mercoledì 4 dicembre 2019

ITALIA.i.Giorgio Bassani.I.Il vento della Shoah.


*i.Giorgio Bassani
Nasce a Bologna nel 1916 da famiglia ferrarese,e a Ferrara ha trascorso  l’infanzia e la giovinezza.Dopo le prime prove letterarie ,dal ’37 al ’43, i suoi interessi furono quasi esclusivamente politici.Laureatosi a Bologna,dall’autunno del ’43 risiede a Roma,dove insegna.E’ redattore di “Paragone” e di “Botteghe Oscure”.
Il vento della Shoah in Giorgio Bassani
Pochi anni dopo la pubblicazione della Bufera di Montale, nel 1962, vede
la luce Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, nel quale ritroviamo l'immagine del vento connotata negativamente, come simbolo dell'
irrompere dell'inumano nella società civile e nell'intimo delle coscienze,
conturbate, stravolte e infine costrette al silenzio dell'inesistenza. Nel
settimo capitolo della terza parte del romanzo si descrive la cena pasquale
che si svolge nella casa paterna nel 1939, all'indomani delle leggi razziali.
Dopo aver compiuto il pasto rituale, conclusa la lunga serata, i famigliari
scendono le scale e arrivano nel portico dell'abitazione, dove si scambiano
gli ultimi saluti. Qualcosa però viene a troncare la scena degli addii: «Improvvisamente, dal portone rimasto mezzo aperto, là, contro il nero
della notte, ecco irrompere dentro il portico una raffica di vento. È
d'uragano, e viene dalla notte. Piomba nel portico, lo attraversa,
oltrepassa fischiando i cancelli che separano il portico dal giardino, e
intanto ha disperso a forza chi ancora voleva trattenersi, ha zittito di botto,
col suo urlo selvaggio, chi ancora indugiava a parlare. Voci esili, gridi sottili,
subito sopraffatti. Soffiati via, tutti: come foglie leggere, come pezzi di carta,
come capelli d'una chioma incanutita dagli anni o dal terrore». È il vento
della Shoah, del male assoluto: un angelo sterminatore che non risparmia,
ma che anzi colpisce a morte i figli d'Israele.
Nel romanzo di Bassani troviamo però un'altra occorrenza del termine
"vento". Esso compare, infatti, nel Prologo, vera ouverture nella quale lo
scrittore dispone con dovizia i motivi conduttori che daranno forma a tutto
il romanzo. Si racconta di una gita fuori porta, verso le tombe etrusche di
Cerveteri. Prima di giungere a destinazione, i personaggi si ritrovano
passeggiare lungo un «desolato arenile», che si profilava «sul deserto
azzurro e abbagliante del Tirreno». Essi vengono «investiti in pieno dal
vento» e camminano «con la sabbia negli occhi». Giannina, la bambina
della comitiva, è «elettrizzata» «dal vento , dal mare, dai pazzi mulinelli
della sabbia»: questa «bimbetta di nove anni», che rappresenta la figura
ideale più alta tra tutti i personaggi del romanzo, gioca con il vento, non
o teme e per questo è «allegra ed espansiva». Sembrerebbe dunque che
per il narratore ci sia qualcosa in grado di esorcizzare la violenza del vento. Giannina, infatti, rappresenta nel romanzo il lettore ideale, che è disposto
ad accogliere nel modo più profondo il racconto delle vicende di persone
che non ci sono più.
Giunti alla necropoli etrusca, Giannina chiede al padre per quale motivo le
tombe antiche facciano meno malinconia di quelle più nuove. Il padre le
risponde che «i morti da poco sono più vicini a noi, e appunto per questo
gli vogliamo più bene. Gli etruschi, vedi, è da tanto tempo che sono morti»,
«che è come se non siano mai vissuti, come se siano sempre stati morti».
Giannina, dopo una breve pausa riflessiva, afferma però che anche gli
etruschi sono vissuti e che quindi, avendo ascoltato il racconto del padre,
si sente di voler bene a loro come a tutti gli altri. Bassani, in questa pagina,
ci fa capire dunque che la forza del ricordo può vincere il silenzio dei secoli,
il silenzio imposto dal  vento.

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