lunedì 6 dicembre 2021

142.Anche Adonis ama la poesia di Maram Al Masri.

 102. Io e la mia felicità

aspettiamo
le vibrazioni dei tuoi passi.[1]

 

      Sono versi ossessivi e dolci allo stesso tempo, carichi di erotismo. La voce di Maram al Masri è calda e i suoni della sua lingua ti entrano dentro. Gordon segue la traduzione sullo schermo e pensa ‘È proprio come dice Zoé:  un linguaggio semplice che sembra ingenuo, ma non lo è. La disperazione, la passione che  sta dietro alla scelta di  queste parole le rende esplosive nell’amarezza del disincanto. E gli oggetti che cita … i dolci, il cassetto, il cappotto.. sono cose da nulla, di tutti i giorni, ma che diventano piene di significato. Come una denuncia di corpi di reato.’

      Intanto, altre poesie vengono lette in traduzione dalle attrici presenti; e dopo un breve intermezzo musicale, Zoé spiega  che la voce che parla nelle poesie di  Maram è quella di una donna che si sente sola, sradicata, ma piena di passione. Tra lei e gli uomini che ama, desidera e teme c’è un groviglio di desiderio, menzogna  e rivalità.  I suoi uomini sono infantili, pronti a dimenticare e abbandonare ma sempre desiderosi di essere rassicurati.

      Il grande poeta Adonis[2] - continua Zoé -  ha detto di amare due cose della poesia di Maram. La prima è quella di aver saputo dare un linguaggio a tutti gli aspetti della sua femminilità, la seconda di aver usato una scrittura che pare organica, quasi scritta da e con il proprio corpo. È uno stile forse comune ad altre giovani poetesse arabe, così come le tematiche più frequentemente affrontate da Maram: l’amour fou e l’abbandono, la nostalgia e lo sradicamento. Quando la ascoltiamo, il suo corpo e la sua poesia sono una sola cosa .



[1] Maram al Masri, ibidem.

[2] Adonis è lo pseudonimo di Ali Ahamd al-Said, scelto dallo stesso poeta per sottolineare la sua aspirazione al rinnovamento. Intellettuale musulmano, poeta e traduttore, ha scritto numerosi saggi critici sulla poesia. Nasce a Qassabin, Siria, nel 1930. Frequenta l’università di Damasco, per poi trasferirsi a Beirut nel 1956. Fa parte del gruppo Tammuz a favore di una rinascita culturale araba attraverso la rilettura della tradizione in chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. Nel 1957 fonda, con il poeta libanese Yusuf al Hal, la rivista Shi’r (Poesia) e nel 1968, con altri intellettuali la rivista Pawaqif (Posizioni), dove vengono pubblicati sperimentazioni poetiche, esempi di poesia dialettale e traduzioni di opere poetiche contemporanee, a sollecitare la nascita di una poesia araba moderna. Ha discusso nei suoi scritti il problema del rapporto tra arabo classico e arabo dialettale, considerando il linguaggio un atto creativo e teorizzando, per il poeta, il ritorno alle origini delle parole, alla loro primitiva magia. Sensibile agli influssi europei, la sua ispirazione personale si è fusa in modo originale con la tradizione araba, greca e biblica, mantenendo con l’innovazione una continuità con il passato. Censurato e perseguitato per le sue idee politiche, sceglie l’esilio e nel 1986 si trasferisce in Francia. E’stato tradotto in molte lingue e più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura. 


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