giovedì 6 marzo 2014

Poesia colombiana contemporanea.Luz Mery Giraldo.2.


La prima pubblicazione dell'autrice.




Secondo una conosciuta e fortunata lettura critica della letteratura colombiana, sarebbe stata precisamente la tradizione poetica di questa nazione a creare il particolare stile narrativo di Gabriel García Márquez. La teoria è stata confermata dall'interessato, che diverse volte ha raccontato con quale esaltazione, nei suoi anni studenteschi, leggeva e imparava a memoria le poesie dei suoi connazionali “piedracielistas” (vale a dire della generazione Piedra y cielo, così chiamata in onore di Juan Ramón Jiménez). Le letture avvenivano soprattutto durante i suoi spostamenti in tranvai, da una parte all'altra del lunghissimo altipiano sul quale è costruita la città di Bogotà, e gli servivano per isolarsi dalla fredda e malinconica capitale andina, in contrasto con il suo carattere solare e la sua modalità caraibica. La poesia piedracielista colombiana dunque avrebbe dato uno straordinario frutto imprevedibile: la magica prosa ritmica e folgorante di Cent'anni di solitudine. E su questo tutti sono d'accordo.

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Ciò che possiamo ipotizzare,anche se non è ancora troppo evidente,è l'influenza che la prosa di Cent'anni, insieme a tutta l'opera di García Márquez, ha avuto sulla poesia colombiana degli anni '80 e '90. Un esempio rappresentativo di questo lo troviamo nell'opera di Luz Mary Giraldo, in particolare nella sua raccolta del '96, Con la vida (prefazione di Cristo Rafael Figueroa, CEJA, Bogotá, 1996).
La scrittrice,( primo libro El tiempo se volvió poema, del 1974) ha dimostrato fin dall'inizio la sua preferenza per uno dei due poli della poesia colombiana contemporanea, quello rappresentato da Giovanni Quessep, con la sua poesia armoniosa e raffinata, costruita sulla metafora e sul mito, per opposizione alla poesia vitalista, cronachistica e popolare di Mario Rivero. Attraverso la linea di Quessep, la Giraldo si collega sia ai piedracielisti che a García Márquez, ma è soprattutto di quest'ultimo che si sente la traccia nei suoi versi: una particolare combinazione di lingua immediata e molto ritmica – predominano gli endecasillabi, mascherati dietro contesti apparentemente prosastici –, l'ambientazione insieme familiare e magica in cui gli oggetti vivono e sentono, ritratti di personaggi fortemente caratterizzati dai relativi ruoli. Si vedano ad esempio questi versi:


La frase d'amore persa nella memoria
si risveglia come per opera di magia
e salta nel mezzo del pomeriggio.
Sorprende il suo gesto dimenticato
e il colore contagioso dei tempi.
Come una farfalla vola di fiore in fiore
e alla fine della notte cade,


in cui la parabola della frase d'amore sembra rimandare al meccanismo di creazione tipico del realismo magico. E si vedano in particolare i commoventi ritratti del padre, della madre, dei figli, degli amici, degli scrittori amati, che sembrano voler soddisfare quel potente desiderio di «raccontare un mondo», tipico del creatore di Macondo.
Perfino la bella epigrafe di Blas de Otero, con cui si apre la sua raccolta Con la vida, appare in sintonia con il mondo di angeli troppo umani e poco efficienti di García Márquez: «Angelo fieramente umano / accorre a salvarvi, ma non sa come!».
Eppure, gli autori citati dalla Giraldo, tra cui predominano i colombiani almeno nella prima fase della sua poesia, sembrano assimilati e modificati all'interno di una visione che appartiene completamente all'autrice. Per esempio, nel componimento dedicato a suo padre, la citazione di Mutis («Che la morte ti accolga con tutti i tuoi sogni intatti») non ha il significato scoraggiante del degrado dei sogni lungo la vita, proprio di Mutis, ma si presenta piuttosto come un dolce augurio per il defunto amato, quasi come una formula magica per agevolare il difficile trapasso.
L'anelito di questa poesia – ed è forse il suo lato più accattivante – rimanda ai miti della femminilità primordiale, dove certi ruoli tradizionali appaiono modificati secondo l'ottica di un osservatore moderno, iniziato ormai alla psicanalisi. L'io poetante può essere Arianna, ma essa si trova nel centro del labirinto (come nelle versioni più antiche del mito) e si confonde con il mostro in attesa di redenzione:


Come animale in gabbia mi trattengo
guardo verso la finestra aperta
ascolto i tuoi passi
e faccio scorrere il requiem
che circola per le strade.
Come animale assillato
vedo l'ombra attenta
entrare nel labirinto.
Forse Teseo verrà a liberarmi.


L'io poetante può essere anche Icaro, che fugge dal labirinto con un volo scuro e solitario, che però si solleva, non sotto il sole, che avrebbe bruciato le sue ali, bensì «in mezzo alla notte».
L'eredità di un grande scrittore è sempre imprevedibile. Quella di García Márquez è stata vasta e feconda: lo dimostrano la nuova poesia colombiana e la voce suadente di Luz Mery Giraldo.



                                                                   (continua)



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