EUROPA
ITALIA
La luna di Vittorio Giovanni Rossi
L’uomo sulla luna:perché mai?
Semplicemente perché la vita
dell’uomo assume valore solo quando accetta e
soprattutto
vince sfide prima impossibili, mostrando di sapersi
superare.
57. Vittorio Giovanni Rossi
Nasce a Santa Margherita Ligure
l’8-1-1898,muore a Roma
il 4-1-1978. Giornalista e scrittore italiano.
A
Capo Kennedy, il giorno della luna
Era la mattina di quel giorno, il 16 luglio.
L’Apollo 11 era davanti
a me, a 5500 metri di distanza; pareva il
campanile di S. Marco
in Venezia, con l’angelo sopra. Intorno c’era la
landa sconfinata
e
selvaggia; c’erano le palme tropicali, gli arbusti, le lepri e i
conigli
selvatici che si divertivano a scappare, ad avere paura;
c’erano gli uccelli marini, i pellicani, i
cormorani, i caimani nell’acqua
degli stagni;
c’era l’oceano, il suo silenzio; c’erano strati leggeri
di nuvole
bianche, nuvole grigie, il sole saliva nel cielo e le nuvole a
poco a poco
se ne andavano. Da allora sono passati pochi giorni, e la
gente sulla terra è vissuta facendo i conti del
tempo che era passato
e di quello che restava da passare. Sono stati
quattro giorni molto
lunghi nella storia dell’uomo sulla terra. Sono
stati anche i quattro
giorni più nuovi di tutta la storia dell’uomo,
dove tutti i giorni sono
nuovi. Pochi giorni fa, quei tre uomini erano qui,
su questa landa
selvaggia. Li ho visti per un piccolo attimo,
passavano, andavano a
imbarcarsi. Erano le sei e quaranta del mattino,
si era appena levato
il sole; essi erano chiusi nella loro armatura,
respiravano un’aria che
non era più la nostra aria, camminavano sui loro
chiusi pensieri. E
ora due di essi sono stati sulla luna, ora tutto
quello che l’uomo ha
fatto
finora, sembra piccolo.
E l’uomo antico che è dentro di noi resiste al
fatto, si rifiuta di crederlo,
dice che è tutta una favola.
Mancavano due ore alla partenza, e io pensavo a
quelli che erano
nell’Apollo 11. Erano Armstrong, Collins, e
Aldrin, ma c’erano anche
altri, e
alcuni di essi erano vestiti in uno strano modo antico;
erano Leonardo, Copernico, Galileo, Newton, Volta,
Faraday, Maxwell,
Einstein e
altri.
A un tratto mi domandai perché andavano sulla
luna. Tante cose
sembra di saperle; poi, quando è il momento, non
si sanno. Mi dissi
che andavano sulla luna per quelle pietre;
prendere un po’ di quelle
pietre
della luna e portarle sulla terra. “E’ per le pietre”, mi dissi.
Intanto altri minuti importanti della storia
dell’uomo erano passati,
e io continuavo a pensare a quelle pietre. Saranno
le pietre più preziose
che mai
siano state sulla terra, mi dicevo; nessun tesoro di re, imperatore
o maharagia
dell’India delle favole potrà essere paragonato a quei chili di
pietre. Anche se un giorno l’uomo della terra avrà
a disposizione tutte le
pietre della luna, quei chili di pietre
continueranno a essere i chili di pietre
più preziose che saranno sulla terra. Perché esse
rappresentano quello che
l’uomo ha
fatto, e in tutta la sua lunga storia sulla terra l’uomo ha fatto di
dei suoi sogni è diventato pietra, quei chili di
pietre.
Ma c’è chi dice che non ne francava la spesa. In
dieci anni di
esperienze,
assaggi, preparativi, questo viaggio alla luna è costato
una massa
smisurata di denaro. Si sa quanto è la somma: è un
numero tanto grande, che non dice più niente, come
i numeri che
riguardano
le stelle; denaro americano, denaro russo. E quel
denaro, si dice, poteva essere speso meglio; ci
sono sulla vecchia
terra
dell’uomo strazianti bisogni umani, cioè fame, malattie, miserie.
Ma perché l’uomo lo ha fatto? Perché è andato
sulla luna? La risposta
è ancora
quella, la vecchia risposta: lo ha fatto perché è uomo.
Sulla vetta del monte Everest non c’era niente da
prendere, niente
che valesse
la pena; per avere quello che c’era, bastava entrare in
una gelateria, era più comodo e costava di
meno, però la gelateria
non era a
8850 metri sul livello del mare.
E
l’uomo c’è andato per andarci, semplicemente perché è uomo.
E
quelli sono i grandi giochi dello spirito umano; e sono misteriosi
come tutto quello che esce dall’uomo.
L’uomo non è uomo per quello che si mette in bocca
o in tasca; le cose
più grandi e belle che lui ha fatto, sono quelle
che lo hanno separato un
po’ di più dagli altri animali; e sono quelle che
lui ha fatto per farle, e
facendole non si metteva in tasca o in bocca
niente di più.
E questo si chiama poesia della vita, cioè la
poesia delle cose difficili, e
quella dell’uomo che rincorre i suoi fantasmi; e
senza di lei, la vita è
una
contabilità idiota.
E’ lei che ha fatto luce all’uomo, quando l’uomo è
uscito dalla caverna,
e ha smesso di fare soltanto l’animale carnivoro.
E se la luna non fosse
altro che
quei chili di pietre, lui doveva provare a se stesso che
poteva
andare a prenderle. Anche per quello e nient’altro; perché è
uomo.
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