domenica 20 dicembre 2015

Ancora qualche pagina dell'antologia da sfogliare. 2

9.SOTTO IL BAOBAB E DINTORNI


           È stato bello rilassarsi un po’, mangiare loro due da soli evitando il momento in cui tutti i viaggiatori  sono accorsi nelle zone ristoro e poi stare ancora insieme in cabina a parlare un po’, ad ascoltarsi e ad amarsi teneramente. Ora, però, non possono mancare alla presentazione dell’antologia della poesia africana contemporanea. Zoé è incuriosita dalla piccola e audace casa editrice sudafricana  UNICORN che ha scelto questa occasione come vetrina delle sue ultime proposte. La poesia africana, poi, la interessa particolarmente. 
          L’editore è stato talmente contento dell’invito alla crociera per la promozione che si è portato tutto lo staff a sostegno del curatore che sta per cominciare la presentazione. Ed è  più che mai fiero della visibilità ottenuta e dell’interesse suscitato dalla  sua casa editrice che per  prima  si è occupata di raccogliere testi e di documentare, in modo articolato e ricco, lo stato della poesia africana contemporanea. Anche Gordon e Zoé sono, dunque,  nella grande sala conferenze, e come loro molti altri, curiosi di saperne un po’ di più di quell’oggetto misterioso che è la poesia del continente nero.
            -Per  far conoscere il cuore dell’Africa profonda non abbiamo potuto prescindere dalla poesia orale  - comincia in  tono sommesso, quasi scusandosi, l’anziano studioso, appena il brusio di fondo è diventato un silenzio pieno di attesa.
       -… quella poesia, cioè, accompagnata dal mvet[1], a proposito della quale Herbert  Pepper, il famoso etnomusicologo,  aveva sentito dire che alcuni poeti del Continente Nero erano capaci, nello spazio di una notte, di cantare un’opera integrale di loro composizione. È grazie a questa suggestione che egli  è poi riuscito a registrare il poema epico di Zwé Nguema [2], in un remoto villaggio del Gabon, non lontano dalla Guinea equatoriale, che il poeta stesso ha cantato, accompagnandosi con il suo strumento, durante una veglia.
      Eh, già, i notturni africani, sotto la chioma frondosa del baobab, dove la comunità del villaggio si raccoglie seduta sulle radici che disegnano una enorme ragnatela  legnosa, dove gli Africani raccontano, parlano, progettano,  dove il genio  africano si rivela nel divertimento collettivo.Cercherò di tracciare per voi le linee - guida del poema epico di Zwé Nguema per meglio permettervi di seguire il frammento originale che vado a proporvi.

       “ Il prologo ci presenta il popolo di Engong, i suoi antenati, i suoi valorosi guerrieri, il suo mago. E i due fratelli, personaggi di spicco: il condottiero che ha scelto l’orgoglio e il signore che ha scelto la ricchezza. Un giovane guerriero di un territorio vicino si sente da loro minacciato. La bellissima figlia del ricco signore, insensibile a migliaia di spasimanti chiede allo zio condottiero di deporre le armi, perché non potrà vivere se non sposerà il giovane avversario. Per  tradizione una richiesta così determinata non può essere rifiutata e la ragazza, accompagnata dalla madre, si avvicina al paese del giovane di cui è innamorata che, pur irritato, si mette in marcia con la moglie adorata, per incontrarla.
         La stravagante giovinetta, sotto le pressioni dei parenti e dell’intero villaggio ha intanto ceduto i suoi favori all’ennesimo affascinante pretendente, a condizione però che lui sia  l’amante di una sola notte. Incurante del  rifiuto esplicito di un rapporto stabile, egli  tuttavia si prepara a difendere la fanciulla che vuol fare sua. Gli attacchi cruenti e incrociati provocano una sorta di carneficina  progressiva, con le teste tagliate della moglie innamorata, della fanciulla  capricciosa, nonché dei guerrieri di entrambi i fronti”.
        Fuoricampo, la voce di Zwé Nguema intona i suoi versi accompagnato dal suo mvet, mentre sullo schermo scorre la traduzione del frammento del canto[3] con la  notte d’amore tra l’eccentrica giovane donna che si concede al suo ennesimo pretendente ponendo precise condizioni :
Frammento da  Un  Mvet:
          “Nkudang Medza M’Otughe andò a guardare a lungo Nsure Afane Obame per dirgli: non ti amo come un futuro sposo, non sei per me che  un amante. Non sono venuta per te , piango per uno solo, uno solo, uno solo che è Zong Midzi Mi  Obame. Mamma, dove vedrò il figlio di Obame? Nua a nyuo a nano a nano anano na mi. O mamma, o giovane del clan Okane, dove mi trovo?”
Nsure  Afane Obame la prese per il braccio. Poi se ne andò con Nkudang Medza  M’Otughe, tenendola sempre per il braccio alla ricerca di una capanna conveniente nel villaggio. Nsure Afane Obame aprì una grande capanna , spingendo il battente con il piede destro. Il battente cade nella capanna. Entrò nella capanna nello stesso tempo che il battente cadeva. Si tolse i vestiti che aveva e li appese. Quando Nsure Afane  ebbe tutto levato e tutto messo a posto,tu sai che prese  Nkudang Medza M’Otughe per il braccio, la fece piroettare come un gran lottatore  lo strumento durante i sui esercizi, e tu vedi che tutti e due caddero  lunghi distesi nello stesso tempo sul letto .  Lui prese la sua grossa gamba, la posò sulle sue cosce. La spinse dietro il letto, la spinse, e si potevano vedere soltanto due teste posate una accanto all’altra sulla traversa di bambù. Tiiziii!
Un assistente. – Ecco il vero mvet!
Seme Zok ha finito per suonare dolcemente.
Ebbene! Amico mio, finiranno per amarsi! Che c’è?Non si vedono più che le teste.
Non era che  un capriccio di donna  che lei ci mostrava lì. Oh! È così che le donne  hanno l’abitudine di fare agli uomini del mondo intero. Fanno agli uomini del mondo intero quel che noi facciamo a una scimmietta: tu l’insulti dicendole che ha una codina, che ha piccole orbite e  un tronchettino magro, ma quando è cotta, non si fanno storie (la si mangia con appetito).
Nsure Afane Obame dice (alla sua compagna):”Nel villaggio ho più decine di donne, sono del clan  Yemveng. Nella ottava decina  ci sono già nove donne, ma fin qui non avevo mai sposato una donna carina come te. Nkudang Medza  M’Otugh , di’ al tuo cuore che tu sei la mia sposa. Non voglio sposarti qui a Mikue e Menyung Eko Mbé, non ti voglio di nascosto. Andrò con te  fino a Engong Zoc Mebeghe Me Mba. Andrò a dire a tuo padre: “Dammi tua figlia!’Se rifiuta, ebbene, io ti prendo senza il suo consenso. È spesso così che io agisco. Se il padre di una ragazza crea difficoltà ,io rapisco. Se una ragazza si prende gioco di me, io la sposo».
Nkudang gli dice: ” Smetti di parlarmi, chiudi la bocca,taci …  Conosci i miei fratelli? Conosci  Obang Medza, M’Otughe, nipote del clan Ekoo Elaa Mvele?”

        La pulsione del desiderio, l’amplesso sono pudicamente evocati, coperti dalla traversa del letto che lascia vedere solo le due teste affiancate -riprende lentamente il presentatore- L’evocazione eufemistica dell’atto sessuale è una costante nella  poesia della tradizione orale africana, la cui cultura considera la sessualità non un assoluto, ma una  funzione naturale alla stregua del respirare  o del bere, che non  ha  quindi bisogno delle luci della ribalta. Interessante è piuttosto la caratterizzazione del personaggio maschile, sconcertato, intrigato, ma anche piccato per l’atteggiamento inconsueto della fanciulla cedevole e, insieme, decisamente  riottosa.
       Tipico di una comunità stanziale con gerarchie ben precise, che è assolutamente straordinario vedere violate.
         Altro atteggiamento quello dell’uomo del deserto, del Tuareg nomade, che soffre la sua condizione solitaria. “La vita sociale, fatta essenzialmente di parole, si oppone al silenzio che lo racchiude. Forse anche per questo i Tuareg  tengono in gran conto la poesia. Permette di uscire dal silenzio di un universo senza interlocutori, dove è consentita soltanto una vita sociale con interlocutori immaginari.
           L’autore di poesia si propone come colui che procede  nel silenzio della steppa, senza nessuno con cui parlare, inquieto, verso una donna amata da cui non sa se riceverà favori oppure che va errando  e geme sull’amara solitudine, in cui lo condanna la perfida crudeltà di lei.
         Raggiungere l’amata, quando gli è concesso, è per lui la consolazione, il premio che cancella ogni sofferenza.  Le si rivolge allora con:”...privato della tua presenza mi metteva in una tristezza che mi uccideva”. Risentire il morso della passione è, nella lingua poetica, avere l’anima che brucia, essere roso da una sete crudele. I favori accordati dall’amata  - che si tratti dell’amplesso o di un dolce incontro  nella penombra di una tenda -sono il  modo di rinfrescare l’anima, il rimedio alla sete”[4].
            Il  deserto fa nascere seti  reali e figurate. Talvolta le due seti si confondono e allora si vede il poeta supplicare   che lo “si irrori d’acqua, e che gli si dia da bere per placare i suoi tormenti.”
          Sullo schermo scorre la traduzione di questo nuovo frammento:

la sua pelle riluce come un campo su un rilievo che domina la pianura[5]
e al di sopra del quale la nuvola  gonfia si è rovesciata, in una pioggia regolare
e  monotona, in mezzo ai lampi e mentre l’acqua scorre  in mille rivoli al suolo,
abbeverando la terra  e lavandola …”

