La
discendente[1]
Non ho né ritratti
d’antenati,
né libro di famiglia,
né i loro volti,la
loro anima,la loro vita.
Ma sento pulsare in me
l’antico sangue
nomade,ribelle;
corrucciato,è lui che
mi sveglia la notte,
lui che mi conduce al
peccato originale.
Forse la mia antenata
dagli occhi di jais
in chalvars[2] e
turbante di seta,
in una notte nera è riuscita a fuggire
con qualche
straniero,superbo khan.
Forse gli zoccoli del
cavallo hanno risuonato
nelle pianure del
Danubio
e li ha salvati dal
pugnale
il vento che cancella
le loro tracce.
Forse è per questo che
io amo
le distese che lo
sguardo non può vedere,
la corsa di un
cavallo,sotto la frusta che schiocca,
una voce libera che il
vento fa muovere.
Forse sono peccatrice
e codarda
forse mi spezzerò a
metà cammino...
Non sono che la tua
figlia fedele,o terra
madre che mi hai dato
in eredità il tuo sangue.
Rapimento[3]
Parlami,parlami,parlami
Ti
ascolto socchiudendo gli occhi:
-Ecco,abbiamo
traversato le foreste addormentate
E
voliamo sopra mari e terre...
A sinistra
il tramonto che sanguina fiammeggiante,
A
destra i fumi neri degli incendi.-
Dove
saremo quando l’alba verrà?
Verso
quale meta questo cammino sinuoso ci porta?
E’
per vegliare liberi nella notte,
Due
fiamme confuse
Sotto
la luce di migliaia di stelle,
Noi
stessi una doppia stella che brilla?
-Tu
non lo sai? Io neppure, ma portami,portami laggiù.
©Maria Gabriella Bruni
For illustrations and biography you can read Elisaveta Bagryana.-1-in this same blog.
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