V.FRANCIA
10.-Baudelaire, Pierre
Charles
poeta
maledetto,critico letterario, traduttore francese
(1821-1867)
Nato a Parigi nel 1821.
Suo
padre morì quando lui aveva 6 anni
e
godette di un felice e breve periodo
di tutte le tenerezze della madre,
però
quando lei si risposò con un ufficiale,
lui
si sentì tradito.
a.L’albatros:
Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipagePrennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.
À peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.
Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!
Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.
La prima traduzione è di Giovani Raboni per Mondadori
Spesso,
per divertirsi, i marinaicatturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari.
L’hanno appena posato sulla tolda
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé strascina
come fossero remi le grandi ali bianche.
Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali di gigante.
La seconda è di Antonio Prete.
(C. B., I fiori del male, Feltrinelli, Milano 2003/2010)
Spesso, per divertirsi, uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, vasti uccelli dei mari,
che seguono, compagni indolenti di viaggio,
il solco della nave sopra gli abissi amari.
Li hanno appena posati sopra i legni dei ponti,
ed ecco quei sovrani dell’azzurro, impacciati,
le bianche e grandi ali ora penosamente
come fossero remi strascinare affannati.
L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco,
lui prima così bello com’è ridicolo ora!
C’è uno che gli afferra con una pipa il becco,
c’è un altro che mima lo storpio che non vola.
Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.
L’albatros
L’albatro (o albatros)
è il titolo di una poesia di Charles Baudelaire
(1821-1867), pubblicata
all’interno della raccolta I fiori del male: è
la seconda poesia della
raccolta (prima edizione: 1857) e si trova
nella prima delle sei
sezioni in cui è divisa l’opera e che ha per titolo
Spleen
et Idéal..Il titolo della poesia
deriva dal nome
dell’uccello marino
albatros che,come ricorda la Treccani
“È bianco con remiganti
brune. L’apertura alare di 3,6 m è
la maggiore fra tutti gli
uccelli.
Sfruttando le correnti ascensionali
mantiene un volo
planato ininterrotto e
percorre enormi distanze sull’oceano
Abita la fascia
circumpolare antartica”.
Metrica: L’albatros è
una poesia composta da quartine
con versi a rime
alternate. Naturalmente la scansione metrica
si apprezza meglio
nell’originale francese, qui sopra proposta:
l’interpretazione della
poesia è porta dallo stesso Baudelaire
con la sua analogia che si
distende sull’intero componimento.
Nell’ultima strofa infatti scopriamo che il poeta somiglia proprio
all’albatros perché spesso
è oggetto di scherni per il suo modo
peculiare di vedere il
mondo. La composizione di Charles Baudelaire
ci rimanda ad una concezione dell’esistenza amara e
complessa.
Ma questo è vero solo fino a quando ci si lascia schiacciare
dal peso
della condizione umana.
L’albatros è un volatile che può apparire goffo,
finché non riesce a
spiegare le sua enormi ali: allora con un’abilità
che gli è propria, riesce
a sfruttare i forti venti e perfino le
tempeste
per scivolare in alto e avere
una prospettiva diversa della vita e della
realtà, meno costretta e più aperta e libera.
Siamo un po’ tutti degli
albatri finché non ci è data l’opportunità
di scoprire il potere
delle nostre ali e la capacità che ci
danno di
lasciarci andare ai flussi
del vento.
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