lunedì 12 settembre 2016

Rispetto

                                                         

 da " Canti e narrazioni degli Indiani d'America", Guanda ed.1978


Frammenti dall'introduzione di Franco Meli:

Rispetto

La cultura euro-americana palesa in modo inequivocabile una
cronica indisponibilità al confronto e alla comprensione della
realtà offerta dalla presenza indiana nell'emisfero occidentale.
La criminalità culturale dell'occidente non ha mai concesso e
continua a non accordare alternative all'altro  - inteso più come
entità etnica che singola individualità - e ne restringe sempre
più gli ambiti vitali, sia fisici che culturali. Una gamma composita
di stereotipi ha creato la falsa immagine, ha deformato la civiltà
degli Indiani, li ha disumanizzati e ha legittimato l'espropriazione
delle loro terre, attuata per mezzo di un genocidio, ieri, di un
etnocidio, oggi.
Di estremo valore è la loro testimonianza  in quanto hanno saputo
valutare realisticamente il nostro sviluppo materiale e l'ideologia
che lo hanno sorretto, conosciuti finno alle conseguenze ultime.
Hanno dovuto intrattenere rapporti stabili e duraturi con tutti gli
 esponenti del mondo dei bianchi - politici, militari, religiosi,
studiosi, commercianti, coloni, vagabondi ed emarginati, la cui
eterogeneità è falsa e ingannevole perché rispetto all'altro si
tramuta in solida compattezza - e hanno percepito senza incertezze
le motivazioni di fondo della razionale  trasformazione del mondo,
obiettivo della civiltà occidentale  e radice della fatua presunzione
che aleggia sul nostro orizzonte.
       L'accusa più lucida  e pregnante proviene da Sitting Bull  che,
tralasciando ipocrisie ed eufemismi, ha colto nel segno ponendo
l'accento sul nostro patologico desiderio di possesso.[...]
E' ovvio dunque che lo sguardo rivolto agli indiani non è
nostalgica rivisitazione  di un passato arcaico né esotico
primitivismo, ma riconoscimento indifferibile di un popolo da
sempre calpestato; è conoscenza obbligatoria per la costruzione
di un futuro migliore, definitivamente affrancato da valori
artificiali e falsi miti messaggeri di sopraffazione e  annientamento.
[...] Ma gli indiani tradizionalisti continuano a frapporre una
indisponibilità che riecheggia gli aneliti dei padri alla sovranità
nazionale ,al diritto di autodeterminazione e indipendenza.
Essere indiani tradizionalisti non significa auspicare un ritorno
allo stile di vita dei secoli passati - ovviamente impossibile - e
nemmeno negare i reali ,effettivi benefici della civiltà occidentale
bensì di esprimere la volontà di mantenere e rafforzare l'integrità
culturale e politica, la visione del mondo e il senso/ruolo che
 l'indiano in esso può svolgere. Comporta di non disconoscere
 che il mezzo più importante  di comunicazione  è la persona, a
 cui tutto deve essere rapportato perché questo è il modo più
soddisfacente di risolvere i problemi dell'esistenza  e di assaporare
la vita .E' infine riconoscimento della correlazione tra tutte le aree
di intervento umano -religione, scienza, medicina, politica, arte ecc.-
e concretizzazione  di un'esistenza non angustamente antropocentrica
ma disposta ad accordare rispetto a tutti gli esseri viventi che
popolano la terra.[...]
"La notte, quando le strade delle vostre città e i villaggi sono
immersi nel silenzio  e sono deserti, ritorneranno numerosi gli ospiti
che qui avevano la loro dimora e che ancora amano questa terra
meravigliosa .L'uomo bianco non sarà mai solo"(Parole profetiche
di un grande leader indiano nel 1855 in occasione del costituendo
 stato di Washington)".E Leslie Fiedler, memore del significato
profondo di queste parole, ha ripercorso la presenza costante dell'
indiano in quella forma di elevata consapevolezza che è la
letteratura.ma ora la prospettiva con la quale  si è costituita la
mitologia americana si sta ribaltando; la razza disparente  non è
 più quella indiana, ma  è l'uomo bianco che rischia l'estinzione
e l'annientamento. Il confronto, il rispetto del mondo indiano
divengono l'antidoto alla decadenza e alla fine.
Ma se l'indiano si configura come salvezza ultima del bianco,
non lo è più nei termini della classica tradizione letteraria
americana; non più gratuito olocausto- privo di conseguenze sarebbe
ora il suo sacrificio - ma voce capace di indicare una via ad una
rigenerazione certamente pressante, forse non più differibile.
Voce che richiede uno scandaglio preciso della nostra cultura, di
noi stessi, in definitiva, e un incontro che si tramuti in un momento
per esplorare e liberare tutte le possibilità insite nella condizione
umana - la nostra e l'altra -affrancate dalle limitazioni che
imprigionano entrambe.[...]

                                  continua

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