho aggiunto una nuova poesia di Joaquìn Pasos.
    Sei curioso di conoscerla?
    a me sembra molto interessante.

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