       - Ecco allora  il poeta dipanare dolorosi dibattiti interiori, dove i pensieri inquieti che agita e che lo agitano, diventano parole di interlocutori immaginari personificati  come l’Amore, il Tormento.
          L’atteggiamento del curatore resta quello distaccato del contemplativo che non si lascia coinvolgere dalla realtà quotidiana. Ma l’attenzione del pubblico e il silenzio assoluto rendono l’attesa palpabile.
       -Il Desiderio si presenta sempre come un Demone che gli mormora parole che turbano i sensi, vantando il fascino di una Bella inaccessibile  o ricordandogli perfidamente come gli fu favorevole un tempo. Amore, Tormento, Desiderio possono prendere consistenza fino a impadronirsi delle redini della sua montura!
        E  il pubblico partecipe si volge  e segue curioso lo scorrere della traduzione dei testi sullo schermo:

“… spingo la mia montura ed eccola come se  non fossi più io  ,ma un diavolo imperioso che la conduceva[6]
altrettanto presto che lo farebbe una puledra dalla rapida corsa.
Mi dice:” Parliamo un po’ di un certo accampamento
tra Sebia e Aselkam?”
“Dà un colpo di speroni e dice:’Spingi il tuo cammello,
che questo giorno non passi senza che tu abbia gustato la dolcezza di una pelle
 azzurrata d’ indaco e quella di un sorriso, più bello di una stoffa di pregio;
il suo collo porta una collana d’argento e un pettorale cesellato, parures[7] che egli merita;
quando tu alzi  gli occhi, vedi la sua guancia e il sopracciglio accordarsi,
che un angelo sembra aver disegnato con un bastoncino di fard affilato.”
o anche:
 L’Amore e il Desiderio mi tirano con  una cavezza; dicono: [8]
-Peste a quest’uomo che non ha più intelligenza!
Afferra la tua cavalcatura, inforcala mentre tutti riposano,
esci da questo deserto dove regna un fetido odore.
 Ti  condurremo verso una gota  sulla quale si consoleranno le tue pene”.

        -Da questi versi, dall’intensità quasi visionaria, facilmente si può scivolare per slittamenti successivi  impercettibili  fino al tema della follia. Insomma una poesia tuareg non è che ‘la canzone del Male- Amato’[9]:

Sono colui che ti ama, l’amore che ho per te[10]
È forte come un tempo ed oggi mi toglie la ragione,
 E mentre la mia anima si lacera,egli mi tormenta e mi consuma;
Non posso restare tranquillo e vado qua e là  senza sapere dove sono;
Tutte le notti vado senza scopo,incapace di  trovare la mia strada,
Seguendo le stelle  che si scorgono nella Via Lattea sull’orizzonte
Così facevo ancora l’ultima notte, all’ora in cui  la stella del pastore rende tremulo il suo splendore …”

       “Semi  di parole, seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i frutti”[11] –continua lo studioso-
        Un testo, trasmesso oralmente dalla viva voce dell’uomo, si costituisce, proprio in quell’istante,  in un  unicum incomparabile. A questa unicità si deve la grande vitalità delle tradizioni orali, pur apparentemente fragili.
       Articolare la parola equivale a quel che fa il vivente di fronte al caos dell’universo. Impone un ordine, per merito della sua vocalità, dello spessore corporeo da cui promana”[12]; il linguaggio insomma cerca di orientare: in questo senso, qualcuno arriva ad affermare che “la pratica della parola è, fondamentalmente, poesia.[…] La parola pronunciata si conquista sul silenzio, ne è tratta, vi ritorna, dopo essersi rivelata in mezzo a noi e averci rivelato l’ordine ultimo delle cose”.[13]
        Esiste, nella tradizione malgascia, un genere letterario, l’hain teny, che da tempo ha suscitato l’interesse affascinato degli stranieri. I missionari si erano dapprima affrettati a censurarlo, indignati nello scoprirvi  la presenza costante di una sessualità tranquilla. Poi Paul Paulhan[14] , durante il suo soggiorno malgascio all’inizio del Novecento, divenne capace di improvvisarne e di raccogliere e tradurre una selezione di quelli popolari autoctoni.
       Lo stesso nome crea  problemi: potrebbe essere tradotto con ”scienza e potere delle parole ”. In realtà esso  appartiene a quella forma elementare, universale, forse fondamentale, della poesia che è il canto alternato, ovvero poesia che si sviluppa attraverso parallelismi, opposizioni, rovesciamenti di due voci che si affrontano; è improvvisato da due rivali durante una gara poetica. Sono poesie d’amore  o, più precisamente, di disputa amorosa: rappresentano le avances del desiderio, i disincanti, gli inganni, le rotture.
        Li hanno  riportati alla ribalta nel 1968 la scoperta e la pubblicazione di preziosi manoscritti risalenti  al XIX secolo e, soprattutto, nel 1983, la tesi universitaria della stessa ricercatrice Bakoly Domenichini Ramiaramanana[15], che vent’anni prima li aveva scoperti.
       Ed ecco che un’ultima volta lo schermo bianco si rianima, riempiendosi dei caratteri che, ordinati in file  coese, come pazienti colonne di laboriose formiche, compongono, e  offrono alle persone convenute nell’ampio salone, il documento che conclude la sezione dell’antologia dedicata al canto orale tradizionale che rappresenta la vera identità del continente africano.

Quanto brontola  il temporale  sul Monte- degli- Immortali[16]
nel Paese-dei-Fanciulli fiorisce l’orchidea
scoppiano i pianti della Giovane–Tortorella
scoppiano  le risa di Chi- non –teme- la- ritorsione

Non esista per il lutto nessuna giusta ritorsione
Ma sia per l’amore la giustizia accordata.

        -Si scopre così la stratificazione di significati che mette in luce l’interpretazione dell’ archeologa del linguaggio. Il tuono sul Monte– degli- Immortali evoca le montagne che sbarrano l’orizzonte a sud di Tananarive e che la bruma ricopre spesso di un velo bluastro. Ma quello geografico è anche un  paesaggio mitologico: quel monte è la dimora degli Spiriti, degli dei e dei principi leggendari. E ancora: emerge il riferimento a un rito della vita tradizionale, la rinuncia, celebrata alla vigilia del nuovo anno, quando un’ultima volta si piangono i morti dell’anno, di cui il tuono solitario sulla montagna, si crede, fa  echeggiare un ultimo appello. Quel momento del cambiamento dell’anno è anche il momento in cui gli sposi separati si possono ritrovare per un ultimo ritorno d’amore. Si può infine individuare un’allusione d’ordine storico-politico. Il Monte raffigura metonimicamente le popolazioni che abitano le sue falde; il Paese–dei-Fanciulli la minoranza dissidente. La poesia ricorda così un momento essenziale della storia malgascia, mostrando la funzione di memoria collettiva dell’hain teny.
         Queste le suggestive atmosfere  dei canti orali sotto il baobab o nella steppa o lungo le rive dell’isola esotica, che mutano radicalmente se passiamo alla lettura dei poeti della diaspora o comunque a quelli che si esprimono in una lingua non africana o perfino  a quelli che si esprimono, ma per iscritto, nelle lingue dell’Africa -continua con  metodo l’ imperturbabile  curatore.
       - Ma  ascoltiamolo, con l’aiuto dei nostri giovani attori, il canto dell’erranza, direttamente da Alain  Mabancku[17], che viene dal  Congo, ispirato, ancora una volta, da un’esperienza vissuta  sulla propria pelle:
[…]
Un villaggio[18]

Sotto il cielo cinerino
la somma delle semine devastate
dall’ingratitudine perenne delle piogge

un ammasso di pietre

La terra svuotata  nel profondo
e rivoltata secondo le stagioni

i venti sollevano le spazzature
in un vortice

Restano tuttavia i ricordi
su quei pezzi di legno
a metà consumati

Restano la cenere
che cova il fuoco della reminiscenza
E quelle figure in piedi
ombre fra le ombre

Quelle figure che sfilano,
ombre fra le ombre

Quelle voci notturne  nei  cespugli
Quei branchi di cervi
che bramiscono lungo il fiume
Quegli scheletri di passeri
che si aggrappano disperatamente
sui fili spinati

Tutte quelle figure
ombre dopo ombre

Ecco la patria tutta nuda

[… ]
     
  ed è particolarmente interessante  constatare  come, in circa un decennio,  la nostalgia struggente e amara dell’Errante si sia nutrita dell’esperienza e si sia fatta consapevole dell’arricchimento :

[…]
Vendo all’altro secolo[19]
gli errori del mio destino sinuoso
rivendico il doppio volto
della mia identità esplosa col tempo

lacero qui ed ora
l’atto di nascita delle frontiere
per battezzare il nuovo spazio da conquistare

