9.SOTTO IL BAOBAB E DINTORNI
È stato bello rilassarsi
un po’, mangiare loro due da soli evitando il momento in cui tutti i
viaggiatori sono accorsi nelle zone
ristoro e poi stare ancora insieme in cabina a parlare un po’, ad ascoltarsi e
ad amarsi teneramente. Ora, però, non possono mancare alla presentazione
dell’antologia della poesia africana contemporanea. Zoé è incuriosita dalla
piccola e audace casa editrice sudafricana
UNICORN che ha scelto questa occasione come vetrina delle sue ultime
proposte. La poesia africana, poi, la interessa particolarmente.
L’editore è stato talmente
contento dell’invito alla crociera per la promozione che si è portato tutto lo
staff a sostegno del curatore che sta per cominciare la presentazione. Ed
è più che mai fiero della visibilità
ottenuta e dell’interesse suscitato dalla
sua casa editrice che per prima
si è occupata di raccogliere testi e di documentare, in modo articolato
e ricco, lo stato della poesia africana contemporanea. Anche Gordon e Zoé sono,
dunque, nella grande sala conferenze, e
come loro molti altri, curiosi di saperne un po’ di più di quell’oggetto
misterioso che è la poesia del continente nero.
-Per
far conoscere il cuore dell’Africa profonda non abbiamo potuto
prescindere dalla poesia orale -
comincia in tono sommesso, quasi scusandosi,
l’anziano studioso, appena il brusio di fondo è diventato un silenzio pieno di
attesa.
-… quella poesia, cioè,
accompagnata dal mvet[1],
a proposito della quale Herbert Pepper,
il famoso etnomusicologo, aveva sentito
dire che alcuni poeti del Continente Nero erano capaci, nello spazio di una
notte, di cantare un’opera integrale di loro composizione. È grazie a questa
suggestione che egli è poi riuscito a
registrare il poema epico di Zwé Nguema [2], in
un remoto villaggio del Gabon, non lontano dalla Guinea equatoriale, che il
poeta stesso ha cantato, accompagnandosi con il suo strumento, durante una
veglia.
Eh, già, i notturni africani,
sotto la chioma frondosa del baobab, dove la comunità del villaggio si
raccoglie seduta sulle radici che disegnano una enorme ragnatela legnosa, dove gli Africani raccontano,
parlano, progettano, dove il genio africano si rivela nel divertimento collettivo.Cercherò
di tracciare per voi le linee - guida del poema epico di Zwé Nguema per meglio
permettervi di seguire il frammento originale che vado a proporvi.
“ Il
prologo ci presenta il popolo di Engong, i suoi antenati, i suoi valorosi
guerrieri, il suo mago. E i due fratelli, personaggi di spicco: il condottiero
che ha scelto l’orgoglio e il signore che ha scelto la ricchezza. Un giovane
guerriero di un territorio vicino si sente da loro minacciato. La bellissima
figlia del ricco signore, insensibile a migliaia di spasimanti chiede allo zio
condottiero di deporre le armi, perché non potrà vivere se non sposerà il
giovane avversario. Per tradizione una
richiesta così determinata non può essere rifiutata e la ragazza, accompagnata
dalla madre, si avvicina al paese del giovane di cui è innamorata che, pur
irritato, si mette in marcia con la moglie adorata, per incontrarla.
La stravagante giovinetta,
sotto le pressioni dei parenti e dell’intero villaggio ha intanto ceduto i suoi
favori all’ennesimo affascinante pretendente, a condizione però che lui
sia l’amante di una sola notte.
Incurante del rifiuto esplicito di un
rapporto stabile, egli tuttavia si
prepara a difendere la fanciulla che vuol fare sua. Gli attacchi cruenti e
incrociati provocano una sorta di carneficina
progressiva, con le teste tagliate della moglie innamorata, della
fanciulla capricciosa, nonché dei
guerrieri di entrambi i fronti”.
Fuoricampo, la voce di Zwé
Nguema intona i suoi versi accompagnato dal suo mvet, mentre sullo schermo scorre la traduzione del frammento del
canto[3]
con la notte d’amore tra l’eccentrica
giovane donna che si concede al suo ennesimo pretendente ponendo precise
condizioni :
Frammento da Un Mvet:
“Nkudang
Medza M’Otughe andò a guardare a lungo Nsure Afane Obame per dirgli: non ti amo
come un futuro sposo, non sei per me che
un amante. Non sono venuta per te , piango per uno solo, uno solo, uno
solo che è Zong Midzi Mi Obame. Mamma,
dove vedrò il figlio di Obame? Nua a nyuo a nano a nano anano na mi. O mamma, o
giovane del clan Okane, dove mi trovo?”
