sabato 5 gennaio 2013

Mahmud Darwish.-2-



 

 

 

 

 

 

 

 

Mahmud Darwish: l’astronauta che ha sperimentato l’orizzonte del cosmo.




[...]       ‘È il grande poeta Mahmud Darwish[1] a rappresentare da solo la Palestina con i suoi poemi. È un grande visionario a cui Marcel Khalife dedicò tanta musica e un affetto condiviso da milioni di Arabi “dall’oceano al golfo”come si suole dire laggiù. 
 
Marcel Khalife











         La sua è una poesia di parole dove la terra natale martoriata e quella mutevole dell’esilio alimentano immagini che si inseguono e si accavallano come fiammate improvvise,come folgorazioni di luce da cui il lettore è abbagliato. Una poesia che,anche nella traduzione,conserva il fascino straordinario di quelle parole che formano un turbinare di miraggi leggeri e splendenti come la levitazione dei Dervisci durante le loro danze mistiche,anche se va inevitabilmente perduto il senso originario del ritmo e del suono,fondamentali alla loro natura di canti.
        Due i testi che qui riproponiamo ai nostri bloggers.                                       

Canzone di nozze[2]  
Sono venuta da te come gli astronauti,
di pianeta in pianeta. La mia anima
si apre dalle tue dieci dita sul mio corpo.
Prendimi a te, porta la colomba
 ai confini del grido sui tuoi fianchi:l’orizzonte
e l’eco. Lascia i cavalli galoppare invano
dietro di me,ché non vedo ancora la mia immagine
nella loro acqua … Non vedo nessuno,
nessuno,non ti vedo. Che ne hai fatto
della mia libertà?Chi sono dietro
le mura della città?Non una madre a strofinare
i miei lunghi capelli con il suo eterno henné
non una  sorella che li  intrecci. Chi sono fuori dalle mura,
tra i campi neutri e un cielo grigio?Sii
mia madre nel paese degli stranieri e portami
dolcemente verso ciò che sarò domani.

Chi sarò domani?Nascerò dalla tua
Costola,donna senz’altra preoccupazione
Che decorare il tuo universo?O piangerò laggiù
Una pietra che guidava le mie nuvole all’acqua del tuo pozzo?
Portami ai confini
Della terra prima che il mattino spunti su una luna
In lacrime di sangue nel letto. Portami dolcemente
Come la stella porta i sognatori, invano
E invano.
Invano guardo dietro ai monti di Moab
Nessun vento a riportare il vestito da sposa. Ti amo,
ma il mio cuore vibra del ritorno dell’eco e langue
per un altro iris. C’è tristezza più ambigua
per l’anima della gioia della ragazza
per le sue nozze? E ti amo benché mi ricordi
di ieri e mi ricordi di aver dimenticato
l’eco nell’eco.

Eco nell’eco,sono venuta da te
Come il nome,che passa di essere in essere.
Poco fa eravamo due stranieri in due paesi lontani,
cosa sarò  dopodomani quando sarò due?
Che ne hai fatto della mia libertà?
Più ti temo più ti avvicino,

e non ho meriti,amore mio straniero,
se non la mia passione.
Sii dunque una volpe buona tra le mie vigne
E con il verde dei tuoi occhi fissa il mio dolore.
Non tornerò al mio nome e alle mie steppe
Mai più
Mai più.

