giovedì 7 ottobre 2021

82.Ecco perché l'uomo del deserto,il Tuareg,tiene in gran conto la poesia.

 

         Altro atteggiamento quello dell’uomo del deserto, del Tuareg nomade, che soffre la sua condizione solitaria. “La vita sociale, fatta essenzialmente di parole, si oppone al silenzio che lo racchiude. Forse anche per questo i Tuareg  tengono in gran conto la poesia. Permette di uscire dal silenzio di un universo senza interlocutori, dove è consentita soltanto una vita sociale con interlocutori immaginari.

           L’autore di poesia si propone come colui che procede  nel silenzio della steppa, senza nessuno con cui parlare, inquieto, verso una donna amata da cui non sa se riceverà favori oppure che va errando e geme sull’amara solitudine, in cui lo condanna la perfida crudeltà di lei.

         Raggiungere l’amata, quando gli è concesso, è per lui la consolazione, il premio che cancella ogni sofferenza.  Le si rivolge allora con:”...privato della tua presenza mi metteva in una tristezza che mi uccideva”. Risentire il morso della passione è, nella lingua poetica, avere l’anima che brucia, essere roso da una sete crudele. I favori accordati dall’amata - che si tratti dell’amplesso o di un dolce incontro nella penombra di una tenda -sono il modo di rinfrescare l’anima, il rimedio alla sete[1].

            Il  deserto fa nascere seti  reali e figurate. Talvolta le due seti si confondono e allora si vede il poeta supplicare   che lo “si irrori d’acqua, e che gli si dia da bere per placare i suoi tormenti.”

          Sullo schermo scorre la traduzione di questo nuovo frammento:

 “la sua pelle riluce come un campo su un rilievo che domina la pianura[2]

e al di sopra del quale la nuvola  gonfia si è rovesciata, in una pioggia regolare e  monotona, in mezzo ai lampi e mentre l’acqua scorre  in mille rivoli al suolo, abbeverando la terra  e lavandola …”       - Ecco allora  il poeta dipanare dolorosi dibattiti interiori, dove i pensieri inquieti che agita e che lo agitano, diventano parole di interlocutori immaginari personificati  come l’Amore, il Tormento.

          L’atteggiamento del curatore resta quello distaccato del contemplativo che non si lascia coinvolgere dalla realtà quotidiana. Ma l’attenzione del pubblico e il silenzio assoluto rendono l’attesa palpabile.

       -Il Desiderio si presenta sempre come un Demone che gli mormora parole che turbano i sensi, vantando il fascino di una Bella inaccessibile o ricordandogli perfidamente come gli fu favorevole un tempo. Amore, Tormento, Desiderio possono prendere consistenza fino a impadronirsi delle redini della sua montura!

        E  il pubblico partecipe si volge  e segue curioso lo scorrere della traduzione dei testi sullo schermo:spingo la mia montura ed eccola come se  non fossi più io  ,ma un diavolo imperioso che la conduceva[3]

altrettanto presto che lo farebbe una puledra dalla rapida corsa.

Mi dice:”Parliamo un po’ di un certo accampamento tra Sebia e Aselkam?”

“Dà un colpo di speroni e dice: ’Spingi il tuo cammello, che questo giorno non passi senza che tu abbia gustato la dolcezza di una pelle azzurrata d’ indaco e quella di un sorriso, più bello di una stoffa di pregio; il suo collo porta una collana d’argento e un pettorale cesellato, parures[4] che egli merita;quando tu alzi  gli occhi, vedi la sua guancia e il sopracciglio accordarsi,che un angelo sembra aver disegnato con un bastoncino di fard affilato.”  o anche:

 L’Amore e il Desiderio mi tirano con  una cavezza; dicono: [5]

-Peste a quest’uomo che non ha più intelligenza!

Afferra la tua cavalcatura, inforcala mentre tutti riposano,esci da questo deserto dove regna un fetido odore. Ti  condurremo verso una gota  sulla quale si consoleranno le tue pene”.

         -Da questi versi, dall’intensità quasi visionaria, facilmente si può scivolare per slittamenti successivi  impercettibili  fino al tema della follia. Insomma una poesia tuareg non è che ‘la canzone del Male- Amato’[6]:

Sono colui che ti ama, l’amore che ho per te[7]

È forte come un tempo ed oggi mi toglie la ragione,

 E mentre la mia anima si lacera,egli mi tormenta e mi consuma;

Non posso restare tranquillo e vado qua e là  senza sapere dove sono;

Tutte le notti vado senza scopo,incapace di  trovare la mia strada,

Seguendo le stelle  che si scorgono nella Via Lattea sull’orizzonte

Così facevo ancora l’ultima notte, all’ora in cui  la stella del pastore rende tremulo il suo splendore …”

        “Semi  di parole, seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i frutti”[8] –continua lo studioso-

        Un testo, trasmesso oralmente dalla viva voce dell’uomo, si costituisce, proprio in quell’istante, in un  unicum incomparabile. A questa unicità si deve la grande vitalità delle tradizioni orali, pur apparentemente fragili.



[1] Di Zwé Nguema, Frammento da “Un MVET”, Association des Classiques Africains et O.R.S.T.O.M.- Armand Colin éd. – Paris, 1972.Trad.di Maria Gabriella Bruni.

 [2] Poesia orale dei Tuareg, Frammenti, da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule Ed. du CNRS.1989. Trad. dal franc. di  Maria Gabriella  Bruni.

[3] Frammento da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule,  Op. Cit . Trad. di Maria  Gabriella Bruni.

[4] Ornamenti preziosi.

[5] Frammento da Graines de paroles, Ecrits  pour Geneviève Calame-Griaule. Op. Cit . Trad. di Maria Gabriella Bruni.

[6] Celebre poesia - lamento di Guillaume Apollinaire,poeta francese amico dei pittori cubisti che presentava ai Salons .

[7] Frammento da Graines de paroles.Op. Cit. Trad. di  Maria  Gabriella Bruni.

[8] Ibidem.

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