Nsure Afane Obame
la prese per il braccio. Poi se ne andò con Nkudang Medza M’Otughe, tenendola sempre per il braccio
alla ricerca di una capanna conveniente nel villaggio. Nsure Afane Obame aprì
una grande capanna , spingendo il battente con il piede destro. Il battente
cade nella capanna. Entrò nella capanna nello stesso tempo che il battente
cadeva. Si tolse i vestiti che aveva e li appese. Quando Nsure Afane ebbe tutto levato e tutto messo a posto,tu
sai che prese Nkudang Medza M’Otughe per
il braccio, la fece piroettare come un gran lottatore lo strumento durante i sui esercizi, e tu
vedi che tutti e due caddero lunghi
distesi nello stesso tempo sul letto .
Lui prese la sua grossa gamba, la posò sulle sue cosce. La spinse dietro
il letto, la spinse, e si potevano vedere soltanto due teste posate una accanto
all’altra sulla traversa di bambù. Tiiziii!
Un assistente. – Ecco il vero mvet!
Seme Zok ha finito per suonare dolcemente.
Ebbene! Amico mio, finiranno per amarsi! Che c’è?Non si
vedono più che le teste.
Non era che un
capriccio di donna che lei ci mostrava
lì. Oh! È così che le donne hanno
l’abitudine di fare agli uomini del mondo intero. Fanno agli uomini del mondo
intero quel che noi facciamo a una scimmietta: tu l’insulti dicendole che ha
una codina, che ha piccole orbite e un
tronchettino magro, ma quando è cotta, non si fanno storie (la si mangia con
appetito).
Nsure Afane Obame dice (alla sua compagna):”Nel villaggio
ho più decine di donne, sono del clan
Yemveng. Nella ottava decina ci
sono già nove donne, ma fin qui non avevo mai sposato una donna carina come te.
Nkudang Medza M’Otugh , di’ al tuo cuore
che tu sei la mia sposa. Non voglio sposarti qui a Mikue e Menyung Eko Mbé, non
ti voglio di nascosto. Andrò con te fino
a Engong Zoc Mebeghe Me Mba. Andrò a dire a tuo padre: “Dammi tua figlia!’Se
rifiuta, ebbene, io ti prendo senza il suo consenso. È spesso così che io
agisco. Se il padre di una ragazza crea difficoltà ,io rapisco. Se una ragazza
si prende gioco di me, io la sposo».
Nkudang gli dice: ” Smetti di parlarmi, chiudi la
bocca,taci … Conosci i miei fratelli?
Conosci Obang Medza, M’Otughe, nipote
del clan Ekoo Elaa Mvele?”
La pulsione del desiderio,
l’amplesso sono pudicamente evocati, coperti dalla traversa del letto che
lascia vedere solo le due teste affiancate -riprende lentamente il
presentatore- L’evocazione eufemistica dell’atto sessuale è una costante nella poesia della tradizione orale africana, la
cui cultura considera la sessualità non un assoluto, ma una funzione naturale alla stregua del
respirare o del bere, che non ha
quindi bisogno delle luci della ribalta. Interessante è piuttosto la
caratterizzazione del personaggio maschile, sconcertato, intrigato, ma anche
piccato per l’atteggiamento inconsueto della fanciulla cedevole e, insieme,
decisamente riottosa.
Tipico di una comunità stanziale con
gerarchie ben precise, che è assolutamente straordinario vedere violate.
Altro atteggiamento quello dell’uomo
del deserto, del Tuareg nomade, che soffre la sua condizione solitaria. “La
vita sociale, fatta essenzialmente di parole, si oppone al silenzio che lo
racchiude. Forse anche per questo i Tuareg
tengono in gran conto la poesia. Permette di uscire dal silenzio di un
universo senza interlocutori, dove è consentita soltanto una vita sociale con
interlocutori immaginari.
L’autore di poesia si propone come
colui che procede nel silenzio della steppa,
senza nessuno con cui parlare, inquieto, verso una donna amata da cui non sa se
riceverà favori oppure che va errando e
geme sull’amara solitudine, in cui lo condanna la perfida crudeltà di lei.
