mercoledì 7 ottobre 2015

88.Ancora Tagore

 Mi ricordo d’ un giorno

c’è un istante di tregua nella pioggia battente,
poi cade nuovamente,fitta e capricciosa,
come violentata da bruschi soffi.

Ho preso la mia arpa. Senza fretta
ne pizzico le corde  finché una musica incosciente
ha sposato  le cadenze folli di questo monsone.

Lei ha lasciato il suo lavoro,
s’è formata sulla porta
va via con passo incerto.
Poi torna,s’appoggia contro il muro,
aspetta,infine entra e lentamente si siede.
A testa bassa,si curva senza parlare,
ma ben presto lascia il suo lavoro ad ago
e guarda dalla finestra,verso la linea confusa
degli alberi

Solamente questo:un’ora di un tramonto piovoso,
un’ombra,un canto …  Del silenzio.
Da  Petali sulle ceneri.

119. Mi ricordo d’ un giorno

c’è un istante di tregua nella pioggia battente,
poi cade nuovamente,fitta e capricciosa,
come violentata da bruschi soffi.

Ho preso la mia arpa. Senza fretta
ne pizzico le corde  finché una musica incosciente
ha sposato  le cadenze folli di questo monsone.

Lei ha lasciato il suo lavoro,
s’è formata sulla porta
va via con passo incerto.
Poi torna,s’appoggia contro il muro,
aspetta,infine entra e lentamente si siede.
A testa bassa,si curva senza parlare,
ma ben presto lascia il suo lavoro ad ago
e guarda dalla finestra,verso la linea confusa
degli alberi

Solamente questo:un’ora di un tramonto piovoso,
un’ombra,un canto …  Del silenzio.
Da  Petali sulle ceneri.

120. Egli sussurrò:”Amor mio,alza i tuoi occhi.”
Lo rimproverai aspramente e dissi:”Parti”.
Ma lui non si mosse.
Rimase davanti a me ,tenendomi le mani.
Gli dissi:”Lasciami!”Ma lui non se ne andò.

Accostò il suo viso al mi
o orecchio.
Lo guardai e gli dissi:”Che vergogna!”

Ma lui non si mosse
Le sue labbra sfiorarono il mio viso. Tremando
gli dissi:”Come osi?”Ma egli non ebbe vergogna.

Mise un fiore tra i miei capelli. Gli dissi:
“E’ inutile!” Ma egli non si commosse.
Prese la ghirlanda dal mio collo
e mi lasciò. Ora piango  e domando al mio cuore:
“Perché non torna?
Da Il Giardiniere.”
121.I miei canti sono schiere di loto:
dove sono nati
non sono rimasti.
Sono senza radici,
ma hanno foglie e fiori.
Con la gioia della luce
danzano sulle onde delle acque.
Sono senza casa e senza raccolto,
come ospiti sconosciuti
s’ignora quando arrivano.
Quando viene luglio
su nubi indomabili,
sotto l’impeto della corrente
straripano le due rive:
la schiera dei miei loto,
indomabili, irrequieti,
sulle rapide impetuose
smarriscono la via.
Si disperdono di villaggio in villaggio,
in flussi e riflussi
da un luogo all’altro
in ogni direzione.
Surul, 12 gennaio 1915
Da Stormi nel cielo
122 Mentre passavano le stagioni
e le api frequentavano i giardini estivi,
la luna sorrideva nella notte ai gigli,
i lampi dardeggiavano ardenti baci
alle nuvole e ridendo sparivano …
Il poeta se ne stava in un angolo,
quasi una cosa sola con gli alberi e le nuvole.
Tenne il cuore in silenzio come un fiore,
vegliò nei sogni come fa la luna crescente …
E se ne andò vagando come la brezza estiva,
senza meta alcuna.
                                                                                  Da Palataka

Nessun commento:

Posta un commento