lunedì 17 marzo 2014

Poesia venezuelana contemporanea.I.Barreto.1.

Igor Barreto

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Igor Barreto è nato a San Fernando de Apure (Venezuela) nel 1952. Ha studiato teoria dell’arte nell’Università di Bucarest, dal 1973 al 1979. Laureatosi nel 1982 per poter partecipare al laboratorio poetico del Centro di Studi Latinoamericani  Rómulo Gallegos. A partire da questo stesso anno comincia la sue produzione e pubblicazione di poesia.
Nel 1993 riceve il primo premio dell’Università Centrale del Venezuela per la raccolta poetica Tierranegra. Nel 2001 pubblica Carama, seguita nel 2006 da due nuove raccolte: Soul of Apure e El llano ciego.
Barreto oltre a essere uno dei poeti più noti del suo paese è professore universitario di letteratura all’Università Centrale di Caracas e all’Università Metropolitana, ed editore (in collaborazione con altri poeti della sua generazione) della collana di traduzioni Luna Nueva.
Terranera come luogo interiore da dove sgorga la poesia, Terranera come spazio inalterato dal tempo, secco e sincero, così che “si possa nominare”, ovvero raccontarlo in versi senza molestare troppo il silenzio, che è “l’anello perfetto di purezza”.
La poesia di Igor Barreto punta dritto alle cose, all’essenziale ed evita barocchismi e stilizzazioni. I ricordi del passato (l’infanzia, la famiglia, i paesaggi) li introduce a fondo nel suolo del contemporaneo, nella realtà storica del proprio paese, il Venezuela, così presente in questi versi che spesso mescolano la prosa alla poesia.
Barreto afferma che nei tempi attuali (ambigui e confusi) alla poesia ci si arriva attraverso la prosa, abbandonando l’ossessione per la trascendenza. Un lirismo lucido, quindi, e fortemente critico nei confronti della letteratura fine a se stessa, un lirismo intenso, appassionante ma teso a fare della poesia una testimonianza, la cronaca di un vissuto poetico fortemente radicato nel presente.
Oltre ai grandi poeti contemporanei venezuelani (Eugenio Montejo, Rafael Cadenas, Antonio Ramos Sucre...) e ai padri della poesia sudamericana (come non pensare a Cesar Vallejo) forte è il legame con l’Europa (Wiesława Szymborska, vedi la poesia “Lezione di ortografia”, e il rumeno Lucian Blaga), e in particolare con l’Italia, non solo per le origini italiane dell’autore, ma per la vicinanza con la poesia di Ungaretti (la silloge proposta si apre con un testo dedicato al poeta italiano), Montale, Penna, Saba, Pasolini, Pavese e, inoltre, del suo grande amore per la poesia di Giacomo Leopardi: ma qui il presente si àncora al passato senza eccessiva nostalgia e il velo di tristezza che traspare è messo alla prova da una sottile ironia.
Non ci sono eroi e le vite dei personaggi (sopratutto nei testi di Soul of Apure) ricostruiscono un mondo affollato di gente semplice e povera, di tenaci lavoratori della terra, barcaioli, esploratori di laghi e paludi, cinici militari, vittime e assassini. I versi messi in chiusura delle brevi prose poetiche suggellano una vita che scivola – molto spesso tragicamente – nel nulla, di nuovo nel silenzio, nella “perfetta purezza” del silenzio.
Ma c’è un aspetto che spezza la dicotomia vita/morte e crea un ponte, uno stretto passaggio, un tunnel che unisce i due momenti ed è rappresentato da un uccello: il gallo, che canta di notte ma rivolto alla luce, come se volesse farla sorgere (creare) dal nulla, dall’oscurità (oltre al titolo “terranera”, altri testi si legano allo stesso colore: “Notturno”, “Celebrazione del colore nero”...). Nell’intervista Igor Barreto spiega che nel gallo vede una specie di arcangelo Gabriele che, pur con mille dubbi e domande, seguita la sua imperterrita lotta contro le tenebre, contro il male e la morte.







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