Raggiungere l’amata, quando gli è concesso, è
per lui la consolazione, il premio che cancella ogni sofferenza. Le si rivolge allora con:”...privato
della tua presenza mi metteva in una tristezza che mi uccideva”. Risentire il morso della passione è, nella lingua
poetica, avere l’anima che brucia, essere roso da una sete crudele. I favori
accordati dall’amata - che si tratti
dell’amplesso o di un dolce incontro
nella penombra di una tenda -sono il
modo di rinfrescare l’anima, il rimedio alla sete”[4].
Il
deserto fa nascere seti reali e figurate.
Talvolta le due seti si confondono e allora si vede il poeta supplicare che lo “si irrori
d’acqua, e che gli si dia da bere per placare i suoi tormenti.”
Sullo schermo scorre la traduzione di
questo nuovo frammento:
e al di sopra del quale la nuvola gonfia si è rovesciata, in una pioggia
regolare
e
monotona, in mezzo ai lampi e mentre l’acqua scorre in mille rivoli al suolo,
abbeverando la terra e lavandola …”
- Ecco allora il poeta dipanare dolorosi dibattiti
interiori, dove i pensieri inquieti che agita e che lo agitano, diventano
parole di interlocutori immaginari personificati come l’Amore, il Tormento.
L’atteggiamento del curatore resta
quello distaccato del contemplativo che non si lascia coinvolgere dalla realtà
quotidiana. Ma l’attenzione del pubblico e il silenzio assoluto rendono
l’attesa palpabile.
-Il Desiderio si presenta sempre come un
Demone che gli mormora parole che turbano i sensi, vantando il fascino di una
Bella inaccessibile o ricordandogli
perfidamente come gli fu favorevole un tempo. Amore, Tormento, Desiderio
possono prendere consistenza fino a impadronirsi delle redini della sua
montura!
E
il pubblico partecipe si volge e
segue curioso lo scorrere della traduzione dei testi sullo schermo:
“… spingo la mia montura ed eccola come
se non fossi più io ,ma un diavolo imperioso che la conduceva[6]
altrettanto presto che lo farebbe una puledra
dalla rapida corsa.
Mi dice:” Parliamo un po’ di un certo
accampamento
tra Sebia e Aselkam?”
“Dà un colpo di speroni e dice:’Spingi il tuo
cammello,
che questo giorno non passi senza che tu abbia
gustato la dolcezza di una pelle
azzurrata
d’ indaco e quella di un sorriso, più bello di una stoffa di pregio;
quando tu alzi
gli occhi, vedi la sua guancia e il sopracciglio accordarsi,
che un angelo sembra aver disegnato con un
bastoncino di fard affilato.”
o anche:
“L’Amore e il Desiderio mi tirano
con una cavezza; dicono: [8]
-Peste a quest’uomo che non ha più intelligenza!
Afferra la tua cavalcatura, inforcala mentre tutti riposano,
esci da questo deserto dove regna un fetido odore.
Ti
condurremo verso una gota sulla
quale si consoleranno le tue pene”.
-Da questi versi, dall’intensità quasi
visionaria, facilmente si può scivolare per slittamenti successivi impercettibili fino al tema della follia. Insomma una poesia
tuareg non è che ‘la canzone del Male- Amato’[9]:
“Sono colui che ti ama, l’amore che ho per te[10]
È forte come un tempo ed oggi mi toglie la
ragione,
E mentre
la mia anima si lacera,egli mi tormenta e mi consuma;
Non posso restare tranquillo e vado qua e
là senza sapere dove sono;
Tutte le notti vado senza scopo,incapace di trovare la mia strada,
Seguendo le stelle che si scorgono nella Via Lattea
sull’orizzonte
Così facevo ancora l’ultima notte, all’ora in
cui la stella del pastore rende tremulo
il suo splendore …”
“Semi
di parole, seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i
frutti”[11] –continua lo studioso-
Un testo, trasmesso oralmente dalla
viva voce dell’uomo, si costituisce, proprio in quell’istante, in un unicum incomparabile. A questa unicità
si deve la grande vitalità delle tradizioni orali, pur apparentemente fragili.
