giovedì 29 gennaio 2015

Una scia di canti.Tagore.XXX











Abitava sul fianco del monte, vicino

a un campo di grano

dove scorre la sorgente in

gioiosi ruscelli,

sotto l’ombra solenne d’alberi secolari.

Le donne vi andavano a riempire

le brocche e i viandanti vi andavano

per riposare e conversare.

Lei lavorava e sognava ogni giorno,

al mormorio del torrente chiassoso.

Una sera uno straniero scese

dall’alto del monte,

nascosto tra le nuvole;

i suoi capelli erano arruffati

come serpenti sonnolenti.

Domandammo meravigliati: “Chi sei?”

Ma non rispose e sedette in disparte,

presso il torrente rumoroso,

guardando in silenzio

la capanna dove lei viveva.

I nostri cuori si riempirono di spavento

e tornammo pensierosi a casa

al calare della notte.

La mattina dopo, quando le donne

andarono ad attingere acqua

al ruscello all’ombra degli alberi

di deodar, trovarono aperta

la porta della capanna, ma la sua voce

non si sentiva.

Dov’era il suo volto sorridente?

La brocca vuota era in terra

e la lampada consumata era spenta,

in un angolo.

Nessuno sapeva dov’era fuggita,

prima dell’alba; anche lo straniero

era sparito.

In maggio il sole divenne cocente

e la neve si sciolse.

Ci sedemmo vicino al ruscello,

e piangemmo. Pensavamo:

“Vi sarà nella terra dove lei è andata

un ruscello, dove potrà riempire

la brocca per dissetarsi in queste

giornate riarse?”

E ci chiedevamo l’un l’altro sgomenti:

.“Vi sarà una terra al di là di questi

monti dove viviamo?”

Era una notte d’estate, la brezza

soffiava da sud; io sedevo

nella sua stanza deserta, dove

la lampada era ancora spenta.

A un tratto i monti sparirono, come

tende tirate da parte.

“Ah, ecco che lei viene! Come stai,

figlia mia? Sei felice?

Dove puoi trovare riparo sotto

questo cielo scoperto?

Ahimé, il nostro ruscello non è qui

per dissetarti!”

“Qui c’è lo stesso cielo.” Lei rispose:

“Soltanto è libero dai monti

che gli fanno corona.

Qui c’è lo stesso ruscello, allargato

in un grande fiume.

Qui c’è la stessa terra, ingrandita

in pianura”.

Sospirai: “C’è già tutto da te, ma noi

non ci siamo”.

Lei sorrise tristemente e rispose:

“Voi siete qui nel mio cuore!”

Mi destai e udii solo il mormorio

del ruscello, il fruscio dei deodars,*

nella notte.
*deodar,sorta di cedro himalayano,vive soprattutto nello Stato del Kashmir ,relativamente  al territorio della Confederazione indiana.

- da   Il Giardiniere -











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