Vergognati di rintanarmi
in quel pezzettino di terra
e di darmi il tam-tam da percuotere

prendi dunque la tua Negritudine vuota
portala come viatico
soprattutto non dimenticare la tua zagaglia
e ancor meno la tua stuoia
ti aspettiamo qui
vestito di pelle di leopardo

non ho per agganci
che la somma delle intersezioni
gli echi di Babele
ecco il mio cippo nel cuore di un nuovo territorio
l’adozione mi  lega con radici sepolte
nel  più profondo di quell’essere da costruire giorno per giorno

tienti la tua autenticità  vuota  di senso
presta la tua voce al  Maestro
e vendi il mio territorio
per una modica somma
è quel che ci si aspetta da te

prendo all’uccello
l’incertezza del prossimo cespuglio

non so che tempo  sarà
dall’altra parte della migrazione
ma il mondo si apre davanti a me
ricco di incroci

che il volo mi porti
mi porti ancora lontano dal clamore
lontano dal cortile
lontano dai galli addestrati per il combattimento

non cambiare nome
ramificazione
restare uomo fino in fondo
finché gli alberi si radicheranno
nella terra

[…]
           
      L’uso delle lingue europee estende oltre il cerchio negro-africano la protesta, che è alla base di gran parte della produzione letteraria del Continente Nero. Lo aveva praticato Senghor, che si era anche preoccupato di tradurre numerosi canti orali tradizionali da più lingue africane. Lo avevano praticato i poeti della sua  generazione, soprattutto nei paesi di area francofona, che maggiormente erano stati toccati dal movimento della negritudine, come Jean-Baptiste Tati-Loutard[20]: 

Donna campanile.[21]

Ho voluto amarti come nel tempo moderno
Edificarti come una chiesa
Con vetrate che donano colori
Alla mia vita sbiadita;
Poi aggiungere come un dono di stalattite
Una vertebra al tuo collo d’anfora
O d’antica figlia di Jabbaren.
Avrei voluto vivere al riparo del tuo collo
Affinché il tuo volto sia il mio campanile
E suoni ogni giorno il mio desiderio.
      Le nuove generazioni, successive a Senghor e Césaire, pur mantenendo la negritudine come punto di riferimento imprescindibile,non sono sembrate più unanimi nel fornire piena adesione.E,a questo proposito, abbiamo ben ascoltato il punto di vista di Dereck Walcott. Ma questo era accaduto anche nel Continente Africano, da subito,soprattutto in area anglofona,dove alcuni poeti come Christopher Okibo, erano arrivati anche a criticare aspramente il movimento della negritudine, visto come un mito con motivi pericolosi di retorica e genericità. Anche lui ha, tuttavia, usato l’inglese per la sua produzione poetica e si è impegnato politicamente fino alla morte in combattimento in Biafra.[22]

Fanciulla marina [23]

OCCHI APERTI sul mare,
Occhi aperti, del prodigo;
in alto verso lo zampillo del cielo
da dove cadranno le stelle.
Il segreto che non ho detto a nessun orecchio,
salvo ad una buca a terra, perché lo conservasse, non perché fosse sommerso  -
il segreto che ho piantato dentro la rena della spiaggia
 ora si rompe
la bianca-salata cresta dell’onda sulle rocce e su di me,
E GAMBERI E CONCHIGLIE
con un profumo denso di iodio-
fanciulla del vuoto salino,
compli-cremosa,
il cui segreto ho coperto con la sabbia …
Ombra di pioggia sulla spiaggia assolata,
ombra di pioggia sull’uomo con la donna

FULGIDA
Con il bagliore d’ascella di una leonessa
lei risponde,
tutta vestita di bianca luce;
e le onde la scortano,
la mia leonessa,
coronata di luce lunare.

UN’APPARIZIONE -
una miccia nel fiato del vento -
Un’apparizione di specchi.
Si tuffa …
Le onde la distillano;
messe d’oro
che sprofonda non colta.
Fanciulla d’acqua del vuoto salino,
cresciute sono le spighe del segreto.

ED IO che son qui abbandonato,
conto i granelli di sabbia abbandonata dalla furia dell’onda,
conto la sua benedizione, mia bianca regina.
Ma il mare che è passato riflette
Sul suo volto pieno di specchi
Non la mia regina, un’ombra spezzata.
Così io che conto nella mia isola i momenti,
conto le ore che mi porteranno
nel vento con la cenere degli angeli la mia perduta regina.

LE STELLE sono scomparse,
il cielo con il monocolo
sorveglia il mondo di sotto
le stelle se ne sono andate,
ed Io –dove sono Io?
Allungatevi, allungatevi, o antenne,
per stringere forte quest’ora,
riempiendo ogni momento in una
spezzata monodia.

        Le generazioni successive ancora finiscono per prendere le distanze da un’ideologia che considerano ormai improponibile. La poesia non prescinde dal fatto che le condizioni storico-culturali siano mutate. Ancora una volta tra i paesi più rappresentativi per l’area francofona , il Congo, con Jean – Baptiste Tati-Loutard:

Vecchia radice.[24]

Il tempo mi ha traforato
Sono una vecchia radice
Da questa terra non mi puoi strappare
Bevevo solo l’idromele dell’alba
Il soffio lustrale del mattino
E guardavo l’Oriente aprirsi
Come un tarso di uccello
Ora prendo i giorni a ritroso
Mi sveglio quando il crepuscolo
S’insinua tra le case
Il tempo si fa uomo
Come un serpente di roccia
Il mio cuore è una terra scavata
Depone il mio disamore
Nei territori abbandonati
E colpisce alla schiena
Sulle colonne già chine
Sei venuta  mi avresti appagato
Il sangue della tartaruga delle savane
S’infiltra in tutti i miei slanci
Ricordo l’eclissi
Che ammiravamo insieme
La danza della coppia siderale
La parata nuziale del sole
E della luna
Tu sei cambiata sotto il cielo oscuro
Ti ritrovo uccello di città
Con un piumaggio melanico
Il freddo d’agosto s’insinua tra i nostri corpi
Per riemergere in fumarole
Il mondo sta per disfarsi
Presto restituiremo le nostre spighe
Alla terra dopo la rovina delle braci
E il desiderio ci rimane
Annuncia un nuovo germogliare
La corda dello sciacallo vibra ancora
Nel cane
E quest’amore non sarà più in noi
Che il pizzicore d’una cicatrice
Sono una vecchia radice
E da questa terra non mi puoi strappare.

      … e per quella anglofona la Nigeria con  Michael Echeruo [25]

Ninnananna.[26]

Ora il sole scende
Nella vallata
Dietro le palme
Gli stormi stanno per rientrare

Presto il canto del gallo
L’ultimo canarino al suo posto
Il quinto dito succhiato

Cani, montoni e bambini
Vicino al focolare
Si addormentano senza rimproveri
II
Quante lucciole volano
Nei tuoi occhi
Vicino alla sabbia delle danze
sotto una falce di luna
III
Il sole è passato
Nella scura vallata
Più lontano dei nostri amori/oltre …
Delle arcate di radici
dell’albero dei diavoli

Era il tuo pomeriggio
L’amore viveva nei tuoi occhi

Ora il sole è tramontato
la giovane luna si è alzata
falce così verginale.

         Anzitutto emerge la differenza  fra gli intellettuali anglofoni e francofoni. Ed era prevedibile. Se, infatti, la Francia  aveva mirato a  creare una classe dirigente nera, insegnando  con la lingua anche a pensare  e aveva selezionato con estremo rigore  l’élite da formare  nelle università parigine, la Gran Bretagna si era limitata a prestare la propria lingua . Per questo gli intellettuali africani anglofoni erano prevalentemente rimasti nei loro paesi, dove avevano potuto mantenere più stretti contatti  con le comunità autoctone e con la tradizione orale e avevano aspramente criticato i loro omologhi francofoni  per essersi  lasciati metropolizzare.
          Ed ecco allora, in Liberia, Bai T. Moore[27]. Con l’indipendenza è giunta l’ora decisiva per l’Africa. Nella sua opera poetica sembra voler far rivivere i sentimenti di quegli africani partecipi ancora del passato, ma nello stesso tempo protesi verso il futuro. Questo dualismo si rileva specie quando,seguendo la tradizione dei cantastorie tribali, compone poesie su temi di immediata attualità o di più vasto impegno morale e umano.

Lamento di un amante[28]

Fatuma! Anche se è difficile separarsi
Dai ricordi di amore leale
Non posso cambiare il cuore di tuo padre
La cui prova di ricchezza è la tua gioventù.
Speriamo che in qualche altro mondo
Io vinca ancora il tuo tenero amore
E ti porti una serena felicità.

        Mentre, anche nei paesi dell’area francofona, dove le influenze del movimento della negritudine  erano apparsi più sfumati come nel Gabon, la metropolizzazione delle personalità  più vivaci degli intellettuali africani produce effetti interessanti di contaminazione. Un buon esempio  è quello di Mangang-Ma-Mbuju Wisi[29]:

Ventaglio di colori[30]

Tramonto
falce di luce
dalle tinte ricche e velate
capelli a spazzola del mare
pettinati
e liane smaltate
della mia foresta-di alberi-sentimenti
tramonti d’aprile
ventaglio di colori pittorici
e simbolici
bianco cremoso
sapore orrendo d’aceto
come le labbra dell’Infedele
gialla gelosia
fiele e spirito
di tre cuori traditi e sfiduciati
bianco idealizzato
cuore- veleno di quella Fanciulla
che ha sbavato sui miei diciannove anni
viola
acredine dell’amante dello schiavo
e del povero
al tradimento, all’oppressione
alla sfortuna legata
cioccolata
amore -frantumi- corruttore
della leggera  Dédette - Edgarita
grigio scuro
dolorosa esperienza  di una madre
dalla disgrazia colpita
Avorio
sorriso velato della gioventù
dei miei tormenti d’adolescente
verde-bagliore
tappeto della spensierata infanzia
nel cuore della foresta ancestrale
azzurro
pensieri materni al galoppo
verso il Bambino delicato
rosa
calice-scrigno dove scintillano
i ricordi migliori di tre
amici
rosso
prua slanciata della barca
che falcia le onde della vita
tramonto-lampo
elleboro luminoso e magico
che scintilla e sotto il ritmo
del tam tam della speranza.
   
