22.Svezia
a.Harry
Martinson:
Harry Martinson nasce il 6 maggio del 1904 nel
Blekinge,regione della
Svezia meridionale. Quando il padre, capitano di lungo
corso e commerciante,
muore precocemente per tubercolosi, la madre incapace
di sostentare da sola
la famiglia, decide di abbandonare Harry che all’epoca
aveva solo sei anni e
altre sue cinque sorelle in Svezia, ed emigra in Amenrica portando con sé
solo
la figlioletta più piccola. Così Harry si ritrova
improvvisamente solo e sballottato
tra case d’accoglienza parastatali e famiglie di
contadini che lo accudivano a
spese dell’amministrazione comunale, la quale come
egli stesso scriverà “lo
vende all’asta” a chiunque lo prenda in affido per
godere del sussidio di
mantenimento del minore.Dal 1919 in poi, Harry inizia
a mantenersi lavorando dapprima in varie fattorie per poi decidere a soli
sedici anni di imbarcarsi come
mozzo su una nave cargo. Sulle navi farà carriera fino
a diventare fuochista, ma l’insorgere a ventitré anni della tubercolosi lo
costringe ad abbandonare quel
tipo di mestiere, mettendo definitivamente radici in
terra.A venticinque anni
sposa la trentanovenne giornalista e scrittrice
anarcosindacalista Moa Martinson,
che avrà una grande influenza sulla formazione del suo
pensiero politico e sulla
sua produzione letteraria. In quegli anni, dopo aver
collaborato alla redazione
i vari giornali anarcosindacalisti, Martinson diviene,
insieme a Lundkvist Artur
Nieos (teorico del gruppo), uno dei protagonisti
e fondatori del movimento d’avanguardia dei “Fem unga” (i cinque giovani), che dichiarava di perseguire
come ideale quello dell’ “adorazione della vita” (livsdyrkan) in tutte le sue
forme contemporanee, al fine di concertare un
rinnovamento artistico
attraverso il totale abbandono degli schemi di
tradizione e accademia
aderendo al gusto criptico e simbolico del
surrealismo, vissuto e riletto
attraverso metafore naturali dalla forte connotazione
regionalistica. Nel
‘31 pubblica la silloge “Nomad” (Nomade), mentre tra il 32 e il 33 pubblica
due opere in prosa, di forte matrice autobiografica e
di singolare innovazione linguistica:“Viaggi senza meta” e“Capo Farewell”. Del ’34 è la sua seconda
raccolta di poesie “Natura”, che conferma il successo ricevuto con Nomade;
mentre del ‘35 e del ‘36 sono rispettivamente “Le
ortiche fioriscono” e “La
via
d’uscita”, due struggenti prose
autobiografiche che raccontano i drammi
dell’infanzia e dell’adolescenza di Harry in Svezia.
Tra il 37 e il 39 scrive
diverse opere in prosa e il radiodramma “Il
pilota delle Molucche”, stampato
solo nel ‘54.
Nel’40 invece pubblica “Realtà fino alla morte”, opera in cui fa
una narrazione dettagliata della sua esperienza di
guerra in occasione della
“guerra d’inverno” in Finlandia.Nel ‘41 pubblica il
romanzo “Il giaguaro
perduto” che diventa occasione polemica per attaccare le
sovrastrutture
e il tecnicismo che andava sempre più caratterizzando
e disumanizzando
la civiltà contemporanea. Nel ‘45 esce la silloge “Venti
alisei”, che segna la
sua piena maturità poetica; mentre nel ‘48 pubblica un
nuovo romanzo
“La
strada verso Klockrike”, romanzo
storico ambientato alla fine dell’
Ottocento, che segna l’epopea del nomadismo attraverso
la narrazione
delle avventure del vagabondo Bolle, animato da
spirito di avventura, ma
anche da grande solidarietà umana, in contrasto con
l’individualismo e
l’alienazione dei tempi moderni;anche nel giovane
Bolle possiamo
intravedere reminiscenze autobiografiche dell’autore che,
ancora
ventunenne, fu imprigionato proprio per
vagabondaggio.Martinson
fu il primo fra gli autori “autodidatti e proletari”
ad essere riconosciuto
dalla Reale Accademia di Svezia di cui divenne membro
nel 1949. Più tardi,
nel ‘53, pubblica una nuova silloge di poesie, “Cicala”, mentre nel ‘54 riceve
la Laurea
honoris causa dall’Università di Goteborg.Del 56 è il suo poema
più conosciuto, “ Aniara”, in cui narra “una rassegna
dell’uomo nel tempo
e nello spazio” a bordo dell’astronave che dà il nome
al poema. In questo
lavoro Martinson descrive il viaggio interstellare che
l’umanità intraprende
alla ricerca di un nuovo mondo in cui rigettare le
basi per una vita nuova.
