Sergèj Alecsàndrovic Esènin a Mosca |
“Sin dall’inizio Esènin sorprese i lettori con la
vivacità di poesie che sgorgavano senz’artificio da un’emozione ingenua,da un
fervore elementare. Come nell’arte di Blok ,dietro i versi di Esènin fu sempre
la figura del poeta,personaggio letterario,la cui ombra si estese man mano su
tutto lo spazio della sua produzione. Dapprima lirico campestre,con gli stivali
di marocchino e l'azzurra camicia russa,
in mezzo ai raffinati di Pietroburgo;poi immaginista turbolento....
frequentatore di bettole che spegneva nel bere
la sua mestizia inconsolabile:Esènin divenne una curiosità di cronaca e nei suoi
versi più volte si cercò il documento anziché la
poesia.E lui stesso,quasi insuperbito della sua fama di mettiscandali,non si curò di attenuare le
sue contraddizioni,ma parve accentuarle in un’aspra disarmonia.
...con gli stivali di marocchino e l'azzurra camicia russa... |
in mezzo ai raffinati di Pietroburgo;poi immaginista turbolento....
...”in cilindro e con le scarpe lucide”a Pietroburgo. |
Impulsivo,sconnesso,agitato da divergenti stati d’animo,passò con umore mutevole dall’umiltà al
teppismo,dalla preghiera al sacrilegio,spesso mischiando nel più arruffato di
sordine docili note di devozione e veementi immagini volgari.
Alle radici del suo mondo poetico è uno sconfinato amore
per il villaggio nativo,per le pianure,i boschi,le paludi di Rjazàn’.Con una
tavolozza di morbidi colori in cui prevale l’azzurro,con musicale malinconia
Esènin ritrae nelle prime raccolte paesaggi di betulle e capanne,di foreste e
di campanili,di avene e di salici al vento. Dai suoi pastelli melodiosi si
profila una Russia sonnolenta,mansueta,immersa in un clima mistico,pervasa di
primordiale lirismo,una Russia che abbaglia con il fulgore di desolate
lontananze,con il luccichio di stagni e di laghi. Sebbene attristato dalla
miseria dei mužìk e del villaggio patriarcale,Esènin riflette l’ambiente
contadino in uno specchio idillico,in un tranquillo assopimento,senza sdegno e
con umile rassegnazione. Pronto ad accogliere e a benedire ogni cosa,si
affratella alle piante e agli animali ,identifica l’universo con la semplice
vita campestre. Questo sentimento di passiva accettazione scorre per tutta l’opera di Esènin,sino alla fine; e
nelle ultime cose assume un contorno mestissimo e funebre.[…]
Fiducioso nella missione sociale del mužìk,vide nella Rivoluzione il trionfo dei contadini e la festosa
rinascita dei campi. Egli accolse esultante il nuovo Nazaret con alcuni
poemi cosmogonici,sfoggiando un complesso sistema di simboli difficilmente
decifrabili.[…]Si direbbe che Esènin per inneggiare alla Rivoluzione,senta il
bisogno di intessere le sue strabilianti metafore in una sorta di compendi
poetici,simili a quei trattati sulla composizione del mondo che piacevano alla
fantasia medievale.[…]ma i suoi sogni crollarono presto:s’accorse che la Rivoluzione perseguiva scopi industriali
smantellando le vecchie strutture e ne diede colpa alle macchine che soffocavano
spietatamente la vita idillica del
contado. Benché rassegnato,si crucciò che la ricostruzione sovietica
trasformasse fin dalle fondamenta la Russia delle isbe. Travolto anche lui come
un frantume del grande uragano,vide che il suo mondo cadeva in rovina,che la
sua concezione religiosa era svanita con
il tramonto del vecchio villaggio[…].
Nelle sue ultime cose
con fluidità melodiosa e vocaboli semplici,quasi banali, con
l’afflizione di chi è quasi sul punto di allontanarsi per sempre ,Esènin
esprime il rammarico per la giovinezza perduta,il pentimento per la vita
sregolata,l’angoscia di sfiorire,e trova sollievo nell’umiliare se
stesso,rimproverandosi le ubriache gozzoviglie e l’incapacità di inserirsi nel
ritmo costruttivo dell’epoca.[…]”
Da: Angelo Maria Ripellino.Poesia russa del Novecento.Feltrinelli.1965.
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