giovedì 28 aprile 2022

280.Tagore.Non lasciarmi, non andartene.

 

 DAVANTI AL CAMINETTO

 

         Il week-end con Gordon è stato ricco, allegro e chiarificatore. Ingrid non era più con loro. E per Zoé è stato presto evidente che quella di Gordon, con la giovane donna danese, è stata una storia senza importanza, dettata dalla solitudine, una sorta di surrogato, giusto per riempire un vuoto diventato insopportabile. Il giorno precedente, come poi scoprirà più tardi, è in realtà servito a chiudere con Ingrid in modo civile. Quella a cui tiene davvero è lei, Zoé. È felice quando ce l'ha accanto. Anche se ha ancora qualche paura, soprattutto di sé stesso. E Zoé è quasi sicura che anche per lei Gordon sia importante.

Tra un giro fra i canali  in battello e una riposante sosta al caffè dell’Ordrupgaard Museum, sono riusciti ad assistere anche a un reading sui poeti nordici europei e si sono ancora una volta accalorati in una discussione accanita sui testi danesi, svedesi e norvegesi in un confronto un po' casuale, un po' assurdo.

Eccoli finalmente tranquilli davanti al caminetto; Gordon è  in poltrona accanto a lei: le fiamme crepitano e con le scintille un buon odore di resina si diffonde nell'ambiente. Zoé ha il suo PC sulle ginocchia; vorrebbe proporre alcuni confronti tra i testi che hanno ascoltato al reading e quelli che recentemente ha rivisitato durante il suo viaggio immaginario intorno al mondo. Chissà se riusciranno a parlarne con più razionalità e a riflettere in modo più sensato senza ripicche né bisogno di rivalsa, come finora è successo tra loro?

        -Sai, il topos dell'attesa – interviene Zoé - così tradizionale nella lirica d'amore, mi è sembrato particolarmente  rivelatore delle sensibilità individuali dei poeti, indotte anche, in parte, dalle culture regionali.

       -Si, certo … - concorda  Gordon - L’attesa come incantesimo, l’angoscia dell’attesa. Cosa ti verso da bere, mentre sgranocchiamo  qualche pistacchio?

       Ma Zoé continua imperterrita:- … Sai che l’altro giorno, quando sono rimasta sola a casa, mi sono fatta compagnia con i miei poeti preferiti e oggi, confrontandoli poi con i poeti nordici che abbiamo appena ascoltato, ho provato  ancora più forte questa sensazione. Penso all'uso fantasioso del tempo dell'attesa in Prévert, in cui tutto intorno è solare, a rendere quel sentimento pieno di fiducia e di gioia. Nel Darwish di "Lezione di Kamasutra", invece,  il poeta si erge a saggio sapiente che individua nel tempo dell'attesa la molla  per impreziosire il desiderio e renderlo più ricco e profondo[1]. Oppure all'atteggiamento un po' svagato, fatalista e sognatore dell'adolescente di Tagore, mentre indugia sulla riva del fiume baloccandosi  con l'acqua e i suoi braccialetti, sotto lo sguardo curioso, un po' divertito e protettivo delle onde e delle nuvole. Ti ricordi, vero, i testi  che ti ho fatto vedere ieri al caffè?

       -Sì, e per una volta siamo d'accordo: in Prévert, ritrovo tutta la vivacità culturale del tuo paese come in Darwish il sovrano distacco che guarda all'assoluto e la sapienza erotica che già i Provenzali condividevano con la cultura del Sud del Mediterraneo. Per Tagore, però -continua Gordon porgendole del vino bianco leggero - penso che  il discorso  sia più complesso.  La tradizione culturale del suo paese, a cui fa riferimento, presta alla sua tavolozza i colori della serenità con cui l'Uomo sa rapportarsi alla vita, che è visibile anche nel testo che  mi hai mostrato e che trovo fresco e anche un po' sornione, quando fa gettare alla ragazza quei suoi sguardi in giro, senza parere...Ma in altri testi,  Tagore sa mostrarci punti di vista molto diversi a rappresentare la complessità dell'esistere. Dalla malinconia alla sofferenza, dalla serenità pacata all'esplosione gioiosa. Guarda, ho qui nell' étagère tutte le sue raccolte. Mi fa piacere rivedere insieme a te qualche poesia che amo in modo speciale. Vuoi?

-Ecco, da "Passando all'altra riva" scelgo … "Non lasciarmi, non andartene".

          Una citazione particolarmente rappresentativa della voce del poeta che rende visibile con la ricchezza delle immagini la capacità dell'Uomo di vivere il finito (“ il limite del mare inquieto”) continuando a cercare l'infinito (“perdermi in eterno”) di immergersi nel " mare del mutamento"  guardando alla "costanza del cielo"; e tra l'alba e la notte, al centro di tutto, l'amore per la sua donna, l'isola ombrosa baciata dal sole.

 

Non lasciarmi, non andartene[2]

perché scende la notte.

 

La strada è deserta e buia,

si perde tortuosa. La terra stanca

è tranquilla, come un cieco senza bastone.

 

Sembra che io abbia aspettato nel tempo

questo momento con te

così accendo la lampada

dopo averti donato fiori.

 

Con il mio amore ho raggiunto stasera

il limite del mare senza spiaggia,

per nuotarci dentro e perderci in eterno.

 

Il nostro destino viaggia su un mare

mai attraversato, dove le onde

si susseguono in un gioco incessante

di rimpiattino.

 

È l'inquieto mare del mutamento,

perde e perde ancora gli armenti

e batte le mani contro il cielo costante.

 

Al centro di questo mare travolgente,

tra l'alba e la notte, Amore,

tu sei l'isola verdeggiante dove il sole

bacia l'ombra vaporosa dove gli uccelli

sono amanti che cantano il silenzio.

 



[1] Come nella Fin'amor dei trovatori provenzali. 

[2] R. Tagore,”Non lasciarmi, non andartene”, da Passando all’altra riva, in Poesie d’amore, a cura di Brunilde Neroni,Guanda editore in Parma,1996, collana I Poeti della Fenice.

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