Il poema drammatico e simbolico verrà successivamente
trascritto in
libretto da Erik Lindegren e musicato da Karl Birger
Blomdahl.Tra il ’58 e
il ‘60 pubblica le raccolte di poesie “Le
erbe nella Thule” e “Il
carro”.Nel ’64
viene rappresentato a Stoccolma con la regia di Ingmar
Bergman, il suo
dramma “Tre coltelli da Wei”; tra il ‘71 e il ‘73 pubblica le sue ultime raccolte
di poesia “Poesie su luci e tenebre” e “Cespi” e nel ‘74 gli viene conferito il
Nobel per la letteratura “per
una scrittura che cattura le gocce di rugiada e
riflette
il cosmo”. Harry Martinson muore a Stoccolma
quattro anni dopo.
“Come poeta e
scrittore non ho un programma, in quanto è già abbastanza
difficile
essere uomo in un tempo come il nostro, un tempo in cui d’altronde non
mi sento a
mio agio. Ma v’è qualcosa che io amo: il mare, l’oceano, in ogni sua
espressione e le stelle – infatti l’astronomia è uno dei miei grandi interessi.
E
mare e stelle
cerco di riunire in me, in una sorta di navigazione spirituale, quasi
una legge
superiore che liberi dal nichilismo e dalle simulazioni. Ma ciò non
significa che
io rifugga dagli uomini: li accetto così come sono, alienati e troppo
diversi fra
di loro perché possano ancora illudermi. Hanno già mostrato come
possono
essere e quindi anche come potranno diventare, nel bene e nel male.
Il nostro ideale non deve essere la bonaccia che trasforma perfino il mare in
Il nostro ideale non deve essere la bonaccia che trasforma perfino il mare in
una palude, e
non dovrà essere neanche l’uragano, ma il grande, potente
aliseo, un
gigante colmo di gioia, frescura e vita: un eterno e continuo
rinnovamento
dell’aria.Per indole sono un romantico, un sensitivo, ma con
delle
disposizioni alla scienza. Gran parte della mia biblioteca si compone di
libri di
divulgazione scientifica e di storia: mi attraggono particolarmente
l’antico
Egitto e la Cina della dinastia dei T’ang. Ma mentre il mio interesse
per la storia
antica è profondo e costante, ritengo che certi avvenimenti di
altri periodi
siano inspiegabilmente ingigantiti nella coscienza umana.
Per me vale il detto “le cose grandi avvengono nel silenzio”. Forse proprio
Per me vale il detto “le cose grandi avvengono nel silenzio”. Forse proprio
in questo
momento alcuni scienziati stanno investigando in umile silenzio
per risolvere
un problema di importanza vitale: dove e come si troveranno
i mezzi per
sostentare in avvenire i miliardi di abitanti del globo terrestre. La
storia
abbonda di esempi di laborioso silenzio. Quando Galileo formulò le sue
leggi e
Newton elaborò il centro gravitazionale universale, non rullavano
certo i
tamburi nelle piazze.
