Ancora
un’ultima poesia di Jennifer Rankin,autrice negletta, durante la sua breve vita e
carriera, da critici e antologie, ma riscoperta nel nuovo secolo, grazie alla
sua scrittura densa di effetti visivi e tattili, tesa ad evocare esperienze
multisensoriali, sensazioni simultanee che ricreano l’oggetto, attraverso la
ripetizione di pochi elementi fonici a rappresentare quella realtà uditiva. Una vera abilità nel rendere viva la
qualità del suono. Una ricerca di tutte le potenzialità linguistiche come
estensione del reale.[2]
In piedi accanto a questa stufa nera
Scelgo con cura il legno
Ha la sua importanza come hai detto
Di più ora che la città è vicina e a portata di
mano
Scelgo ogni pezzo pensando al calore e alla sua
durata
Lo vario a seconda del cibo che cucino
Entrando tra queste pareti
Stasera ridendo con lui
la sua bocca contro la mia
Insuperabile la mia abilità nel forzare
Mi hanno insegnato queste cose
I tuoi anni di duro addestramento
A selezionare a tenere una casa
A escludere
A forzare.
[1]Jennifer Rankin, nasce a Sidney
nel 1941 e muore nel 1979.
[2]Per esempio, in questi versi: “… //Then it is the faulting/ the falling in
folds/ the going back into the sea// And this day and again this day/ and again
days//…”,da “Cliffs”, in Collected Poems, 1949 (“…//Poi è il
frangersi/ il ripiegarsi/ il riandare dentro il mare// e questo giorno e ancora
questo giorno e ancora giorni//.». (trad. I. Nicchiarelli), dove la f fricativa rappresenta visivamente e
concretamente la fluidità in movimento e il suono del morbido frangersi delle
onde sulla superficie degli scogli. La regolarità ripetuta dissolve la presenza
umana, cosicchè non c’è tramite della voce narrante, ma solo sequenze guidate
dal ritmo, dalla ripetizione e dalla simultaneità. Ci si muove dentro e con il
paesaggio.
[3]Da” I sogni cantano l’alba” ,
op.cit.
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