            Questo è il risultato. E bisogna  anche tener conto del fatto  che la presa di coscienza dei danni del colonialismo non era stata la stessa nei vari paesi africani: precoce in Camerun, Congo e Senegal; più  marginale in paesi come il Gabon , il Mali, la Repubblica Democratica del Congo( Zaire) e il Benin.È in quegli anni, ad esempio che   Maxime N’Debekha[31] scrive in Congo le sue poesie:

Fieri e begli uccelli [32]

Con ali giganti
Sulle cime dei miei capelli
Suonano canzoni
Dai colori di luce
Ebbrezza

Come una farfalla
Volteggio
Canzone di luce
Ancora più canti
E ancora più luce
Ecco giunta l’ora
Della specie nuova
Un genere umano  nuovo
Cesellato dalle verghe del sole
Specie nuova
Interamente e pienamente luce
Immensità infinita
Pura vergine pura
Degli uomini nuovi
L’albero del muro dei Federati
Fiorisce sulla carogna
Dell’Albero di Adamo ed Eva
E tu Amore Mio amore
A cui il nostro bambino
Leviga ogni mattino la fronte
Con una roccia di luce
Un chicco di sole
Attendo O quanto attendo
Che tu mi porti un giorno il Mio bambino
Con una brace di sole tra i denti.

           Bisogna inoltre essere consapevoli  del  divario economico  nei differenti paesi.
          Si determina così un concetto di cultura e letteratura plurima che aderisca alle particolarità etniche e alle diverse strutture dell’organizzazione culturale. Si cercano vie originali che si collochino tra posizioni militanti e intimiste, anche se, quando si parla di poesia in Africa, non si prescinde da una dimensione politica. È quanto accade
per esempio nella poesia di Véronique Tadjo[33] della Côte d’Ivoire[34]:

 Se tu fossi venuto-[35]

prima
non avrei riconosciuto
le tue mani d’ibiscus
e il tuo sorriso di sensazione
il maïs maturo
e i ritmi balafon[36]
avrei  camminato
attraverso gli anni
e passando davanti a me
la tua ombra mi avrebbe turbata

Tu sei come
ti avevo sognato
uomo-ninfea
sul lago della mia coperta
o vincitore che fulmina
l’antico letargo
tu sei spirito di maschera
che celebra gli iniziati
tu sei la terra rossa
fertile dei canti amari[…]

Cantami
la storia
dell’uomo-fatica
il suo sudore bruciante
e la terra troppo rossa
parlami
della donna coi seni pesanti
e il ventre a zucca
nella fornace riarsa
d’una notte senza domani.

Insegnami
i libri chiusi
e le mani tese
le speranze sbarrate
nell’oblio oscuro
 di una città  troppo imbellettata

Cosa poteva
attendere
dal sordo incamminarsi
verso l’orizzonte senza frontiera
quel baratro allucinante
quell’angoscia senza margine?
 Cosa poteva fare
dell’oppressione delle parole
del sangue a rompi fiato
brandelli di vita
passo a passo
ed è ancora un uomo
che muore sulla nostra soglia.

       Esiste tuttavia una coscienza poetica panafricana per cui il  poeta è sempre qualcuno dotato di veggenza e che emana l’essenza del popolo.
       Senza ombra di dubbio prima della scrittura viene la parola e gran parte del patrimonio letterario africano è fondato sulla potenza e  sulla bellezza  della  parola.
        A  Gibuti Omar Gode Bouh[37]canta in somalo le sue storie:

Siddeed sano [38]

Sono otto anni, Siraad, che ho perso il sonno
La sera non posso addormentarmi o mi sveglio di soprassalto
Se mi volgo alla preghiera la tua immagine si impone ai miei occhi
Tutte le donne non sono per me qualunque siano le loro qualità
fra le donne di questo secolo tu brilli come Sulekhaad
Non saprei dire se mi sarai salutare
Solo gli angeli in cielo e Dio lo sanno
Dio solleva gli ostacoli per chi pazienta
Noi seguiremo lo stesso cammino o tu hai un altro segreto
Dopo questo periodo sinistro ti porrò la domanda.

              Questo non vuol dire  però che la poesia scritta  e orale siano antitetiche, perché, anzi, interagiscono in quanto fonte dinamica, portatrici, ciascuna, della memoria dei popoli e del loro presente storico. Di più, interagiscono anche quando ad essere utilizzate sono le lingue europee, perché l’ibridazione, l’introduzione di neologismi, la produzione di una parola mutilata, disgregata, svuotata e infine ricomposta, danno  luogo a un processo di  ri-creazione che attribuisce nuova linfa, imprime una vitalità nuova anche alle lingue del Vecchio  Continente. Numerosi sarebbero gli esempi. Qui possiamo limitarci ad alcuni rappresentanti che si esprimono in francese, in inglese, in italiano e che appartengono alla diaspora; la prima poetessa nasce in Côte d’Ivoire ed è d’espressione francese: Pascale  Quao-Gaudens[39]

Le parole stuzzicano i suoi sensi[40]

Il verbo striscia nei suoi antri
       lei       desidera
            diffondersi
                  sentire la voce                                                                                 
                        del  suo canto
E la musica esclama :

Ritmo!
Il tuo corpo Karité
con un ancheggiamento
per vibrare in sorda insolenza

inarca le tue curve in un rituale
strega i suoi rifugi

senti la mia cadenza

              Innegabilmente riuscita l’ibridazione, l’impasto di echi ancestrali della natura africana coi suoi antri abitati dallo spirito della parola che serpeggia e striscia, ma anche da creature che ancheggiano e si inarcano in un rituale  che si mescola agli altri elementi per scandire il ritmo che affascina i sensi.
              La seconda nasce in Nigeria, vive in Belgio e pubblica a Washington,USA, in lingua inglese: Chika Unigwe [41] .

Seattle, Mercoledì delle Ceneri[42]

Mattoni e malta
Che si screpolano
Gli edifici oscillano
Danzano al suono di una musica silenziosa
Le sedie hanno fatto un giro
 di walzer sui pavimenti
“Mi concede questo ballo, signorina?”
Piedi che corrono
Cuori che battono forte
Implorando una fine
A questo terremoto.
Qui davanti al mio stomaco
Crebbe una luna
Gonfia e tonda
Tu mi promettesti la terra e tutto quello che c’è
Giurasti che avresti rubato il paradiso per me
E  avresti messo sotto la mia testa
Un cuscino di ricchezze
Ora
Mi  getti addosso parole
Impiastrando le mie guance
Con la cattiveria
del muratore al lavoro
Con un arnese ribelle
Prima io ero
La tua dea senza rivali
Ora sono la tua cagna scatenata

          Per lei l’atto sessuale è comparabile al terremoto, per la violenza emotiva che può sprigionare  ed è al centro dell’attenzione. Una sensibilità che molto si è allontanata dall’erotismo pudico dei cantori orali dei villaggi africani.
          Ndjock Ngana [43] dal  Camerun si ferma a Roma e scrive in italiano del suo paese, con ritmi che ancora ricordano quelli del nonno cantastorie:

Bellezza nera[44]

Amo il tuo sguardo di fiera
E la tua bocca dal gusto di mango
Rama Kam
il tuo corpo è pepe nero
Che attizza il desiderio
Rama Kam
Al tuo passaggio
La pantera è gelosa
Del caldo ritmo del tuo fianco
Rama kam
Quando danzi nel chiaror delle notti
Il  tam-tam
Rama Kam
ansima sotto l’uragano Dyun ung del griot
E quando ami
quando ami Rama Kam
È tornado che s’abbatte
e tuona
E colmo mi lascia del respiro di te
Rama Kam.

        Anche per lui l’esperienza sessuale possiede l’ energia furiosa del tornado.
        Resistono della tradizione africana, tuttavia, gli elementi forti della natura con cui l’uomo si confronta, ma il gesto sessuale e, più in generale, la sensualità erotica sembrano diventare un assoluto, un valore centrale dell’ispirazione poetica. Quasi un segno di omologazione che la diaspora ha imposto, anche attraverso l’uso di un’altra lingua. Analogamente  non esiste soluzione di continuità tra tradizione e modernità.
Nella tradizione orale risiedono valori storici, morali e socioculturali. Il villaggio ancestrale coesiste però con la città moderna, cornice di drammi legati alla miseria e all’emarginazione, connessi a scontri tra generazioni, provocati dal rischio di perdita di radici e di identità.
        In rapida successione propongo un poeta della Repubblica Democratica del Congo (Zaire) che compone in swahili. Di  Kalonda -ba-Mpeta-Mulongo VIII[45] :

Mi ricordo[46]

Mi ricordo
Il giorno in cui tutto si è ribaltato
Il mio cuore preso da inquietudine
Che batteva senza ritmo né misura
I miei occhi e i tuoi occhi
Si incontravano nella speranza

Mi ricordo

Il tuo corpo che si scaldava
Del calore del mio corpo
Ero senza voce
i miei occhi chiusi al mondo
Sensazioni strane in tutto il mio essere

Mi ricordo
Quel giorno indimenticabile
Quegli  istanti inafferrabili
come se tutto si fosse prosciugato in me
per l’alitare della tua vita
La visione s’è trasformata in immagine di viaggio
viaggiavo tra due colline             
al ritorno ho supplicato il Dio onnipotente
colui che può toglierci il respiro
Che ci immerge in un sonno profondo
I suoi occhi brillano come stelle
che ci illuminano nei nostri sogni
E quando la luce fuori risplenderà
Il Creatore della terra ci avrà colmato di benedizioni
Io mi ricordo …

    ...un poeta della Mauritania che si esprime in soninké:Usmane Mussa  Diagana [47].

