lunedì 23 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.1

Borìs Pasternàk





BORÌS      PASTERNÀK

Fa  parte di quell’area futurista moderata  - il gruppo “Centrifuga”-  nel senso che mentre  condivide  con  quell’avanguardia  le ricerche  verbali , non rompe tuttavia con la tradizione. Diversamente da Majakovskij che si proclamava ”tredicesimo apostolo”o da Esènin che si autodefiniva “famoso poeta russo”, Pasternàk  è ritroso e modesto,appare costantemente alieno da ogni esibizione teatrale,non urla,si guarda dal declamare – come abitualmente faceva Majakovskij – strofe irruente e  tumultuose ,ma cesella con cura i suoi versi,nutriti delle memorie dell’infanzia,e riduce la troppo rumorosa realtà ad un sommesso fruscìo ,che evoca familiari colloqui .L’ambiente è quasi sempre una villa  alla periferia di Mosca. Anche qui ritroviamo oggetti ed arredi domestici osservati con l’attenzione che una lente può permettere. La natura è rappresentata  con  un lessico casalingo,familiare.
Nella natura il poeta si muove con un atteggiamento stupito. Sorpreso,sembra portare alla luce le cose per la prima volta ,quasi ad attribuire alla creazione che lo circonda l’incontaminazione delle origini .I suoi paesaggi sembrano  quadri ancora freschi di vernice ch’egli ha appena scoperto. Una natura peraltro avvolta in un mantello umido di pioggia e rugiada. Acquazzone è infatti l’immagine prediletta ,lo sfondo costante della sua poesia .Marina Cvetàeva chiamò la sua opera “luminoso acquazzone”(svetovòj lìven). Coinvolgendo perfino l’olfatto,con sapienti accorgimenti sonori riesce a esprimere i mutamenti dell’aria,i rovesci,i temporali,l’alternarsi di neve e bufere ,insomma tutta la possibile gamma dei maltempi che si scatenino intorno a sé. C’è una fragranza di pioggia  e di terra bagnata nelle sue liriche ,annotava Angelo Maria Ripellino,nessun poeta russo ha mai cantato con tanta bravura le variazioni atmosferiche,fino a intrecciarle con la sostanza stessa  della sua poesia.
Egli sminuzza le proprie rievocazioni in un tessuto  dove rappresenta i piccoli dettagli,fa sfilare  una vera  folla di ricordi personali,di notazioni  intime,di elementi biografici che rischiano di far perdere di vista il quadro d’insieme e di rendere complessa la sua comprensione. Ma il lettore paziente e  appassionato che sa penetrarla resta folgorato da quell’universo di parole gioiosamente luminoso,da cui sembra sgorgare un fluido dolcemente terapeutico. Uno stile,il suo,su cui la tecnica della musica sembra avere grande influe con il  trasferimento nella composizione dei versi ,le leggi e i modi specifici  di quella musicale .Frequente è l’uso del contrappunto di temi o metafore divergenti che si sviluppano in modo parallelo e dinamico su molteplici piani(per es. la sorprendente concatenazione ritmica  delle immagini intrecciate e sovrapposte di “Finestra,leggìo” e “Quando un giorno”). . Le sue trame poetiche procedono per scatti concettuali in un suggestivo,apparentemente disordinato balbettio, che è poi calcolata costruzione di stile.
Sempre inconsueto,imprevisto,nemico dei luoghi comuni come delle espressioni generiche scrive  tutto teso ad agglutinare le sue precise metafore  ,infilate spesso una dentro l’altra come i pezzi di un gioco di pazienza., funzionale alla rappresentazione del movimento e della crescita  delle sequenze del suo racconto e del mutamento  dei paesaggi via via delineati.
Un uomo che ha bisogno di solitudine,che vive un’epoca poco propensa al silenzio,alla quiete ,che sembra quasi volersi sottrarre ai legami con il proprio tempo,anche se quell’epoca è viva e presente nel contesto delle sue composizioni,anche se ,come dicono i  titoli dei suoi libri,ha cercato più volte di avvicinarsi ai motivi sociali,”oltre le barriere”,in una”seconda nascita”.



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