mercoledì 3 luglio 2019

57 Lunario. Vittorio Giovanni Rossi




EUROPA

ITALIA

La luna   di Vittorio  Giovanni Rossi
L’uomo sulla luna:perché mai? Semplicemente  perché la vita
 dell’uomo assume valore solo quando accetta e soprattutto
vince sfide  prima impossibili, mostrando di sapersi superare.

57. Vittorio Giovanni Rossi 
 Nasce a Santa Margherita Ligure l’8-1-1898,muore a Roma
 il 4-1-1978. Giornalista e scrittore italiano.

      A Capo Kennedy, il giorno della luna
Era la mattina di quel giorno, il 16 luglio. L’Apollo 11 era davanti
a me, a 5500 metri di distanza; pareva il campanile di S. Marco
in Venezia, con l’angelo sopra. Intorno c’era la landa sconfinata
 e selvaggia; c’erano le palme tropicali, gli arbusti, le lepri e i
 conigli selvatici che si divertivano a scappare, ad avere paura;
c’erano gli uccelli marini, i pellicani, i cormorani, i caimani nell’acqua
 degli stagni; c’era l’oceano, il suo silenzio; c’erano strati leggeri
 di nuvole bianche, nuvole grigie, il sole saliva nel cielo e le nuvole a
 poco a poco se ne andavano. Da allora sono passati pochi giorni, e la
gente sulla terra è vissuta facendo i conti del tempo che era passato
e di quello che restava da passare. Sono stati quattro giorni molto
lunghi nella storia dell’uomo sulla terra. Sono stati anche i quattro
giorni più nuovi di tutta la storia dell’uomo, dove tutti i giorni sono
nuovi. Pochi giorni fa, quei tre uomini erano qui, su questa landa
selvaggia. Li ho visti per un piccolo attimo, passavano, andavano a
imbarcarsi. Erano le sei e quaranta del mattino, si era appena levato
il sole; essi erano chiusi nella loro armatura, respiravano un’aria che
non era più la nostra aria, camminavano sui loro chiusi pensieri. E
ora due di essi sono stati sulla luna, ora tutto quello che l’uomo ha
 fatto finora, sembra piccolo.
E l’uomo antico che è dentro di noi resiste al fatto, si rifiuta di crederlo,
dice che è tutta una favola.
Mancavano due ore alla partenza, e io pensavo a quelli che erano
nell’Apollo 11. Erano Armstrong, Collins, e Aldrin, ma c’erano anche
 altri, e alcuni di essi erano vestiti in uno strano modo antico;
erano Leonardo, Copernico, Galileo, Newton, Volta, Faraday, Maxwell,
 Einstein e altri.
A un tratto mi domandai perché andavano sulla luna. Tante cose
sembra di saperle; poi, quando è il momento, non si sanno. Mi dissi
che andavano sulla luna per quelle pietre; prendere un po’ di quelle
 pietre della luna e portarle sulla terra. “E’ per le pietre”, mi dissi.
Intanto altri minuti importanti della storia dell’uomo erano passati,
e io continuavo a pensare a quelle pietre. Saranno le pietre più preziose
 che mai siano state sulla terra, mi dicevo; nessun tesoro di re, imperatore
 o maharagia dell’India delle favole potrà essere paragonato a quei chili di
pietre. Anche se un giorno l’uomo della terra avrà a disposizione tutte le
pietre della luna, quei chili di pietre continueranno a essere i chili di pietre
più preziose che saranno sulla terra. Perché esse rappresentano quello che
 l’uomo ha fatto, e in tutta la sua lunga storia sulla terra l’uomo ha fatto di
dei suoi sogni è diventato pietra, quei chili di pietre.
Ma c’è chi dice che non ne francava la spesa. In dieci anni di
 esperienze, assaggi, preparativi, questo viaggio alla luna è costato
 una massa smisurata di denaro. Si sa quanto è la somma: è un
numero tanto grande, che non dice più niente, come i numeri che
 riguardano le stelle; denaro americano, denaro russo. E quel
denaro, si dice, poteva essere speso meglio; ci sono sulla vecchia
 terra dell’uomo strazianti bisogni umani, cioè fame, malattie, miserie.
Ma perché l’uomo lo ha fatto? Perché è andato sulla luna? La risposta
 è ancora quella, la vecchia risposta: lo ha fatto perché è uomo.
Sulla vetta del monte Everest non c’era niente da prendere, niente
che  valesse la pena; per avere quello che c’era, bastava entrare in
una gelateria, era più comodo e costava di meno,  però la gelateria
 non era a 8850 metri sul livello del mare.
      E l’uomo c’è andato per andarci, semplicemente perché è uomo.
      E quelli sono i grandi giochi dello spirito umano; e sono misteriosi
       come tutto quello che esce dall’uomo.
L’uomo non è uomo per quello che si mette in bocca o in tasca; le cose
più grandi e belle che lui ha fatto, sono quelle che lo hanno separato un
po’ di più dagli altri animali; e sono quelle che lui ha fatto per farle, e
facendole non si metteva in tasca o in bocca niente di più.
E questo si chiama poesia della vita, cioè la poesia delle cose difficili, e
quella dell’uomo che rincorre i suoi fantasmi; e senza di lei, la vita è
 una contabilità idiota.
E’ lei che ha fatto luce all’uomo, quando l’uomo è uscito dalla caverna,
e ha smesso di fare soltanto l’animale carnivoro. E se la luna non fosse
 altro che quei chili di pietre, lui doveva provare a se stesso che
 poteva andare a prenderle. Anche per quello e nient’altro; perché è

uomo.

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