Eccomi all’estero.[48]

Eccomi all’estero come una misera capra
a distillar veleno dal  mio corpo  la solitudine
non ho smesso di chiamarti in tutti i sensi
le mie orecchie non ricevettero che silenzio in risposta

eccomi all’estero come una successione di notti
la luna e le stelle si sono sciolte untuose
l’oscurità mi ha seppellito nella sua ultima dimora
eccomi all’estero come un  cannuccia  di paglia
                                come una foglia di mais
che volteggia nel vento alla maniera del fonio[49] che si batte.

       Un poeta dello Zimbabwe che usa lo shona accanto all’inglese è Julius Chingono[50]:

 Quando se ne andò via[51]

Si mise addosso colori audaci
Di fantasie spezzate
Come se fosse
In guerra con sé stessa.
La sua gonna amputata
flirtò con il vento
Un cappello decapitato
Tenuto da lacci sottili
Pendeva dietro
Al collo
Mentre  se ne andava via impettita
Sulle sue scarpe svettanti
Nel fiero fulgore
Del tramonto cittadino. 

La Solitudine[52]

Arriva in un letto vuoto
Tentando di  dividere con lei
 pensieri
su chi sei
sulla persona a cui tieni
Ricordando a te stesso
Le sue urla da incubo
la fragilità
Che lei atteggia
Quando tu la consoli.
Ricordando
la notte in cui lei ha litigato
Nei suoi sogni
Si è slogata il polso
Mancato la tua guancia
Per colpire la spalliera del letto.
Ricorda
Quando tu l’hai raggiunta
In una passeggiata nel sonno
Per svegliarla.

           ....e, infine, un poeta etiope  che si serve dell’amarico, anche se sa servirsi del francese e dell’inglese. È Solomon  Deressa[53]:

Cambio di velocità[54]

Io che nuoto
in   un sogno furtivo
all’ascolto del grido folle e muto dello spirito,
poiché il colore è assente
dipingerò il tuo tenero volto
con un soffio senza colore,
con dita-rampino su  un cavalletto vuoto di colore,
sotto la curva calma delle tue ciglia
due semplici, neri e terribili punti,

Te il cui amore non ha mai vacillato
te per cui io per sempre mi apro e mi lacero
con la punta della mia lingua rovinata

             E poiché la poesia affonda le sue radici nell’humus popolare, si presenta come una scacchiera di paesaggi, di sensazioni, di stati d’animo la cui costante cornice è però il Continente Nero.
            La cornice geografica è tuttavia anche profondamente mitifera, poiché il riferimento alla natura, più che descrittivo, tende ad essere una vasta e stratificata rete di simboli, di corrispondenze, che scaturiscono dall’animismo panteista dell’Uomo Africano. Un buon esempio lo abbiamo già incontrato con l’hain  teny malgascio.              La percezione magica della natura attraverso la poesia aiuta a ritrovare le proprie  radici, a riaffermare la dignità africana con la riappropriazione di sé e del mondo.
           Torna, con un testo suggestivo, Véronique Tadjo della Côte d’Ivoire:

Insegnami.[55]

Insegnami
l’aria dei prati azzurri
e soffia la mio orecchio
il tuo alito di principe
ci sono tante parole
sotto la polvere
tanti amori
nei cassetti.
Faccio fatica a credere che i fuochi della savana
siano spenti.

           Una poesia, insomma, quella africana  che non teme più l’interazione con l’Occidente ed è alla ricerca della sua nuova identità orgogliosa con la costruzione di metafore audaci, immagini folgoranti, ritmi cadenzati, straordinaria musicalità per esprimere echi  di  un DNA ancestrale, ma anche nuove lacerazioni, scissioni, tensioni e vibrazioni  che finiscono per costituire l’occasione per un’estetica del Diverso. Un esempio eloquente ce lo offre una poetessa contemporanea di espressione portoghese dell’Angola:Paula Tavares[56].

Mi hai disossata[57]

Mi hai disossata
            accuratamente
iscrivendomi
            nel tuo universo
            come una ferita
            una protesi perfetta
            maledetta necessaria
tu hai deviato le mie vene
            perché si svuotino
            nelle tue
            irrimediabilmente
in te un mezzo polmone respira
l’altro, che io sappia,
            esiste appena
                     oggi mi sono alzata presto
                     ho spalmato di tucala[58] e acqua fredda
                     il mio corpo infiammato
            non batterò il burro
            non metterò la cintura
                      IO ANDRO’
           verso sud a saltare il recinto. 

           È per tutte queste ragioni che è interessante analizzare con attenzione e in profondità le diverse suggestioni che, se ci sembra possano essere percepite immediatamente  diverse nel testo  scritto di un  poeta africaaner[59] e nel canto trascritto di un griot[60] bantu, possono invece riservare ugualmente sorprese di originalità dai tratti diversi anche quando l’autore della poesia, sia anglofono o francofono, perché erede- portatore  di due diverse sudditanze coloniali; soprattutto occorre guardare  in modo diverso a quei poeti che usano una  lingua europea  in  Africa, rispetto ai  loro omologhi anglofoni e francofoni della diaspora che, metropolizzandosi, hanno finito per assorbire elementi culturali non-africani e avere un rapporto di saudade[61] col proprio paese di origine.
          Qui di seguito due poeti che rappresentano le due anime del Sud Africa che dovrebbero essere subito percepite nella loro diversità profonda.
          L’una quella della cultura popolare orale dei griot[62] bantu, anche se l’autore, nel caso specifico, è uno studioso, che tuttavia si esprime prevalentemente in quella lingua  e si iscrive in quella tradizione culturale:Mazisi   Kunene.[63]

Addio[64]

Amata,addio …
Sostieni questi guizzanti sogni infuocati
Con le mani scheletriche della morte
Così che quando avanza l’arida notte
Tu possa sfidare i suoi  ostinati intrighi

Non badare dove noi ci voltiamo e agitiamo
 (Gli ululati potrebbero legarti al nostro dolore)
le cui zampe portano il dolore della vita.

Amata, addio
Anche il silenzio che ossessiona il meriggio
Canterà l’alterno tambureggiare della tua suprema gioia
dove sediamo accanto al focolare  rievocando i ricordi      
Disponendo le parti a completare ciascun giorno;
Con la consapevolezza tuttavia che il nostro è un ritorno di vuoto.

Addio,addio.
 
           L’altra, di una poetessa bianca, discendente dagli antichi colonizzatori, con un lungo periodo di esperienza canadese, che scrive in inglese: Ingrid de Kok [65].

Rammendo[66]

Dentro e fuori, indietro, dall’altra parte.
Il gesto rituale congiunge la stoffa.
I punti sono i versi di un chirurgo,
un sigillo cinese, la pantomima

della stampa. Poi traccia. Poi scia rossa.
Crescono croste, stigmate dal filo.
Cronaca di cotone congelato.
Istogramma di lividi e ferite.

La donna è intenta alla sua antica arte.
L’ago congiunge mentre sfreccia,
e sfregia, scrive, segna, sutura,
il rammendo invisibile del cuore.

Donna allo specchio[67]

Non sono la donna del treno
che si infila tra le gambe la tua mano
e poi guarda fuori dal finestrino

 Non sono la donna con i capelli color henné
in una strada di città, che senza una parola
ti chiama con un cenno, ti chiama.

e neppure la donna allo specchio
che ti guarda mentre la guardi
e il vetro  si appanna di fumo.

non sono la donna che ti stringe
mentre invochi i nomi di amanti perdute
come farai col mio.

Quella donna:
ripiegata, che ti offre il sesso
come una testa d’aglio, in cambio di niente;
quella che non lascia impronte,
che si nasconde nell’amuleto della tua protezione;
quella circondata dai fotografi
che stampano il suo duttile sorriso, la sua pelle:
quella donna.

Mi  metto da parte e la osservo,
vergine – vedova, bruciare sulla tua pira.
Acrobata che cade in una rete di cenere
tra le fiamme la sua bocca gocciola cera,
le sopracciglia si scorticano
il sesso scuce i suoi specchietti

La tua donna: cugina, sorella gemella.
tu vuoi che bruci, distante, muta.
io voglio salvarle la lingua, strapparla.

