EUROPA
PORTOGALLO
La nuvola in Fernando Pessoa
La natura polimorfica delle nuvole, unica realtà e fatale,
un ulteriore alter ego che Pessoa analizza nelle sue
molteplici inquietanti caratteristiche, alternandole con
le amare considerazioni su di sé.
6.Fernando Pessoa
Fernando Antònio Nogueria Pessoa (Lisbona 13/06/1888- 30/11/1935),
poeta e scrittore portoghese. Vissuto in Sudafrica fino alla fine
della sua adolescenza, usò la lingua inglese per tradurre, studiare
e scrivere. Intorno al 1914, nacque la consuetudine dei suoi famosi
eteronimi, non semplici pseudonimi con cui firmare i suoi lavori,
ma personalità poetiche complete che producono poesia diversa
da quella dell’Autore (come se fossero davvero altre persone). Tra
gli eteronimi più famosi:”Άlvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto
Caeiro, Bernardo Soares, autore quest’ultimo de ”Il Libro dell’
Inquietudine” . La stessa parola ' pessoa' in portoghese vuol dire
‘persona’.
Nuvole…
Nuvole… Oggi sono consapevole del cielo,
poiché ci sono giorni in cui non lo guardo ma
solo lo sento,vivendo nella città senza vivere
nella natura in cui la città è inclusa.
Nuvole… Sono loro oggi la principale realtà,
e mi preoccupano come se il velarsi del cielo
fosse unodei grandi pericoli del mio destino.
Nuvole… Corrono dall’ imboccatura del fiume
verso il Castello; da Occidente verso Oriente,
in un tumultuare sparso e scarno,a volte
bianche se vanno stracciate all’ avanguardia
di chissà che cosa; altre volte mezze nere,
se lente, tardano ad essere spazzate via dal
vento sibilante; infine nere di un bianco sporco
se, quasi volessero restare,oscurano più col
movimento che con l’ombra i falsi punti di fuga
che le vie aprono fra le linee chiuse dei caseggiati.
Nuvole… Esisto senza che io lo sappia e morirò
senza che io lo voglia. Sono l’intervallo fra ciò
che sono e ciò che non sono, fra quanto sogno
di essere e quanto la vita mi ha fatto essere, la
media astratta e carnale fra cose che non sono
niente più niente di me stesso.
Nuvole… Che inquietudine se sento, che disagio
se penso, che inutilità se voglio! paiono occupare
il cielo intero;altre di incerte dimensioni, come se
fossero due che si sono accoppiate o una sola
che si sta rompendo in due, a casaccio, nell’ aria
alta contro il cielo stanco;altre sono ancora
piccole, simili a giocattoli di forme poderose,
palle irregolari di un gioco assurdo, da parte,
in un grande isolamento fredde.
Nuvole… Mi interrogo e mi disconosco. Non
ho mai fatto niente di utile né farò niente di
giustificabile.Quella parte della mia vita che
non ho dissipato a interpretare confusamente
nessuna cosa, l’ho spesa a dedicare versi
prosastici alle intrasmissibili sensazioni di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto , crolli dell’altezza,
uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo
inesistente;brandelli indescrivibili del tedio che
loro attribuisco:nebbia condensata in minacce
incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale
senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato
tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile,
temporalesche o silenziose, che rallegrano per
la bianchezza o rattristano per l’oscurità, finzioni
dell’intervallo e del discammino, lontane dal
rumore della terra, lontane dal silenzio del
cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano
ancora a passare, passeranno sempre continuamente,
in una sfilza discontinua di matasse opache,
come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto.
(traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi)
poiché ci sono giorni in cui non lo guardo ma
solo lo sento,vivendo nella città senza vivere
nella natura in cui la città è inclusa.
Nuvole… Sono loro oggi la principale realtà,
e mi preoccupano come se il velarsi del cielo
fosse unodei grandi pericoli del mio destino.
Nuvole… Corrono dall’ imboccatura del fiume
verso il Castello; da Occidente verso Oriente,
in un tumultuare sparso e scarno,a volte
bianche se vanno stracciate all’ avanguardia
di chissà che cosa; altre volte mezze nere,
se lente, tardano ad essere spazzate via dal
vento sibilante; infine nere di un bianco sporco
se, quasi volessero restare,oscurano più col
movimento che con l’ombra i falsi punti di fuga
che le vie aprono fra le linee chiuse dei caseggiati.
Nuvole… Esisto senza che io lo sappia e morirò
senza che io lo voglia. Sono l’intervallo fra ciò
che sono e ciò che non sono, fra quanto sogno
di essere e quanto la vita mi ha fatto essere, la
media astratta e carnale fra cose che non sono
niente più niente di me stesso.
Nuvole… Che inquietudine se sento, che disagio
se penso, che inutilità se voglio! paiono occupare
il cielo intero;altre di incerte dimensioni, come se
fossero due che si sono accoppiate o una sola
che si sta rompendo in due, a casaccio, nell’ aria
alta contro il cielo stanco;altre sono ancora
piccole, simili a giocattoli di forme poderose,
palle irregolari di un gioco assurdo, da parte,
in un grande isolamento fredde.
Nuvole… Mi interrogo e mi disconosco. Non
ho mai fatto niente di utile né farò niente di
giustificabile.Quella parte della mia vita che
non ho dissipato a interpretare confusamente
nessuna cosa, l’ho spesa a dedicare versi
prosastici alle intrasmissibili sensazioni di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto , crolli dell’altezza,
uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo
inesistente;brandelli indescrivibili del tedio che
loro attribuisco:nebbia condensata in minacce
incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale
senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato
tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile,
temporalesche o silenziose, che rallegrano per
la bianchezza o rattristano per l’oscurità, finzioni
dell’intervallo e del discammino, lontane dal
rumore della terra, lontane dal silenzio del
cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano
ancora a passare, passeranno sempre continuamente,
in una sfilza discontinua di matasse opache,
come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto.
(traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi)
vita
che non ho dissipato a interpretare confusamente nessuna cosa, l’ho
spesa a dedicare versi prosastici alle intrasmissibili
sensazioni di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto, crolli dell’altezza, uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo inesistente; brandelli indescrivibili del
Nuvole… Esse sono tutto, crolli dell’altezza, uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo inesistente; brandelli indescrivibili del
tedio che loro attribuisco: nebbia condensata
in minacce incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile, temporalesche o silenziose, che
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile, temporalesche o silenziose, che
rallegrano per la bianchezza o rattristano
per l’oscurità, finzioni dell’intervallo e del discammino, lontane dal rumore
della terra,
lontane dal silenzio del cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza discontinua di
Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza discontinua di
matasse opache, come il prolungamento diffuso
di un falso cielo disfatto.
(traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi)
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