               Il tema del dépaysement subito nell’incipit. Il faticoso cammino per tappe d’avvicinamento alla meta della sposa promessa,che è,allo stesso tempo,il sofferto allontanamento dal proprio paese – come un astronauta che vaga nel cosmo – procede parallelamente con il dipanarsi del groviglio di dubbi che provoca il senso di identità perduto. La giovane non vede ancora la sua immagine riflessa in un paese dai campi non familiari e dal cielo grigio e rimprovera il suo amato di essere all’origine dello smarrimento dell’aspetto privato dell’immagine di sé,della perdita dei legami,degli affetti,della famiglia, che si riconoscevano nelle semplici,rassicuranti pratiche quotidiane d’un tempo. Ed ecco allora l’invocazione perché il suo sposo sia materno in terra straniera e la guidi ai confini del sogno prima che giunga l’alba a fissare la sua identità futura. Non vuole essere una sposa che sia l’ornamento aggiunto all’universo di lui né quella che altrove avrebbe potuto essere la superficie riflettente che avrebbe contribuito con l’acqua delle sue nuvole ad arricchire il suo pozzo. Quali sembianze assumerà inoltre il suo aspetto fuori dalle mura? L’amore della giovane sposa è appassionato,ma un velo inconsueto attenua lo splendore della gioia per le sue nozze. È il ricordo malinconico per ciò che si è cancellato. L’amore è allora ancora più prezioso e forte perché resiste allo struggente ricordo del passato e al ricordo della forza necessaria a volerlo cancellare. I due stranieri ,che erano in due paesi lontani, stanno per spogliarsi delle loro identità individuali per fonderle in una?Oppure ,sarà soltanto la giovane donna che dovrà trasformare la sua unicità plasmandola sulla seconda,su quella di lui?Avrà così esposto pericolosamente al rischio la sua libertà?Ma questi dubbi,queste inquietudini sono fonti di conoscenza e di avvicinamento al “volto dell’Altro”[3].La passione sincera che si schiude alle sue carezze rende più sicura la determinazione a non tornare sui suoi passi. Mai più si riapproprierà del suo nome,mai più tornerà a calcare la sua terra. I due nuovi fondamenti del sé saranno indissolubilmente legati a quelli dello sposo.

Una lezione di kamasutra.[4]            
 La   coppa incastonata d’azzurro
aspettala
vicino alla fontana della sera e ai fiori di caprifoglio,
aspettala
con la pazienza del cavallo sellato,
aspettala
con il buon gusto del principe raffinato e bello,
aspettala
con sette cuscini pieni di nuvole leggere,
aspettala
con il fuoco dell’incenso femminile dappertutto,
aspettala
con il profumo maschile di sandalo sui dorsi dei cavalli,
aspettala
e non spazientirti se arriva in ritardo
aspettala
se arriva in anticipo
aspettala
e non spaventare gli uccelli sulle sue trecce
e aspettala
ché si sieda rilassata come un giardino in fiore,
e aspettala
ché respiri un’aria estranea al suo cuore,
e aspettala fino a che sollevi il suo vestito scoprendo le gambe
nuvola dopo nuvola,
e aspettala
e offrile l’acqua prima del vino e non
guardare il paio di pernici che le dormono sul petto,
e aspettala
e accarezza lentamente la sua mano
quando poggia la coppa sul marmo
come se sollevassi la rugiada per lei,
e aspettala
e parlale come il flauto
alla corda spaventata del violino,
come due testimoni di ciò che il domani vi prepara,
e aspettala
e leviga la sua notte anello dopo anello,
e aspettala
fino a che la notte non ti dica:
al mondo siete rimasti soltanto voi due.
Allora portala dolcemente alla tua morte desiderata
E aspettala!…

           Qui è l’altra componente della poesia di Darwish,l’eros,come rapporto armonioso tra corpo,natura,tempo. I fondamenti dell’esistenza assurgono allora a valore assoluto. Siamo fuori dai tempi storici,dalle insensate accelerazioni dell’oggi e la struttura esortativa anaforica impreziosisce ancora più l’importanza della conquista,scandendo il rallentamento del tempo e inanellando una sequenza sfarzosa di immagini sfavillanti.
          C’è un’eco trobadorica dell’”amore lontano” di Jaufré Rudel [5]in questo canto dell’attesa .L’ambiente è quello “di là dal mare”con la fontana dai freschi zampilli,il giardino ombroso in fiore,i sette cuscini gonfi di nuvole leggeri con i profumi d’incenso e di sandalo nell’aria e i cavalli bardati di selle e pazienza,dove l’amata abbia il tempo di accordare il suo respiro con un’aria estranea al suo cuore,dove il principe raffinato e bello non accarezzi con lo sguardo i suoi seni ambrati,ma sappia attendere che sia lei a mostrarsi. Sappia sfiorarle la mano con una carezza lieve e fresca come impalpabile rugiada e le parli con la voce vellutata e rasserenante del flauto fino a rendere loro due i soli testimoni pronti per affrontare il futuro del mondo. Un amore dove l’attesa e la ripetuta rinuncia sono la fiamma per accendere il  desiderio [...].

