sabato 25 marzo 2017

SALVATORE QUASIMODO.Riflessioni.

Il poeta moderno non è un saggio;anzi;ma per lui "tutto è chiaro e deciso".

Conosce la guerra e la povertà (che c'entra il populismo o l'istanza soiale?) conosce la sua condizione umana e crede nella morte,teme la morte. e vuole ogni cosa qui,sulla terra E difende  la sua giornata d'amore o di dolore.Troviamo quest'uomo nelle precedenti generazioni poetiche?
In questo senso va intesa la presenza dell'uomo nella poesia contemporanea:
è una costante di corrispondenze con il mondo esterno costituitouna secca posizione antiromantica,antiidealistica,dove i rapportisono di natura razionale,
le domande tradiscono le rese concettuali. Parlo della poesia  di lingua inglese,di lingua italiana,spagnola,francese:di tutta la poesia del mondo
moderno,anche di quello che ancora poco conosciamo,ad oriente della
Europa,che ha basi uniche con la civiltà dell' Occidente. E' avvenuto qualcosa intorno al 1945 nel campo della poesia:una drammatica
distuzione dei "contenuti" ereditati da un idealismo indifferente e
dei linguaggi poetici fino a quel tempo fertili in ogni singola nazione
battuta dalla guerra. Non è polemica questa, ripeto,ma diretta constatazione: esiste anche un documentario non visivodei fatti
dello spirito,rintracciabile  nelle parole "misurate"degli uomini
che non abbiamo ancora vergogna a chiamare poeti. il poeta si
è trovato improvvisamente gettato fuori dalla sua storia interna:
nell'odore del sangue bruciato,la sua  intelligenza particolare
aveva lo stesso valore di quella proletaria e collettiva che sapeva
di e no contare i pesci del miraolo cristiano. Il problema del
"perché indella vita s'era trasformato nel "come" si vive,o se
vogliamo in quello del "perché" si vive in un dato modo anzi
 che in un altro che non coltivi continuamente la morte quale protagonista della consolazione illimitata. Nasceva così una
nuova estetica:e certo dovremoridimensionare l'idea di poesia : comunque la tradizione  ci aiuta poco,soprattutto qui in Italia ,
dove l'uomo s'è permesso di parlare agli altri uomini in casi
singolari,nelle forme dei poemi lontani dalla loro storia
immediata ,dalla storia dei poeti,dico. Il discorso privato
(lirico) ha avuto uno sviluppo inconsueto(pensiamo anche
all'ultima poesia italiana ,quella di oggi,piena di numeri alti
nella quantità e nella qualità, ,anche se non ha voci forti
ancora, pedali indispensabili per definirsi  come"persona"),
s'è fatto corale:la poesia lirica s'è contaminata con l'elegia
e l'epica (forme già industriosamente fuse nella poesia
della lingua inglese ,per esempio ) . Ora non si pensi a una giustificazione di "forme" (questa parola è sempre equivoca
e la adoperiamo per approssimazione) che sono state
indicate dalla critica delle altre generazione come
provenienti da "linguaggi tradotti"per arrivare ad
ammettere poi una sorta di "internazionale della poesia"
come è avvenuto per la musica e la pittura. La pittura
e la musica sono arti che fino ad oggi hanno definito
 immediatamente un secolo nella sua natura più profonda
di oganizzazionecivile,di costume,di preferenza verso una
"poetica"; la poesia invece,è il nostro caso,non può
sfuggire alle lotte con la propria tradizione fondamentale
alle costruzioni e modulazioni della propria lingua non
può nemmeno aprirsi una vita senza un linguaggio particolare,
perché non è inutile riaffermarlo, soltanto nel linguaggio
è consegnata  la possibilità di scrivere poesia.

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