sabato 23 marzo 2019

La nuvola in Fernando Pessoa.





EUROPA
 
PORTOGALLO


La nuvola in Fernando Pessoa
La natura polimorfica delle nuvole, unica realtà e fatale,
un ulteriore  alter ego che Pessoa analizza nelle sue
molteplici inquietanti caratteristiche, alternandole con
le amare considerazioni  su di sé. 


6.Fernando Pessoa
Fernando Antònio Nogueria Pessoa (Lisbona 13/06/1888- 30/11/1935), 
poeta e scrittore portoghese. Vissuto in Sudafrica fino alla fine
della sua adolescenza, usò la lingua inglese per tradurre, studiare 
e scrivere. Intorno al 1914, nacque la consuetudine dei suoi famosi 
eteronimi,  non semplici pseudonimi con cui firmare i suoi lavori, 
ma personalità poetiche complete che producono poesia  diversa
da quella  dell’Autore (come se fossero davvero altre persone). Tra
 gli eteronimi più famosi:”Άlvaro de Campos, Ricardo  Reis, Alberto 
Caeiro, Bernardo Soares, autore  quest’ultimo de ”Il Libro dell’
Inquietudine” . La stessa parola pessoa' in portoghese vuol  dire
 ‘persona’. 

Nuvole…

Nuvole… Oggi sono consapevole del cielo,
poiché ci sono giorni in cui non lo guardo ma
solo lo sento,vivendo nella città senza vivere 
nella natura in cui la città è inclusa.
Nuvole… Sono loro oggi la principale realtà, 

e mi preoccupano come se il velarsi del cielo 
fosse unodei grandi pericoli del mio destino.
Nuvole… Corrono dall’ imboccatura del fiume 

verso  il Castello; da Occidente verso Oriente,
in un tumultuare sparso e scarno,a volte
bianche se vanno stracciate all’ avanguardia
di chissà che cosa; altre volte mezze nere, 
se lente, tardano ad essere spazzate via dal 
vento sibilante; infine nere di un bianco sporco
se, quasi volessero restare,oscurano più col
 movimento che con l’ombra i falsi punti di fuga
che le vie aprono fra le linee chiuse dei caseggiati.
Nuvole… Esisto senza che io lo sappia e morirò
senza che io lo voglia. Sono l’intervallo fra ciò 
che sono e ciò che non sono, fra quanto sogno 
di essere e quanto la vita mi ha fatto essere, la 
media astratta e carnale fra cose che non sono
niente più  niente di me stesso.
Nuvole… Che inquietudine se sento, che disagio
se penso, che inutilità se voglio! paiono occupare
il cielo intero;altre di incerte dimensioni, come se 
fossero due che si sono accoppiate o una sola
che si sta rompendo in due, a casaccio, nell’ aria
 alta contro il cielo stanco;altre sono ancora 
piccole, simili a giocattoli di forme poderose,
palle irregolari di un gioco assurdo, da parte,
in un grande isolamento fredde.
Nuvole… Mi interrogo e mi disconosco. Non
ho mai fatto niente di utile né farò niente di
giustificabile.Quella parte della mia vita che 
non ho dissipato a interpretare confusamente
nessuna cosa, l’ho spesa a dedicare versi
prosastici alle intrasmissibili sensazioni di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto , crolli dell’altezza, 
uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo
inesistente;brandelli indescrivibili del tedio che
loro attribuisco:nebbia condensata in minacce 
incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale 
senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato
tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile,
 temporalesche o silenziose, che rallegrano per
la bianchezza o rattristano per l’oscurità, finzioni 
dell’intervallo e del discammino, lontane dal 
rumore della terra, lontane dal silenzio del
cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano
ancora a passare, passeranno sempre continuamente,
in una sfilza discontinua di matasse opache,
come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto. 

(traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi)




























































































































































































vita  che non ho dissipato a interpretare confusamente nessuna cosa, l’ho spesa a dedicare versi prosastici alle intrasmissibili

 sensazioni di tutto.
Nuvole… Esse sono tutto, crolli dell’altezza, uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo inesistente; brandelli indescrivibili del

tedio che loro attribuisco: nebbia condensata in minacce incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale senza pareti.
Nuvole… Sono come me un passaggio figurato tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile, temporalesche o silenziose, che

rallegrano per la bianchezza o rattristano per l’oscurità, finzioni dell’intervallo e del discammino, lontane dal rumore della terra,

lontane dal silenzio del cielo.
Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza discontinua di

matasse opache, come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto.

(traduzione di Maria José de Lancastre e Antonio Tabucchi)

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