[...] Che coraggio nell'affrontare la vita,che palpabile calore in persone messe alla prova da una sofferenza grande,quanta generosa energia nelle parole e nelle azioni,regalate senza cedimenti né esitazioni al resto del mondo - meno consapevole- perché non disperda  le  opportunità  che  la  vita  concede.
       Al punto di rivalutare,paradossalmente,anche l'esilio ,quando  questo  sembri  venire a mancare. È quanto si chiede Darwish in:

Chi sono senza  esilio?
                […]
 Nulla mi riporta dal mio lontano
 alla mia palma:non la pace,né la guerra.              
                   […]                           
  E ci siamo liberati dal peso della terra d'identità.
                 […]
  E cosa faremo?
  Cosa
  faremo
  senza
  esilio?

  … o ancora:

  Sonetto V.   
   Ti sfioro come il violino solitario i sobborghi lontani
   lentamente il fiume rivendica ciò che gli spetta di pioggerella
   e piano piano si avvicina un domani che passa attraverso il poema.
   Porto la terra lontana ed essa mi porta sulle vie del viaggio.
   Sulla cavalla delle tue inclinazioni la mia anima tesse
   un cielo naturale con le tue ombre filo dopo filo.
   Sono nato dai tuoi atti sulla terra,nato delle mie ferite
   quando accendono i fiori di melograno nei tuoi giardini chiusi.
  
Dal gelsomino scorre il sangue bianco della notte. Il tuo profumo
è la mia debolezza e il tuo segreto mi perseguita come il morso di un serpente. I tuoi capelli
tenda di vento dai colori autunnali. Cammino con le parole
fino alle ultime parole dette dal beduino a due coppie di colombe.

Ti tocco come il violino la seta del tempo remoto.
E intorno a me,a te,cresce l'erba di un luogo antico e nuovo.

          Un  intersecarsi  e  collidere  di  piani  lontani, diversi. Ancora una volta è la musica il leitmotif che li cuce,li tiene insieme,è la voce nostalgica del violino che arriva a carezzare le lontananze come i versi del poeta il futuro. Lui che è portatore dell'eredità di quella terra natia che lo ha formato e per la quale è ora costretto a "prendere il suo bastone da pellegrino".Ed ecco la nostalgia per la terra lontana mordere la strofa che conclude con il verso luminoso dai colori accesi dei fiori di melograno e ombreggiato dai giardini chiusi. L'eco del profumo notturno del gelsomino,acuto come il desiderio,rende più fragile l'esule già piegato dal sortilegio di una lei affascinante e segreta,dai capelli fluttuanti e colorati d'autunno,che lo strega come il morso del serpente. Le parole del poeta riecheggiano quelle sentite dal beduino alle sue colombe. La sua carezza la sfiora come il suono del violino  che delicatamente si posa sugli oggetti resi preziosi dal tempo. Intorno agli amanti avanza la vita che annoda passato e futuro. Nel suo canto l'amore sembra l'unico sentimento che consente di aprire una via per l'infinito. In lui è particolarmente evidente
che la bellezza di cui l'uomo sa gioire,la creatività dell'arte che lo distingue, è una facoltà che sa produrre emozioni[...]

[...] Ma scorci ancora più intriganti mi aspettano  "di là dal mare"[6] ... Solo il tempo di sorbire un succo di melagrana, che ho trovato nel frigo …. E poi, via!
     Et alors! Ecco infatti Darwish venirmi incontro nel suo “Sonetto IV”, con  squarci di mondi come incantesimi, che  rispecchiano con il loro balenio la lacerazione costante che gli procura la sofferenza dell'esilio. Un'ansia che  lo pone  sempre in bilico sul crinale che separa l’evocazione nostalgica della sua terra natale,forzatamente abbandonata e la realtà di quella terra straniera, precaria e mutevole, che lo accoglie nel presente. Versi oracolari, fatti di illuminazioni ed ellissi.
      La luna filtra le sue lentiggini di luce e dal corpo dell'amata che dorme sorgono le epifanie della sua terra martoriata di Palestina. I capelli di lei evocano beduini addormentati e senza sogni e i suoi seni le bianche colombe. Ha invaso il suo sogno avvolgendola, nessuno spettro sveglierà il gelsomino col profumo del desiderio; nessun flauto per rimpiangere la cavalla che non abita più accanto alla tenda del poeta. Quel flauto, finora muto sul tappeto dentro la tenda beduina del sogno, lo sento intonare per me - che mi commuovo - le melodie languide e struggenti di Marcel Khalife[7] … Ma nel sonetto, in chiusura, un'altra realtà insorge e si oppone.  Il sogno di lei a lei sola appartiene ed è quello di una terra del Nord con le sue mille foreste, la sua terra straniera.

