martedì 12 ottobre 2021

87.Le nuove generazioni non sembrano più fornire piena adesione al modello della negritudine.

 

Le nuove generazioni, successive a Senghor e Césaire, pur mantenendo la negritudine come punto di riferimento imprescindibile,non sono sembrate più unanimi nel fornire piena adesione.E,a questo proposito, abbiamo ben ascoltato il punto di vista di Dereck Walcott. Ma questo era accaduto anche nel Continente Africano,da subito,soprattutto in area anglofona,dove alcuni poeti come Christopher Okibo, erano arrivati anche a criticare aspramente il movimento della negritudine, visto come un mito con motivi pericolosi di retorica e genericità. Anche lui ha, tuttavia, usato l’inglese per la sua produzione poetica e si è impegnato politicamente fino alla morte in combattimento in Biafra.[1]

 

Fanciulla marina [2]

 

OCCHI APERTI sul mare,

Occhi aperti, del prodigo;

in alto verso lo zampillo del cielo

da dove cadranno le stelle.

Il segreto che non ho detto a nessun orecchio,

salvo ad una buca a terra, perché lo conservasse, non perché fosse sommerso  -

il segreto che ho piantato dentro la rena della spiaggia

 ora si rompe

la bianca-salata cresta dell’onda sulle rocce e su di me,

E GAMBERI E CONCHIGLIE

con un profumo denso di iodio-

fanciulla del vuoto salino,

compli-cremosa,

il cui segreto ho coperto con la sabbia …

Ombra di pioggia sulla spiaggia assolata,

ombra di pioggia sull’uomo con la donna

 

FULGIDA

Con il bagliore d’ascella di una leonessa

lei risponde,

tutta vestita di bianca luce;

e le onde la scortano,

la mia leonessa,

coronata di luce lunare.

 

UN’APPARIZIONE -

una miccia nel fiato del vento -

Un’apparizione di specchi.

Si tuffa …

Le onde la distillano;

messe d’oro

che sprofonda non colta.

Fanciulla d’acqua del vuoto salino,

cresciute sono le spighe del segreto.

 

ED IO che son qui abbandonato,

conto i granelli di sabbia abbandonata dalla furia dell’onda,

conto la sua benedizione, mia bianca regina.

Ma il mare che è passato riflette

Sul suo volto pieno di specchi

Non la mia regina, un’ombra spezzata.

Così io che conto nella mia isola i momenti,

conto le ore che mi porteranno

nel vento con la cenere degli angeli la mia perduta regina.

 

LE STELLE sono scomparse,

il cielo con il monocolo

sorveglia il mondo di sotto

le stelle se ne sono andate,

ed Io –dove sono Io?

Allungatevi, allungatevi, o antenne,

per stringere forte quest’ora,

riempiendo ogni momento in una

spezzata monodia.

 



[1] Christopher Okigbo  nasce nel 1932 a Ojoto, Nigeria Orientale. Completa gli studi all’ Università di Ibadan. Prima insegnante, poi direttore di una casa editrice in Nigeria, muore in Biafra in combattimento, nel 1967. La sua raccolta più nota, Heavensgate,  ruota intorno al sogno tumultuoso in cui si rivela “la mia leonessa”, del verso 23 di “Fanciulla marina”. I sentimenti si nascondono dietro il linguaggio oscuro che  mostra l’influenza della poesia modernista americana e europea, ma  il fascino delle sue liriche d’amore nasce soprattutto dal fatto che, dietro alla lingua inglese da lui usata, si sente palpitare una vita in cui la mitologia tribale africana si accompagna alla musica e ai ritmi nigeriani.

 

[2]Christopher Okigbo,”Fanciulla marina”, da Heavensgate(1961-62), in Voci d’Africa-poesia africana di lingua inglese .  A cura di Lucilla Sbicego; presentazione di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.. Nei brevi versi liberi di ”Fanciulla marina”, l’inglese è usato con musicalità insolita, e con frequenti allitterazioni. Il ritmo presenta leggeri accenti di staccato africano e l’intero componimento possiede una magica capacità evocativa. I riferimenti all’acqua e alla luce lunare accostano la Fanciulla marina alla dea-madre Idoto della religione Igbo, collegata a sua volta alla dea Iside, che aveva il titolo di “Leonessa della Sacra assemblea”. Tutte le  poesie di Okigbo sono state pubblicate postume nella raccolta Labyrinth, Heinemann, African  Writers  Series, 1971.

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