             Con  Ingrid de Kok  infine sembra di poter concludere su una dimensione culturale che, più che africana o occidentale, rappresenti  la globalizzazione della lotta delle donne per una condizione paritaria, la sensibilità  poetica di un autore che, più che della linfa della sua terra o delle sue esperienze esistenziali oltre i suoi confini, si sia nutrita delle sofferenze e  maturata con le tensioni del suo genere, gettando fertili semi di parole nel campo della storia per un futuro in cui  tutti i generi possano raccogliere frutti più dignitosi e maturi.
           Ma il vero completamento in realtà può essere meglio  rappresentato da alcune punture di spillo che vengono dalla lontana, solitaria e mitica isola Maurizio[68], tanto cara a Baudelaire, con i versi di Malcolm de Chazal[69] che, con acuta ironia intrisa di malizia sorniona, finiscono per ribadire ancora una volta quella capacità tutta africana dell’uomo di immergersi nel fluido della natura fino all’indistinto, alla totale perdita delle rispettive identità, alla percezione comune delle realtà. Dalla raccolta  “Senso magico”[70] mi piace citare i tre frammenti:

XCII                                                                                                      
L’ombra                                                                                               
dà del voi
alla luce
nei prati
e le dà del tu
nei boschi
                                                                                                          
DLXXVI                                                                                                             
L’acqua                                                                                                             
per pudore
stringeva
le cosce                                                                                                                   
il remo                                                                                                                  
passò                                                                                                                    
e la lasciò                                                                                                                                                                                                                            
vergine

XXV
“io ti amo”
disse la donna
- Fa’ attenzione
a non amarmi
 troppo
disse l’amante
perché torneresti
a te stessa
l’amore è rotondo[71]

       ...e  dal testo   aereo come le nuvole, fluttuante come le onde, colorato come impalpabili ali di farfalla, di Raymond Chasle[72], anche lui poeta mauriziano:“Calligramme[73]  
                                                         Calligramme de l' Île Maurice

           Dopo l’emozionante ascolto di tante diverse voci interpretate dal gruppo di attori,
 sullo schermo cominciano, intanto,  a scorrere, dopo il calligramma dell’Isola, gli ultimi 
testi di una folta schiera di  nuovi rappresentanti di espressione inglese della Nigeria
e dello Zimbabwe,  le cui pubblicazioni sono  molto recenti.  Il direttore della casa 
editrice, dopo aver ringraziato l’eminente studioso e il pubblico attento e generoso
di applausi, aggiunge qualche breve commento alle poesie che scorrono rapidamente
 alle sue spalle:

       -Ecco i versi recentemente pubblicati  di Niyi  Osundare[74]  della  Nigeria:

Adumaradan[75]

Il tuo amore mi sommerge
Come l’harmattan[76] travolge la calura
Prometterò mille favori al vento
Perché porti la mia voce alle tue orecchie

Adumaradan*[77]  vieni vicino a me
e potrai contemplare il meglio della mia persona

Da quando ho messo gli occhi su di te
Dal giorno in cui colsi per un attimo la tua bellezza
Il tuo amore mi  monta come un cavallo di venti selvaggi
Non posso dormire; il riposo si è allontanato dai miei occhi

Adumaradan  vieni vicino a me
e  potrai contemplare il meglio della mia persona

Adumaradan di inestimabile bellezza
Sei l’olio di palma, il meglio della zuppa
Sei il fulgore che proclama lo splendore dei denti
Sei  il legno rosso,[78] carminio nella casa della bellezza

Adumaradan, vieni vicino a me
e potrai contemplare il meglio  della mia persona

Cos’è il lavorio dell’uccello tessitore[79] se non costruire nidi meravigliosi
Cos’è il compito del granchio se non scavare buche nell’acquitrino
Qual è il lavoro dello scarabeo oltre all’assordante ronzio
Qual è il dovere dell’Amante se non versare miele nelle orecchie dell’ Amata?

Adumaradan, vieni vicino a me
e potrai contemplare il meglio della mia persona

Occhi -più bianchi-di monete nuove, con quella seducente spaziatura tra i denti[80]
Lei dalle natiche esuberanti,  quella -che orna- il suo busto- coi seni
Adufe**[81], paragone di bellezza così piena di saggezza
Vieni a giocare il gioco della gioventù libera
vicino a me
e potrai contemplare il meglio della mia persona

        o  i recentissimi versi pubblicati dal poeta dello Zimbabwe, Charles Mungoshi [82]:

 Il sesto anno[83]

Dovrebbe arrivare adesso
Tra pochi minuti
lontano dal freddo.
Mentre riscaldo il letto
Guardo a lungo il cumulo
Di mesi di biancheria sporca
In un angolo scuro della nostra stanzetta soffocante.
I miei piedi

Hanno scritto
Un chiaro messaggio
Dalla porta al letto
Sulla polvere accumulata
Da anni sul pavimento.
Quando entrerà
La guarderò a lungo
E –
come questo punto della nostra storia
ora richiede-
lei nemmeno vedrà il mio sguardo.

         Questi assaggi valgono, naturalmente, solo come suggerimento, nel  tentativo di
rappresentare le numerose sfaccettature di una realtà ricca, diversificata e in continua e
voluzione – le ultime testimonianze sono del 2006 e del 2008. Perché questo  è stato
 l’obiettivo principale della nostra antologia. Grazie ancora della vostra attenzione.

         Mentre  Gordon e Zoé tentano di immettersi nel lento fluire del pubblico verso l’uscita, 
il giovane editore che ha già accennato un saluto da lontano, si avvicina  e, dopo  essersi 
 presentato, si rivolge a Gordon:
       - Mr Fisher, le posso parlare?
       Quando più tardi Gordon la raggiunge al tavolo del ristorante è palesemente contento 
di rivederla, ma anche emozionato.  Zoé, che discretamente si era allontanata  per lasciarlo 
parlare con l’editore sudafricano, non resiste: - E allora? - le chiede curiosa.
       -Sei bellissima! - non può fare a meno di dirle, sia pure a bassa voce, sedendole accanto. 
      -Grazie, te ne sei accorto: era proprio l’effetto che volevo provocare!  Ma, allora?.. che 
ti doveva dire?



[1] Strumento che Hornbostel designò con il nome di arpa-cetra.
[2] “Un Mvet” di Zwé Nguema, poema epico orale con accompagnamento musicale, trascritto e registrato da Herbert Pepper, in un remoto villaggio del Gabon.
[3]  Di Zwé Nguema, Frammento da “Un MVET”, Association des Classiques Africains et O.R.S.T.O.M.- Armand Colin éd. – Paris, 1972.Trad.di Maria Gabriella Bruni.
[4] Ibidem.
[5] Poesia orale dei Tuareg, Frammenti, da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule Ed. du CNRS.1989. Trad. dal franc. di
 Maria Gabriella  Bruni.
[6] Frammento da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule,  Op. Cit . Trad. di Maria  Gabriella Bruni.
[7] Ornamenti preziosi.
[8] Frammento da Graines de paroles, Ecrits  pour Geneviève Calame-Griaule. Op. Cit . Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[9] Celebre poesia - lamento di Guillaume Apollinaire,poeta francese amico dei pittori cubisti che presentava ai Salons .
[10] Frammento da Graines de paroles.Op. Cit. Trad. di  Maria  Gabriella Bruni.
[11] Ibidem.
[12] Paul Zumthor, da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule’.  Op. Cit. Trad .di Maria Gabriella Bruni.
[13] Ibidem.
[14] Scrittore e critico francese del ‘900 che ha esercitato grande influenza sulla letteratura attraverso la celebre rivista NRF (Nouvelle Revue Française).
[15] Autrice della gigantesca ricerca  Du ohabolana au hainteny, Langue, Littérature et Politique à Madagascar, Ed.Karthala, Paris, 1983. 
Ohabolana può avvicinarsi al proverbio mentre l’hain teny è piuttosto una poesia popolare.
[16]Bakoly Domenichini –Ramiaramanana,” Quanto brontola  il temporale  sul Monte- degli- Immortali”. La versione malgascia di questo Hain teny è quella raccolta e stabilita da Bakoly Domenichini –Ramiaramanana sul prezioso manoscritto dell’epoca di Ranavalona I (1828-1861),da lei stessa scoperto nel 1968.L’analisi  sulla stratificazione di significati segue lo studio della stessa ricercatrice - Les traductions poétiques des hain teny  - in Colloque sur la traduction poétique ,Gallimard,1978.Trad. dal fr. di MariaGabriella Bruni. 
[17] Alain Mabancku nasce a Brazzaville, Congo, nel 1966. Insegna attualmente all’università della California, Los Angeles (USA).
Oltre ai romanzi, sue le raccolte di poesia: La Légende de l’Errance, L’Harmattan, Paris (1995); Les arbres aussi versent del larmes, L’Harmattan, Paris (1997); Quand le coq annoncera l’aube d’un autre jour, l’Harmattan, Paris (1999); raccolte tutte, con l’aggiunta di Le livre de Borìs, nell’antologia intitolata, come una nuova sezione della raccolta, Tant que les arbres s’enracineront dans la terre - edita prima da Memoires d’encrier,Canada (2004)-e, successivamente, da L’Harmattan, Paris (2007). Laureato del Prix des Cinq Continents de la Francophonie, del Prix Ouest-France/Etonnants Voyageurs, nonché del premio RFO del libro  e del Prix Renaudot per i suoi romanzi.
[18] Alain Mabancku ,”Un villaggio”, frammento da Présages,in  La Légende de l’errance , nella raccolta Tant que les arbres s’enracineront dans la terre .Op. Cit. Trad. dal franc. di Maria Gabriella Bruni.
[19] Alain Mabancku ,”Vendo all’altro secolo”, frammento da Tant que les arbres s’enracineront dans la terre , op.cit. Trad. dal franc. di Maria Gabriella Bruni
[20]Jean Baptiste Tati-Loutard nasce nel 1938 a Ngoyo,Congo. Frequenta le scuole secondarie nel suo paese presso i Marianisti, poi si laurea in Lettere moderne (1963) e in Italiano (1964) a Bordeaux, Francia; nel 1966 torna in Congo per insegnare all’Università di Brazaville. Presto abbandona l’insegnamento per l’amministrazione della cultura.  Ministro prima dell’università, poi della cultura negli anni ’70. Muore a Parigi nel 2009. Nel 1977 l’Italia gli ha conferito il premio Simba per l’insieme della sua opera: Poèmes de la mer,1968; Les racines congolaises, 1968 ; L’envers du soleil, 1970 ;  Les Normes du Temps ; Mont Noir ; Kinshasa (1974) ; Les feux de la planète, 1977 ; Le dialogue des plateaux, 1982 ;La tradition du songe,  in Présence africaine, Paris, 1985.
[21]Jean Baptiste Tati-Loutard, ”Donna campanile”. In Poesia africana -poeti sub sahariani di area francofona , a cura di Marie Josée Hoyet,ed. Ponte alle Grazie,1992. Dalla silloge Les Normes du Temps, . éd.Mont noir,Kinshasa, 1974.
[22] Christopher Okigbo  nasce nel 1932 a Ojoto, Nigeria Orientale. Completa gli studi all’ Università di Ibadan. Prima insegnante, poi direttore di una casa editrice in Nigeria, muore in Biafra in combattimento, nel 1967. La sua raccolta più nota, Heavensgate,  ruota intorno al sogno tumultuoso in cui si rivela “la mia leonessa”, del verso 23 di “Fanciulla marina”. I sentimenti si nascondono dietro il linguaggio oscuro che  mostra l’influenza della poesia modernista americana e europea, ma  il fascino delle sue liriche d’amore nasce soprattutto dal fatto che, dietro alla lingua inglese da lui usata, si sente palpitare una vita in cui la mitologia tribale africana si accompagna alla musica e ai ritmi nigeriani.