Sonetto IV[8]
Lentamente massaggio il tuo sonno. O nome che abito in sogno, dormi. La notte si coprirà con i suoi alberi e si addormenterà.
sulla sua terra, sovrana di un'assenza breve.
Dormi, ché io galleggi
sulle lentiggini che filtrano in me da una luna...

I tuoi capelli campeggiano sul tuo marmo, beduini che dormono incauti
e non sognano. Il tuo paio di colombe t'illumina dalle spalle alle
margherite del tuo sogno. dormi su di te e in te
e che la pace  dei cieli e della terra spalanchi per te tutte le tue sale, una dopo l'altra.

Il sonno ti avvolge di me. Non un angelo a portare il letto,
né uno spettro a svegliare il gelsomino. O nome mio al femminile, dormi.
Nessun flauto piangerà una cavalla in fuga dalle mie tende.

Sei ciò che sogni, estate di una terra nordica
che offre le sue mille foreste al regno del sonno. Dormi
e non svegliare il corpo che desidera un corpo nel mio sogno.


[1]Mahmud Darwish nasce nel 1941 nel villaggio di al-Bira,in galilea,palestina,oggi distrutto.nel 1948 - durnte il primo conflitto arabo-israeliano - l'esrcito d'Israele scacciò i suoi abitanti e lo rase al suolo.
I genitori di Mahmoud cercarono rifugio in Libano,ma riuscirono a rientrare nel loro paese,illegalmente,l'anno successivo,diventato parte di Israele,i loro beni confiscati e alcun diritto di cittadinanza.Pubblicò la sua prima raccolta di poesie,Foglie dUlivo,nel 1964.Divennero famose
alcune poesie che raccontano la condizione dolorosa e folle dell'esilio.La poesia di Darwish assumeva un ruolo di riferimento collettivo per il popolo palestinese.Nel 1970 abbandonò definitivamente la Palestina/Israele per un periodo di studio in Unione Sovietica.Da allora trascorse la sua vita risiedendo
per periodi diversi nelle principali città del mondo arabo:Il Cairo,Beirut,Amman.Dopo un periodo di esilio a Cipro,visse tra beirut e Parigi.Lavorò anche al Cairo presso il quotidiano nazionale "Al-Ahrām".
La seconda metà degli anni '80 furono l'epoca del suo maggiore impegno politico.nel 1987 fu eletto nel Comitato Esecutivo dell'OLP.Si dimise nel 1993,perchè contrario agli accordi di Oslo.
Mahmud darwish ha redatto il testo della Dichiarazione d'Indipendenza dello Stato Palestinese,documento promulgato nel 1988 e riconosciuto da diversi stati.Dopo 26 anni di esilio,ottenne un permesso per visitare la sua famiglia nello stato d'Israele.E' morto a Houston,Texas,USA,nel 2008,per le complicanze di un delicato intervento al cuore.
[2]Mahmud Darwish,da :"Il letto della straniera".Epochè ed.,2009.
[3]Cfr.Emmanuel Levinas.Filosofo contemporaneo,ebreo lituano naturalizzato francese.
[4]Ibidem.
[5]trovatore provenzale del XIIs.,principe di Blaye,che cantò l'amore per la contessa di Tripoli di cui si era innamorato senza conoscerla,per i racconti meravigliosi che gliene avevano fatto i pellegrini al loro ritorno da Antiochia.Il leitmotif delle sue poesie è l'amore lontano,di là dal mare.
[6]Allusione all'espressione usata da Jaufré Rudel,trovatore provenzale medievale,per indicare il suo amore maghrebino.
[7] Il musicista che compose molte note per accompagnare i testi di Darwish.
[8]Da"il letto della straniera".Epochè ed.,2009.



1 commento:

  1. To see photos and read biography you can watch Mahmud Darwish.-1-
    in this same blog.

    RispondiElimina