giovedì 12 maggio 2022

295.Il ciclo dei Canti d’Amore del Rose River.Canto.1.

 

          Al coffee-break Gordon finalmente riesce a sgranchirsi le gambe e a mandare un sms a Zoé, ma spegne subito dopo il cellulare, scambia poche parole inevitabili e torna, appena può, in sala senza aspettare la risposta al suo messaggio, come per rimandarne il piacere a quando, più tardi, da solo, se ne riandrà a casa. Poi,  torna in sala, ma cambia posto, si sente  irrequieto, come un viaggiatore australiano incallito … Meno male che, poco dopo, grazie alla presentazione del ciclo dei “Canti d’amore del Rose River” -primo intervento della seconda parte della mattinata-  la sua irrequietezza miracolosamente si placa.

        -Sono una “magnifica testimonianza di letteratura orale” [1]  questi canti  rituali maschili [2], cantati dallo sciamano-cantore negli incontri sacri dei diversi clan, durante i loro viaggi stagionali per la caccia. Solo recentemente furono tradotti e trascritti come testi letterari[3],  ad uso e consumo dei lettori bianchi. Molti Canti di altri cicli andarono perduti o furono dimenticati, altri rielaborati o riadattati nel corso del tempo, ma fondamentalmente la loro struttura vocale, l’intonazione, l’accompagnamento[4], le sequenze delle strofe dipendono dal territorio di appartenenza dei clan. I “Canti d’Amore del Rose River” celebrano il rito in onore di Kunapipi, la dea madre della fertilità; sono un meraviglioso canto alla vita, all’amore come attività sessuale, essenziale per il rinnovamento della specie e per il rafforzamento della tribù,  e hanno oggi tutto il fascino delle cose perdute nel tempo …

Dai  Canti d’Amore del Rose River[5]:

 

Canto 1

 

Stanno sempre là, gli uomini mentre scheggiano i boomerang di legno:

uomini del clan del Rose River, del barramundi[6] e del pesce gatto …

scaglie di legno schizzano via, modellando i boomerang …

stanno sempre là, donne con le natiche ondeggianti …

 

uomini che scheggiano e modellano i boomerang, spianandone i lati …

pensano al nonggaru[7], al rito sacro …

stanno sempre là, gli uomini della tribù del sud;

clan del territorio lungo il Rose River, uomini con il pene sub inciso …

clan del bush[8] interno …

preparano i boomerang, scheggiando e spianando i lati  e la punta della deflorazione …

pensano alla danza e ai riti del Kunapipi[9]

uomini del clan del Rose River e del dialetto Dalwongu …

pensando alla mandiela, la danza sacra,

poiché i boomerang sono quasi pronti:

 

spiriti e gente, uomini  subincisi del clan del Rose River …

pensano, mentre scheggiano i boomerang …

spianando i lati, preparando la punta per le ragazze da deflorare …

clan del territorio lungo il Rose River, tutti riuniti insieme …

in quel rito sacro, al centro del nonggaru.

 

          L’iterazione di parole e suoni è frequente nei Canti e, quasi ipnotica, ne sottolinea l’atmosfera rituale: i fenomeni naturali, gli oggetti, gli animali si caricano di prodigiosa forza magica nell’essere nominati più volte. Anche la storia è raccontata attraverso la ripetizione di un verso  o di una strofa con piccole, ma significative, aggiunte di contenuto[10] per aumentare l’attesa e la partecipazione emotiva.



[1] Cfr. Prefazione di Graziella Englaro a I sogni cantano l’alba, op.cit.

[2] Cantati durante cerimonie pubbliche e condivise dai diversi clan che vi partecipavano, mentre quelli femminili sono meno conosciuti o addirittura si ignorano perché cantati  durante cerimonie segrete e riservate.

[3]“ Il ciclo dei Canti d’Amore del Rose River, per secoli affidato all’oralità delle tribù del territorio, è entrato a far parte della storia dei bianchi australiani nel 1946».  Perché l’antropologo  Ronald Bernett lo vide rappresentare “nella primitiva, quasi inviolata, terra di Arnhem, nell’estremo nord dell’Australia, precisamente a Yirrkalla e ne fece la trascrizione».  Nel 1960, la vita in quei luoghi cambiò perché il governo concesse ai bianchi lo sfruttamento dei giacimenti di bauxite e di uranio lì presenti. Da qui lo sgretolamento della cultura aborigena. (cfr Graziella Englaro, op.cit.)Per gli aborigeni la celebrazione il racconto del  mito è solo azione (canto, performance teatrale e ballo) non testo.

[4] La maggior parte dei Canti erano accompagnati dal ‘didgeridoo’, o Bastone Suonante.

[5] Canti d’Amore del Rose River(1),  da Graziella Englaro, I sogni cantano l’alba, op.cit.

[6] Pesce commestibile, molto comune nei corsi d’acqua e nei fiumi d’Australia.

[7] Pozzo d’acqua sacro per gli aborigeni del deserto; nella tradizione rappresenta anche l’utero della Madre Kunapipi.

[8] Boscaglia, savana. In Australia rappresenta tutto ciò che non è metropolitano.

[9]Cerimonia che si basa sul culto, diffuso nella terra di Arnhem,  della dea madre o dea della fertilità Kunapi; il culto è legato alla fertilità della stagione tropicale delle piogge.

[10] Tecnica della  incremental repetition, tipica delle Ballate medievali europee.

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