Articolare la parola equivale a quel che
fa il vivente di fronte al caos dell’universo. Impone un ordine, per merito
della sua vocalità, dello spessore corporeo da cui promana”[12];
il linguaggio insomma cerca di orientare: in questo senso, qualcuno arriva ad
affermare che “la pratica della parola è, fondamentalmente, poesia.[…] La
parola pronunciata si conquista sul silenzio, ne è tratta, vi ritorna, dopo
essersi rivelata in mezzo a noi e averci rivelato l’ordine ultimo delle cose”.[13]
Esiste, nella tradizione malgascia, un
genere letterario, l’hain teny, che
da tempo ha suscitato l’interesse affascinato degli stranieri. I missionari si
erano dapprima affrettati a censurarlo, indignati nello scoprirvi la presenza costante di una sessualità
tranquilla. Poi Paul Paulhan[14] , durante il suo soggiorno malgascio all’inizio
del Novecento, divenne capace di improvvisarne e di raccogliere e tradurre una
selezione di quelli popolari autoctoni.
Lo stesso nome crea problemi: potrebbe essere tradotto con ”scienza
e potere delle parole ”. In realtà esso
appartiene a quella forma elementare, universale, forse fondamentale,
della poesia che è il canto alternato,
ovvero poesia che si sviluppa attraverso parallelismi, opposizioni, rovesciamenti
di due voci che si affrontano; è improvvisato da due rivali durante una gara
poetica. Sono poesie d’amore o, più
precisamente, di disputa amorosa: rappresentano le avances del desiderio, i disincanti, gli inganni, le rotture.
Li hanno riportati alla ribalta nel 1968 la scoperta e
la pubblicazione di preziosi manoscritti risalenti al XIX secolo e, soprattutto, nel 1983, la
tesi universitaria della stessa ricercatrice Bakoly Domenichini Ramiaramanana[15], che vent’anni prima li aveva scoperti.
Ed ecco che un’ultima volta lo schermo
bianco si rianima, riempiendosi dei caratteri che, ordinati in file coese, come pazienti colonne di laboriose
formiche, compongono, e offrono alle
persone convenute nell’ampio salone, il documento che conclude la sezione
dell’antologia dedicata al canto orale tradizionale che rappresenta la vera
identità del continente africano.
Quanto brontola il
temporale sul Monte- degli- Immortali[16]
nel Paese-dei-Fanciulli fiorisce l’orchidea
scoppiano i pianti della Giovane–Tortorella
scoppiano le risa di Chi- non –teme-
la- ritorsione
Non esista per il lutto nessuna giusta ritorsione
Ma sia per l’amore la giustizia accordata.
-Si scopre così la stratificazione di
significati che mette in luce l’interpretazione dell’ archeologa del linguaggio. Il tuono sul Monte– degli- Immortali
evoca le montagne che sbarrano l’orizzonte a sud di Tananarive e che la bruma
ricopre spesso di un velo bluastro. Ma quello geografico è anche un paesaggio mitologico: quel monte è la dimora
degli Spiriti, degli dei e dei principi leggendari. E ancora: emerge il
riferimento a un rito della vita tradizionale, la rinuncia, celebrata alla vigilia del nuovo anno, quando
un’ultima volta si piangono i morti dell’anno, di cui il tuono solitario sulla
montagna, si crede, fa echeggiare un
ultimo appello. Quel momento del cambiamento dell’anno è anche il momento in
cui gli sposi separati si possono ritrovare per un ultimo ritorno d’amore. Si può infine individuare un’allusione d’ordine storico-politico.
Il Monte raffigura metonimicamente le popolazioni che abitano le sue falde; il
Paese–dei-Fanciulli la minoranza dissidente. La poesia ricorda così un momento
essenziale della storia malgascia, mostrando la funzione di memoria collettiva
dell’hain teny.
Queste le suggestive atmosfere dei canti orali sotto il baobab o nella
steppa o lungo le rive dell’isola esotica, che mutano radicalmente se passiamo
alla lettura dei poeti della diaspora o comunque a quelli che si esprimono in
una lingua non africana o perfino a
quelli che si esprimono, ma per iscritto, nelle lingue dell’Africa -continua con metodo l’ imperturbabile curatore.