[23]Christopher Okigbo,”Fanciulla marina”, da Heavensgate(1961-62), in Voci d’Africa-poesia africana di lingua inglese .  A cura di Lucilla Sbicego; presentazione di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.. Nei brevi versi liberi di Fanciulla marina”, l’inglese è usato con musicalità insolita, e con frequenti allitterazioni. Il ritmo presenta leggeri accenti di staccato africano e l’intero componimento possiede una magica capacità evocativa. I riferimenti all’acqua e alla luce lunare accostano la Fanciulla marina alla dea-madre Idoto della religione Igbo, collegata a sua volta alla dea Iside, che aveva il titolo di “Leonessa della Sacra assemblea”. Tutte le  poesie di Okigbo sono state pubblicate postume nella raccolta Labyrinth, Heinemann, African  Writers  Series, 1971.
[24]Jean Baptiste Tati-Loutard, « Vecchia radice » .Da La tradition du songe in  Présence africaine, Paris,1985, in Poesia africana- poeti sub sahariani di area francofona. Op. Cit.
[25] Michael Echeruo  nasce nel 1937. Universitario e critico. Capo dipartimento d’inglese all’Università di Ibadan. Insegna poi inglese alla Syracuse University(N.Y).
[25] Michael Echeruo,”Ninnananna” ( Lullaby), da “West African Verse”-Longman-1967.Trad dall’ingl. di Etienne Galle: Berceuse in Poésie d’Afrique au sud du Sahara - 1945-1995, a cura di Bernard Magnier,.Actes Sud, Éditions UNESCO, 1995. Trad. dal fr. di Maria Gabriella Bruni.


[27]Bai Tamia Johnson Moore nasce a Gola fra Monrovia e Tubmanburg, Liberia. Ministro degli affari culturali del suo paese fino alla morte, che avviene a Monrovia nel 1988.
[28]Bai T. Moore,”Lamento di un amante”, da Voci d’Africa-poesia africana di lingua inglese, op.cit. Generalmente ogni fanciulla africana è un pegno di ricchezza per il capo –famiglia, in quanto il giovane che vuole ottenerla in sposa deve versare a quest’ultimo un considerevole quantitativo di beni o una certa somma di danaro. Si può supporre che l’autore non sia stato in grado di versare la somma richiesta.
[29] Mangang – Ma – Mbuju - Wisi nasce a Yidoumi, Gabon, nel 1948. Studia all’Università di Paris. Conduce poi  ricerche sulla tradizione orale in Africa.  Le crépuscule des silences, 1975, e Ainsi parlaient les anciens, 1980, sono le sue opere.
[30] Mangang-Ma-Mbuju Wisi,”Ventaglio di colori”, da  Le Crépuscule des silences, Oswald, Paris, 1972. . In Poesia Africana -Poeti sub sahariani di area francofona. Op. Cit.


[31] N’ Debekha nasce a Brazzaville nel 1944. Di formazione scientifica, scrittore precoce, a vent’anni era già uno dei poeti ufficiali della rivoluzione. Prima alla direzione degli Affari culturali del suo paese, poi Ministro dell’Istruzione, infine in prigione, a rischio della condanna capitale. Da anni in esilio a Parigi. Il testo è tratto da L’oseille et les citrons, Oswald, Paris, 1975. Sua anche la raccolta La Danse de Nkumba ensorcelée, -Publisud, Paris, 1988.

[32]Maxime N’Debekha,” Fieri e begli uccelli”, in Poesia Africana -Poeti sud sahariani di area francofona. Op. Cit.
[33]Véronique Tadjo nasce a Paris nel 1955. Viaggia tra Inghilterra, Usa e Côte d’Ivoire, dove insegna all’Università di Abidjan.- Latérite del1984 è il suo primo volume di poesia. Ha ricevuto il premio letterario dell’ACCT.
[34] Costa d’Avorio. Il Presidente della Repubblica Ivoriana ha chiesto ufficialmente di indicare il suo paese con la terminologia francese:”Côte d’Ivoire ”.
[35]  Véronique Tadjo ,” Se tu fossi venuto”, in  Poesia Africana -Poeti sub sahariani di area francofona, Op. Cit.
[36]  Sorta di xilofono, Balafong in Senghor.

[37]Omar Gode Bouh nasce intorno al 1930 a Gibuti. Poeta e cantastorie. Si esprime in somalo.
[38] Omar Gode Bouh,”Siddeed sano”(in somalo) (”Sono otto anni“ in italiano), in Bulletin des études africaines Vol.IX, 1992, INALCO (Paris). Trad. in franc. di Susanne Lilius  in Poésie d’Afrique au sud du Sahara , Op. Cit. trad. dal franc . di Maria Gabriella Bruni.
[39]Pascale Quao- Gaudens Clavreuil nasce nel 1963 ad Abidjan, Côte d’Ivoire. Illustratrice vive in Francia.
[40]Pascale Quao- Gaudens, ” Le parole stuzzicano i suoi sensi”, in Et …Sens, éditions Publisud,1988. Da Poésie d’Afrique au sud du Sahara,Op. cit.Trad dal franc.di Maria Gabriella Bruni.

[41]Chika  “Nina ” Unigwe nasce a Enugu, Nigeria, nel 1974. Attualmente vive a Turnhout, Belgio con il marito e i quattro figli. Si è laureata in lingua e letteratura inglese all’Università di Nsukku, Nigeria. Nel 2004, dottore in scienza della letteratura all’Università di Leida, Paesi Bassi. Dal 2007 è membro del consiglio comunale di Turnhout, per il partito cristiano-democratico.   
[42] Chika Unigwe,“Seattle, Ash Wednesday ”(Seattle, mercoledì delle Ceneri), 2007. Su  http://www.africanwriter.com/articles/41/1/Looking-out-the-Window---Poems-by-Chika-Unigwe/Page1.html ; Trad. dall’ingl. di Isabella Nicchiarelli.
[43] Ndjock Ngana, nato in Camerun nel 1952, vive in Italia, a Roma, e si esprime in italiano. Lavora come operatore interculturale ed è autore  di molti libri di poesie e racconti.
[44] Ndjock Ngana,”Bellezza nera”, dalla raccolta Nhindo nero, Edizioni Anterem, 1995, in lingua basaa con traduzione in italiano.
[45]Kalonda-ba-Mpeta-Mulongo VIII nasce nel 1947. Editore e autore, insegna all’università di Imbumbashi.
[46]Kalonda-ba-Mpeta-Mulongo VIII,”Nakumbuka” (Je me rappelle”in francese ; « Mi ricordo », in ital.), in Utenzi, ed.Uhuru, c.1990, Paris .Da Poésie d’Afrique au sud du Sahara. Op. cit. Trad. dallo swahili al franc. di Ngandu Nkashama.Trad.dal fr. in ital. di Maria Gabriella Bruni.
[47] Usmane Mussa Diagana nasce nel 1951. Insegnante, linguista, poeta e drammaturgo, si esprime in soninké e francese.
[48]Usmane Mussa  Diagana “Eccomi all’estero” ( U faayi tunan di=me voici à l’étranger). Tradotto dal soninké in francese dall’autore ;  in Notules de rêves  pour une symphonie amoureuse, testo inedito, da Poésie d’Afrique au sud du Sahara.Op. Cit.. Trad. dal francese di  Maria Gabriella  Bruni.
[49] Una sorta di cereale che si batte per liberarlo, con l’aiuto del vento, del rivestimento e recuperare il seme.
[50]Julius Chingono, figlio di minatore, nasce nello Zimbabwe  nel 1946, e diviene presto lui stesso brillatore di mine. È anche pastore Mufundisi della Chiesa Apostolica Tsitsidza Mwari.Comincia a scrivere poesia negli anni Sessanta, sia in Inglese che in shona, continuando a lavorare in miniera.  Pubblica romanzi e lavori teatrali; due raccolte poetiche in Inglese nel 1983  e nel 1996, ma la fama giunge soltanto nel  2006 in Sud Africa. La semplicità del suo linguaggio maschera la complessità, l’ironia e l’ambiguità dei suoi testi. Muore nel 2011.
[51] Julius Chingono,” Quando se ne andò via” (“When she left” , 1994),  pubblicata la prima volta su Zimbabwe PIW, in una edizione speciale, il 10 giugno 2008; su www.poetryinternationalweb.org. Trad. dall’inglese di Isabella Nicchiarelli.
[52]Julius Chingono,” La solitudine ”(“ Loneliness”), pubblicata su PIW nel 2003, copyright dell’Autore. www.poetryinternationalweb.org.  trad. dall’ingl. di Isabella Nicchiarelli.

