Carovana nel Sahara. |
Il talento poetico dei Tuareg.
[...]Altro atteggiamento quello dell’uomo del deserto,
del Tuareg nomade, che soffre la sua condizione solitaria. La vita sociale,
fatta essenzialmente di parole, si oppone al silenzio che lo racchiude. Forse
anche per questo i Tuareg tengono in
gran conto la poesia. Permette di uscire dal silenzio di un universo senza
interlocutori, dove è consentita soltanto una vita sociale con interlocutori
immaginari.
L’autore
di poesia si propone come colui che procede
nel silenzio della steppa, senza nessuno con cui parlare ,
inquieto,verso una donna amata da cui non sa se riceverà favori oppure che va
errando e geme sull’amara solitudine, in
cui lo condanna la perfida crudeltà di lei.
Raggiungere l’amata, quando gli è concesso, è per lui la consolazione,
il premio che cancella ogni sofferenza.
Le si rivolge allora con:”...privato della tua presenza mi metteva in
una tristezza che mi uccideva”. Risentire il morso della passione è, nella
lingua poetica, avere l’anima che brucia, essere roso da una sete crudele. I
favori accordati dall’amata - che si
tratti dell’amplesso o di un dolce incontro
nella penombra di una tenda -sono il
modo di rinfrescare l’anima, il rimedio alla sete.
Il deserto fa nascere seti reali e figurate. Talvolta le due seti si
confondono e allora si vede il poeta supplicare che lo si irrori d’acqua, e che gli si dia
da bere per placare i suoi tormenti”
Sullo schermo scorre la traduzione di questo nuovo
frammento:
“la sua pelle riluce come un campo su un rilievo
che domina la pianura[1]
e al di sopra del quale la nuvola gonfia si è rovesciata, in una pioggia
regolare
e
monotona, in mezzo ai lampi e mentre l’acqua scorre in mille rivoli al suolo,
abbeverando la terra e lavandola …”
Ecco
allora il poeta dipanare dolorosi
dibattiti interiori, dove i pensieri inquieti che agita e che lo agitano,
diventano parole di interlocutori immaginari personificati come l’Amore, il Tormento.
L’atteggiamento del curatore resta quello distaccato del
contemplativo che non si lascia coinvolgere dalla realtà quotidiana. Ma
l’attenzione del pubblico e il silenzio assoluto rendono l’attesa palpabile.
Il Desiderio
si presenta sempre come un Demone che gli mormora parole che turbano i sensi,
vantando il fascino di una Bella inaccessibile
o ricordandogli perfidamente come gli fu favorevole un tempo.
Amore,Tormento, Desiderio possono prendere consistenza fino a impadronirsi
delle redini della sua montura!
E il pubblico partecipe si volge e segue curioso lo scorrere della traduzione
dei testi sullo schermo:
“… spingo la mia montura ed eccola come se
non fossi più io ,ma un diavolo
imperioso che la conduceva[2]
altrettanto presto che lo farebbe una puledra
dalla rapida corsa.
Mi dice: - Parliamo un po’ di un certo accampamento
tra Sebia e Aselkam?
Dà un colpo di speroni e dice: - Spingi il tuo
cammello,
che questo giorno non passi senza che tu abbia gustato
la dolcezza di una pelle
azzurrata
d’ indaco e quella di un sorriso, più bello di una stoffa di pregio;
il suo collo porta una collana d’argento e un
pettorale cesellato, parures[3]
che egli merita;
quando tu alzi
gli occhi, vedi la sua guancia e il sopracciglio accordarsi,
che un angelo sembra aver disegnato con un
bastoncino di fard affilato.”
o anche:
“ L’Amore e il Desiderio mi tirano con una cavezza; dicono[4]:
- Peste a quest’uomo che non ha più intelligenza!
Afferra la tua cavalcatura, inforcala mentre
tutti riposano,
esci da questo deserto dove regna un fetido
odore.
Ti condurremo verso una gota sulla quale si consoleranno le tue pene”.
-Da questi versi, dall’intensità quasi visionaria,
facilmente si può scivolare per slittamenti successivi impercettibili fino al tema della follia. Insomma una poesia
tuareg non è che ‘la canzone del MalAmato’[5]:
“Sono colui che ti ama,l’amore che ho per te[6]
È forte come un tempo ed oggi mi toglie la
ragione,
E mentre
la mia anima si lacera,egli mi tormenta e mi consuma;
Non posso restare tranquillo e vado qua e là senza sapere dove sono;
Tutte le notti vado senza scopo,incapace di trovare la mia strada,
Seguendo le stelle che si scorgono nella Via Lattea sull’orizzonte
Così facevo ancora l’ultima notte,all’ora in cui la stella del pastore
rende tremulo il suo splendore …”
“Semi di
parole,seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i frutti”[7]–continua
lo studioso-
Un
testo,trasmesso oralmente dalla viva voce dell’uomo, si costituisce, proprio in
quell’istante, in un unicum incomparabile. A questa unicità si
deve la grande vitalità delle tradizioni orali, pur apparentemente fragili.
Articolare
la parola equivale a quel che fa il vivente di fronte al caos dell’universo.
Impone un ordine,per merito della sua vocalità, dello spessore corporeo da cui
promana; il linguaggio insomma cerca di orientare: in questo senso, qualcuno
arriva ad affermare che “la pratica della parola è, fondamentalmente,
poesia.[…] La parola pronunciata si conquista sul silenzio, ne è tratta, vi
ritorna, dopo essersi rivelata in mezzo a noi e averci rivelato l’ordine ultimo
delle cose[...]”
[1]Da "Graines de paroles".E'crits pour Geneviève Calame -Griaule .éd.du CNRS.1989.Trad dal fr.di M.G.Bruni.
[2]Ibidem.
[3]Ornamenti preziosi.
[2]Ibidem.
[3]Ornamenti preziosi.
[4]Da "Graines de paroles".Op.Cit.Trad.dal fr.M.G.Bruni.
[5]Celebre poesia-lamento di Guillaume Apollinaire,poeta francese amicoi pittori cubisti che presentava ai Salons.
[6]da"Graines de paroles".Op.Cit.Trad.di M.G.Bruni.
[7]Ibidem
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