Riflessioni machiavelliche |
POESIE DI PEDRO SHIMOSE
(1980 - Sinopia, Venezia 2004
traduzione di Claudio Cinti)
traduzione di Claudio Cinti)
Quando nel 1980 arrivarono le Riflessioni machiavelliche,( pubblicato in Italia nel 2004 da Sinopia ed.), Shimose è nella piena maturità poetica, avendo già pubblicato sei raccolte, e dopo quasi un decennio d'esilio. Pur nel dolore che ovviamente permane, c'è stato un assorbimento del colpo, e si passa a una meditata "riflessione". Il libro allora è alimentato e sostenuto dalla cultura classica e rinascimentale dell'autore, si ragiona in modo lucido sulla politica, sugli uomini, sulla morte e, ancora, sull'esilio. Lo sguardo ora è più terso, quasi filosofico. Non a caso questa volta il collegamento con lo scrittore del passato avviene con Machiavelli, e si fa più diretto ed esplicito che in Quiero escribir, pero me sale espuma. Un dialogo serrato tra il pensatore fiorentino allontanato da Firenze e l'autore, che a volte gli cede la parola, lo lascia riflettere liberamente.
In Riflessioni machiavelliche tutto è centrato sul personaggio di Niccolò Machiavelli, (ma si citano molti altri pensatori, tra i quali, per esempio, Gramsci e Leonardo da Vinci), rivelato nei suoi aspetti più umani, nella sofferenza dell'esilio, eppure sempre lucido e profondo, anche quando descrive le fasi più semplici e umili della sua vita quotidiana:
Di buon mattino
s'alza,
esce a caccia di beccafichi,
vagola per il bosco,
osserva il lavoro de' legnaiuoli,
si siede presso le fonti
e legge i poeti
che gli parlano
di amori ed esilii.
Di questi
versi sorprende la lucidità e l'ironia che stempera il dolore, la riflessione
amara e pessimistica che sa mutarsi in saggezza, in quel flusso discreto
d'umorismo che come un corso d'acqua limpido (Shimose è cresciuto in mezzo a
due fiumi) attraversa e salda queste poesie intense, le purifica d'ogni
eccesso, d'ogni scoria. Per questo le poesie di Pedro Shimose calano giù come
fendenti di scimitarra, esatti, pieni di uomini e vicende, forti e civili: s'alza,
esce a caccia di beccafichi,
vagola per il bosco,
osserva il lavoro de' legnaiuoli,
si siede presso le fonti
e legge i poeti
che gli parlano
di amori ed esilii.
Ma la gloria a cui aspiro
non è l'elogio del critico che non stimo,
né l'alloro né l'accademia né i premi.
Poesia di
meditazione sulla cultura, la bellezza, la Storia, il significato
dell'esistenza e il bruciore dell'esilio, che non rifugge dai toni ironici
("La bontà / muove la lingua / di quanti mi calunniano"; "Se mi
domandano quale posto preferisco, / dirò che preferisco parlare di politica /
che vivere in Paradiso come un fesso") e malinconici in cui si avverte il
senso di solitudine di chi, come Shimose, ha vissuto sulla propria pelle la
persecuzione politica e lo sradicamento dalla madrepatria, dalla propria terra,
ma allo stesso tempo anche il sogno, l'utopia di una società migliore - non a
caso l'affinità con Machiavelli, non a caso il Rinascimento italiano, le
citazioni di Leonardo da Vinci e, soprattutto, il richiamo ad Antonio Gramsci. non è l'elogio del critico che non stimo,
né l'alloro né l'accademia né i premi.
Si parlava di solitudine, sì, ma quella di Shimose è una solitudine stoica e fertile, spesso ironica e sottilmente autoironica, in cui resistono la fiducia e l'ammirazione per l'uomo che ascolta, osserva e medita sul mondo e sulla vita, sul passato e sul presente, e che si apre ai giorni che verranno:
Parlare col silenzio.
Vedere
il sole che arde nella memoria
del futuro.
Per questo
nei testi delle Riflessioni machiavelliche spesso ci imbattiamo in versi
gioiosi e in attimi di felice abbandono, dove i colori forti e caldi dell'Amazzonia
abbracciano le linee perfette dell'architettura di Firenze, fondendosi con il
pensiero razionale, eppure così umano, di Machiavelli: il sole che arde nella memoria
del futuro.
Adesso voglio contemplare
il fiume.
Adesso voglio solo congedarmi e rammentare
l'amicizia delle palme.
Adesso, per favore, lasciatemi sorseggiare in pace
il buon mate di coca.
La poesia
di Pedro Shimose è più che mai attuale, quindi, visto i tempi d'instabilità e
vaghezze culturali, di guerre preventive e terrore, di sradicamenti dalla
propria terra, di frammentaria globalizzazione. E voglio chiudere riportando
gli ultimi versi d'una poesia di Quiero escribir, pero me sale espuma
che fa parte della silloge qui sotto proposta (e per l'occasione appositamente
tradotta) da Nicola Licciardello. Versi che racchiudono in poche parole la
bellezza e la tempra della poetica di Pedro Shimose: Adesso voglio solo congedarmi e rammentare
l'amicizia delle palme.
Adesso, per favore, lasciatemi sorseggiare in pace
il buon mate di coca.
Nell'esilio, lontano dalla
patria
la forza della nostra attesa.
Quiero escribir, pero me sale espuma
quiero decir muchísimo y me atollo; no hay cifra hablada que no sea suma, no hay pirámide escrita, sin cogollo. |
Voglio scrivere e mi esce solo
schiuma
voglio dire moltissimo e mi blocco; non c'è numero che non sia una somma, non c'è piramide senza un germoglio.
( traduzione di
Alessio Brandolini)
|
OPERE POETICHE DI PEDRO SHIMOSE:
·
1961,
Triludio en el exilio
·
1967,
Sardonia
·
1968,
Poemas para un pueblo
·
1975,
Caducidad del fuego
·
1976,
Al pie de la letra
·
1980,
Riflexiones maquiavélicas (in italiano Riflessioni machiavelliche, con
testo a fronte, a cura e traduzione di Claudio Cinti, Sinopia Libri, Venezia
2004, pp. 149, € 14,00)
·
1985,
Bolero de caballería
·
1988,
Poemas (raccoglie in un unico volume le precedenti raccolte)
·
1996,
Riberalta y otros poemas (primo libro pubblicato in Bolivia dopo 25
anni)
·
2000,
No te lo vas a creer
·
2003,
De naufragios y sonámbulos (antología poética)
continua
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