[53]Solomon Deressa nasce nel 1937. Giornalista, insegnante, poeta e drammaturgo, scrive in amarico, inglese e francese.
[54]Solomon Deressa, « Cambio di velocità», dalla rivista African Arts, 1969, nell’antologia Poésie d’Afrique au sud du Sahara, op. cit. Tradotto dall’ingl. in franc. da Priska Degras, Shifting Gears. Tr. dal fr.in ital. da Maria Gabriella Bruni .   
[55]Véronique Tadjo ,” Insegnami”, dalla raccolta Latérite, 1984; -Hatier/CEDA, Paris. In Poésie d’Afrique au sud du Sahara ,op.cit. Trad .dal fr. di Maria Gabriella Bruni.
[56]Ana Paula Ribeiro Tavares  nasce a Lubango, Huila, Sud dell’Angola nel 1952. Storica, Segretario di Stato alla Cultura.
[57]Paula Tavares ”Mi hai disossata”, da  Ritos de passagem, UEA , 1985, Luanda. Trad. dal portoghese in franc. di Michel Labon per Poésie d’Afrique au sud du Sahara.Op. Cit. Trad. dal fr. di Maria Gabriella. Bruni.
[58] Tucala: polvere rossa, utilizzata come cosmetico.
[59] Poeta sudafricano bianco, discendente dai coloni olandesi.
[60] Poeta e musicista africano nero, che compone canti orali.
[61] Termine che indica un sentimento, tipicamente presente nella psicologia brasiliana, assimilabile alla nostalgia, ma spesso utilizzato anche da Léopold Sédar Senghor.
[62] Poeta e musicista africano nero, che compone canti orali.
[63]Mazisi Kunene nasce a Durban nel 1930, studia  all’università di Natal. Nel 1959 si reca  a Londra per ricerche sulla poesia zulu, per comporre un’opera epica secondo la tradizione zulu. Produce, scrivendo soprattutto in lingua bantu, e pubblica in parte in Sud Africa. Nel 1956 vince il premio per la letteratura bantu.
[64] Mazisi   Kunene,” Addio”,  in Voci d’Africa-poesia africana di lingua inglese .  A cura di Lucilla Sbicego; presentazione di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.
La raccolta originaria di queste poesie, pubblicata nel 1963 - Mazisi Kunene:Zulu Poems,Holmes & Meier -si ispira agli stessi temi della poesia in lingua bantu, ma nella forma questi versi rivelano l’influsso della poesia inglese contemporanea.
[65] Ingrid de Kok nasce nel 1951 a Johannesburg, Sudafrica. Nel 1983 torna dal Canada, dove si era stabilita nel 1970, in Sudafrica.  Dirige l’educazione per adulti all’Università di Capetown.
[66] Ingrid de Kok,”Rammendo”, da Mappe del corpo , a cura di Paola Splendore, Donzelli,2008.
[67] Ingrid de Kok,”Donna allo specchio”, da Mappe del corpo , a cura di Paola Splendore, Donzelli, 2008.

[68] L’isola ha aderito all’UOA (Organizzazione dell’Unità Africana) di cui ha espresso anche la Presidenza nel 1976. La sua realtà è multietnica, multiculturale e plurilinguistica, essendo 17 le lingue praticate nell’isola: l’hindi è parlato dal 40% della popolazione ed è lingua della comunicazione quotidiana come il creolo usato dal dal 32%,il francese dal 4,5%,(lingua di prestigio culturale e dei media),l’inglese 0,3% ( lingua dell’amministrazione), sono le quattro lingue che giocano un ruolo maggiore. I dati sono quelli dell’antologia da cui sono tratti i frammenti poetici presentati- tratti dalla sua opera ”Sens magique”, 1957, in Littératures nationales d’écriture française, Bordas éd., Paris,1986.
[69] Malcolm de Chazal nasce a Vacoas nell’ isola Maurizio, che ebbe a definire la sua eterna fidanzata, dove trascorse infatti gran parte della vita, se si eccettua il periodo di studi in ingegneria dello zucchero all’università di Baton -Rouge, Louisiana, USA. L’impegno nella lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori nell’industria dello zucchero lo portò a estraniarsi dall’industria di famiglia. Muore a Curepipe, sempre nell’isola, nel 1981. L. S. Senghor, incontrandolo su una spiaggia della sua isola nel ’73, gli dice: ”La prima volta che ho letto Sens  plastique , il vostro capolavoro, ho creduto che aveste sangue nero”. E Il Mauriziano risponde: ”Niente avrebbe potuto farmi altrettanto piacere. L’arte s’è rifugiata, è tornata alla fonte: in Africa e in India». Breton ebbe a dire di quest’opera: ”Inteso niente di così forte dopo Lautréamont».
[70] Malcom de Chazal, Sens Magique. Lachenal e Ritter rieditano nell’83 l’edizione che nel ’57 l’autore aveva autoprodotto. La traduzione dal francese dei frammenti è di Maria  Gabriella Bruni. 
[71] Malcolm de Chazal, Frammenti ” XCII, DLXXVI, XXV, da Senso magico, in   Littératures Nationales d’écriture française, Bordas éditeur, 1986.Trad. dal francese di Maria Gabriella Bruni.
[72] Raymond Chasle nasce nell’isola Maurizio nel 1930. Laureato in lettere a Londra, prima insegna, poi entra nell’amministrazione per rappresentare infine il suo paese all’UNESCO, dopo l’indipendenza dell’isola nel 1968.  Conclude la carriera come rappresentante dell’Isola all’ONU, infine alla CEE. Muore nel 1996. Ha scritto Versos interdits,  Oswald,Paris, 1970 e  L’Alternance des Solstices, Saint Germain des Prés, 1975,  Le  Rite et L’Extase, L’Etoile et La Clef éd.,Bruxelles,1976.
[73] Raymond Chasle, “Calligramme”, da L’Alternance des  solstices, 1975, in Littératures nationales d’écriture française ,Bordas éd., Paris, 1986, Saint-Germain-des-Prés,  Paris. Trad .di Maria  Gabriella Bruni: “L’alternanza dei solstizi”  Noi ci allontaniamo/alfabeto dei fiammeggianti coralli/io sono l’estate di un’isola/che circola nel tuo sangue/con le esplosioni/dei nostri corpi/folli dei tropici/attraverso l’espansione/ dell’universo/il tuo nome /scorre/ nelle mie vene/noi riprendiamo la nostra corsa/i confini arretrano/ma l’isola è promessa/bersaglio /offerto a onda australe>.
[74] Niyi Osundare nasce  nel 1947 a Ikere-Ekiti, Ekiti State, Nigeria. Poeta, drammaturgo e critico letterario, dal 1997 ha insegnato all’Università di  New Orleans. Si è trasferito negli USA per permettere gli studi ad una dei figli, affetta da sordità. Nelle sue poesie, il lessico esplicito del sesso viene tenuto sotto controllo in rispetto delle convenzioni sociali e delle tradizioni yoruba, cristiane e inglesi. Secondo gli Yoruba, si possono menzionare solo gli organi sessuali degli animali o usarli in allegorie (per es. pene = terza gamba; vagina = apertura del corpo). Soltanto durante le feste di Oke’badan, viene consentito l’ uso di un linguaggio privo di veli, ma con finalità catartiche. Il poeta usa dunque perifrasi, ma senza eufemismi, così che spesso i riferimenti sessuali, suo malgrado, diventano ancora più espliciti.
[75] Niyi Osundare,” Adumaradan”, da Tender Moments, Love Poems , University Press Nigeria, 2006; trad. di Isabella Nicchiarelli.
[76]Vento di terra, che inaridisce e brucia sulla costa della Guinea settentrionale. Soffia nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio.
[77] NOTA DELL’AUTORE: *Una-il cui colore Nero- è la bellezza della pelle.
[78] Che produce tintura rossa naturale.
[79] Uccello della famiglia dei Ploceidi.
[80] Diastema .
[81] NOTA DELL’AUTORE: **  Quella -per i cui favori -il mondo-gareggia.
[82] Charles Mungoshi nasce nel 1947 in  un villaggio vicino a Chivhu nel territorio di Manyene Tribal Trust, Zimbabwe. Scrive in shona e inglese.
[83] Charles Mungoshi, “Il sesto anno” (2008), pubblicata per la prima volta su PIW Zimbabwe, nell’ edizione speciale  del 10 giugno 2008; su www.zimbabwepoetryinternationalweb.org ; Trad dall’ingl. di Isabella Nicchiarelli.




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