domenica 24 aprile 2022

277.Tagore.Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti.

 

          Incalza un nuovo intervallo per Zoé, che prima di volgersi a Oriente per propiziarsi l'ultima tappa del suo favoloso viaggio si prepara un buon tè caldo, profumato alle spezie, da sorseggiare mentre gusta qualche bel frutto maturo che ha prima adocchiato in un cesto in cucina.

         Davanti al terzo occhio della sua immaginazione si profila un nuovo lungo percorso, un tripudio di immagini e sull'eco della  musica che le accompagna si lascia trasportare nell’universo magico di Rabindranath Tagore[1].

Ecco l'India dei mille e mille villaggi di cui parlava Gandhi-gi[2].

        ‘ Riconosco il suono del sitār[3] che accompagna i canti del poeta, ma anche lo sciacquio che fanno le mani della ragazza, seduta indolente sulla sponda del fiume. Indugia, quasi ad aspettare qualcuno che tarda ad arrivare. Le onde ammiccano con sorrisi d'intesa e sussurri. Anche le nuvole vagabonde sembrano indugiare sorridenti e complici laggiù all'orizzonte. Non più la natura in cui l'uomo europeo si rispecchia e proietta la sua interiorità, ma una natura in cui l'uomo è parte allo stesso titolo delle altre creature, sullo stesso identico piano.

 

Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti[4]

 

così solo per gioco?

Riempi la tua brocca. È ora che torni a casa.

 

Perché muovi l'acqua con le mani

e ogni tanto guardi nella via se qualcuno arriva

così solo per gioco?

 

Riempi la brocca e vieni a casa.

Le ore del mattino passano, l'acqua scura scorre.

Le onde ridono e sussurrano tra loro, così, solo per gioco.

 

Le nuvole vagabonde si sono raccolte

all'estremo orizzonte, sopra la collina

indugiano, ti guardano in viso, sorridono,

 

così, solo per gioco

riempi la tua brocca e vieni a casa.

 

        Al tintinnare di quei braccialetti risponde il suono dei campanelli luccicanti alle caviglie; sopraggiunge sovrapponendosi e riecheggia nel sangue del poeta con la forza del ricordo: quando il sāri[5] di lei ondeggiava nel suo respiro e poteva carezzarle i capelli ondulati. Ora può farlo nel sogno perché lei abita ancora i rami che vibrano danzando al ritmo della sua melodia e i suoi occhi dal cielo azzurro gli sorridono. Non è mai andata via.



[1] Rabindranath Tagore nasce a Calcutta nel 1861 e muore nel 1941 a Santiniketan nella scuola da lui fondata. Gli è stato conferito nel 1913 il Nobel per la Letteratura.

[2] Il suffisso –gi si attribuisce in hindi in segno di rispetto ai nomi delle persone.

[3] Strumento a corde tradizionale della musica indiana.

[4]  Rabindranath Tagore ,”Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti”, da Il giardiniere - Carabba ed.   1915.

[5] Abito tradizionale delle donne indiane di religione indù. Se di religione islamica alla tunica si sostituisce una lunga camicia sopra i pantaloni.

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