Per quanto riguarda il significato di poeta e di poesia desidero innanzi tutto
Per quanto riguarda il significato di poeta e di poesia desidero innanzi tutto
precisare che
per me entrambi sono e restano “regionali”. Vi sono lingue
sempre
dominanti, perché appartenenti già dalle origini alla tradizione dotta
europea: come
tali presero il sopravvento sulle altre, che a loro volta persero
di importanza
o vennero del tutto trascurate. L’istruzione superiore europea
fu il carro
trionfale dal quale le principali lingue signoreggiarono, consolidando
sempre più le
loro posizioni; gli idiomi hanno sempre avuto i loro Herrenvoelker
agevolati
dalla struttura scolastica. Ma io sono convinto che questa situazione
cambierà; turismo,
film, televisione e altre possibilità di reciproca comprensione diminuiranno
l’efficacia di tutte le lingue. Le immagini e l’immediato contatto
con la realtà
favorito dai viaggi che spingono l’uomo sempre più lontano,
ridurranno le
lingue a un mezzo secondario di comunicazione. E’ probabile
che fra cento
anni non si leggano più neanche i giornali.
Ma la poesia sopravvivrà sia perché spesso tratta dell’amore (ditemi due
Ma la poesia sopravvivrà sia perché spesso tratta dell’amore (ditemi due
innamorati
che nel buio non si sussurrino versi d’amore), sia perché i
sentimenti
umani nelle loro più sottili espressioni non potranno mai
tradursi e
internazionalizzarsi completamente. La poesia è e sarà sempre
intraducibile,
resterà “regionale” anche se di tanto in tanto tenderà verso
altre fonti
d’ispirazione. Valori e sfumature nati nelle lande scozzesi non
potranno mai
essere percepiti con esattezza in Toscana o in Sicilia. Una
saga
norvegese raccontata in un oliveto greco non conserva che la trama
della
corrispondente leggenda popolare ellenica. E’ giusto che sia così e
così sempre
sarà. Ogni parte del mondo ha il suo fascino e la sua attrattiva
in quanto
straniera ed esotica alla gente d’altri paesi. Che accadrebbe se
la
letteratura di tutto il mondo si esprimesse solo in italiano o in inglese?
Non lo
sopporterebbero neanche gli italiani e gli inglesi, che vedrebbero
la loro
lingua assimilata da tutti ed esposta all’usura della comprensione
generale.Voglio
dire che le traduzioni si devono sempre intendere come
un
compromesso tra due regionalismi, il
proprio – e penso che questo
possa essere
contenuto entro certi limiti – e l’estraneo che costituisce
l’elemento
esotico.Naturalmente nelle collettività linguisticheminori v’è
sempre un
gruppo di petulanti “cosmopoliti” che sparlano del regionalismo
mentre poi
cercano di ispirarsi ad un regionalismo, italiano o francese.
Ma queste
velleità sono destinate a fallire. Nel migliore dei casi,non si può
essere altro
che messaggeri di se stessi: esibire qualcosa che veramente
ci
appartiene, anziché portare vasi a Samo o nottole ad Atene. Chi si
vergogna
delle proprie peculiarità (se ha la fortuna di averne) non è
degno di
essere chiamato poeta e dovrà accontentarsi di figurare fra gli
epigoni o gli
eclettici. Ma, appunto, questo nessuno se lo auspica e allora
non rimane
che ripiegare su quello che io chiamo il “regionalismo”.
E ora vorrei esprimere un giudizio, a mio modo, sulla presente raccolta. Le
E ora vorrei esprimere un giudizio, a mio modo, sulla presente raccolta. Le
poesie qui
tradotte sono “regionali” in senso svedese e italiano. Nel mio
lago svedese
v’è, per così dire, un’isola italiana dalla quale il traduttore
“interpreta”
il lago in italiano. Oltre non si può e non si deve procedere e io
sono ben
convinto che il mio amico Giacomo Oreglia ha dato un’ottima
interpretazione.
(H.M.)
***
Le erbe nella Thule
II.Il cimitero
Selve di fronde cingono il cimitero.
Dicono con la dolce voce dell’estate l’irrevocabile.
Nell’erba un vento cerca qualcosa di perduto.
Ma il tempo si è dileguato
attraverso i cancelli di ferro.
Dicono con la dolce voce dell’estate l’irrevocabile.
Nell’erba un vento cerca qualcosa di perduto.
Ma il tempo si è dileguato
attraverso i cancelli di ferro.
*
dalla raccolta “Nomade”
**
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