lunedì 16 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.DA "VERSI A DINA"






Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
come folata in una stanza chiusa -
a festeggiarti,bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolio così che assorda il bosco
al nascere dell'alba,ammutolisce
quando sull'orizzonte balza il sole.
Ma se la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo,m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che,come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte,quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé,per una voglia di baciare ...

                                                      ***

E la vita sapessi a me che fu,
Amore,prima che ti conoscessi ...

Un deserto la terra; a volte,il mondo
una sfocata immagine che trema.
I volti consueti dei fantasmi
visti in sogno,il mio giorno dalla notte
poco diverso;sì da dubitare
se veglia o sonno fosse la mia vita.
Uomo che s'atterrisce della piazza,
arretra innanzi a quella vacuità,
quante volte dal sonno ripugnai
al giorno che le palpebre forzava!
Un dì nella città tumultuosa
dove fughe di strade a vista d'occhio
aprono prospettive d'infinito,
disagio da stupore in me nasceva,
m'affaticava la città col suo ànsito
quale andare di fiume che non trovi
foce;m'impauriva la mole
quasi colosso che non abbia luce
di sguardo ...
Quando,improvvisamente come oscuro
disegno che coi dadi bimbo tenta
s'illumina del dado che mancava,
si compose il tumulto,si placò
l'ànsito,fiume che si placa in mare,
in due che s'abbracciavano nell'ombra.

                                 (Rimanenze)

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