- Ma
ascoltiamolo, con l’aiuto dei nostri giovani attori, il canto
dell’erranza, direttamente da Alain
Mabancku[17], che viene dal
Congo, ispirato, ancora una volta, da un’esperienza vissuta sulla propria pelle:
[…]
Un villaggio[18]
Sotto il cielo cinerino
la somma delle semine devastate
dall’ingratitudine perenne delle piogge
un ammasso di pietre
La terra svuotata nel profondo
e rivoltata secondo le stagioni
i venti sollevano le spazzature
in un vortice
Restano tuttavia i ricordi
su quei pezzi di legno
a metà consumati
Restano la cenere
che cova il fuoco della reminiscenza
E quelle figure in piedi
ombre fra le ombre
Quelle figure che sfilano,
ombre fra le ombre
Quelle voci notturne nei cespugli
Quei branchi di cervi
che bramiscono lungo il fiume
Quegli scheletri di passeri
che si aggrappano disperatamente
sui fili spinati
Tutte quelle figure
ombre dopo ombre
Ecco la patria tutta nuda
[… ]
ed è particolarmente interessante constatare come, in circa un decennio, la nostalgia struggente e amara dell’Errante
si sia nutrita dell’esperienza e si sia fatta consapevole dell’arricchimento :
[…]
Vendo all’altro secolo[19]
gli errori del mio destino sinuoso
rivendico il doppio volto
della mia identità esplosa col tempo
lacero qui ed ora
l’atto di nascita delle frontiere
per battezzare il nuovo spazio da conquistare
Vergognati di rintanarmi
in quel pezzettino di terra
e di darmi il tam-tam da percuotere
prendi dunque la tua Negritudine vuota
portala come viatico
soprattutto non dimenticare la tua zagaglia
e ancor meno la tua stuoia
ti aspettiamo qui
vestito di pelle di leopardo
non ho per agganci
che la somma delle intersezioni
gli echi di Babele
ecco il mio cippo nel cuore di un nuovo territorio
l’adozione mi lega con radici
sepolte
nel più profondo di quell’essere
da costruire giorno per giorno
tienti la tua autenticità
vuota di senso
presta la tua voce al Maestro
e vendi il mio territorio
per una modica somma
è quel che ci si aspetta da te
prendo all’uccello
l’incertezza del prossimo cespuglio
non so che tempo sarà
dall’altra parte della migrazione
ma il mondo si apre davanti a me
ricco di incroci
che il volo mi porti
mi porti ancora
lontano dal clamore
lontano dal cortile
lontano dai galli
addestrati per il combattimento
non cambiare nome
ramificazione
restare uomo fino in
fondo
finché gli alberi si radicheranno
nella terra
[…]
L’uso
delle lingue europee estende oltre il cerchio negro-africano la protesta, che è
alla base di gran parte della produzione letteraria del Continente Nero. Lo
aveva praticato Senghor, che si era anche preoccupato di tradurre numerosi
canti orali tradizionali da più lingue africane. Lo avevano praticato i poeti
della sua generazione, soprattutto nei
paesi di area francofona, che maggiormente erano stati toccati dal movimento
della negritudine, come Jean-Baptiste Tati-Loutard[20]:
Ho
voluto amarti come nel tempo moderno
Edificarti
come una chiesa
Con vetrate che donano
colori
Alla mia vita sbiadita;
Poi aggiungere come un
dono di stalattite
Una vertebra al tuo
collo d’anfora
O d’antica figlia di
Jabbaren.
Avrei voluto vivere al
riparo del tuo collo
Affinché il tuo volto
sia il mio campanile
E suoni ogni giorno il
mio desiderio.
Le nuove generazioni, successive
a Senghor e Césaire, pur mantenendo la negritudine come punto di riferimento
imprescindibile,non sono sembrate più unanimi nel fornire piena adesione.E,a
questo proposito, abbiamo ben ascoltato il punto di vista di Dereck Walcott. Ma
questo era accaduto anche nel Continente Africano, da subito,soprattutto in
area anglofona,dove alcuni poeti come Christopher Okibo, erano arrivati anche a
criticare aspramente il movimento della negritudine, visto come un mito con
motivi pericolosi di retorica e genericità. Anche lui ha, tuttavia, usato
l’inglese per la sua produzione poetica e si è impegnato politicamente fino
alla morte in combattimento in Biafra.[22]
OCCHI APERTI sul mare,
Occhi aperti, del
prodigo;
in alto verso lo
zampillo del cielo
da dove cadranno le
stelle.
Il segreto che non ho
detto a nessun orecchio,
salvo ad una buca a
terra, perché lo conservasse, non perché fosse sommerso -
il segreto che ho
piantato dentro la rena della spiaggia
ora si rompe
la bianca-salata cresta
dell’onda sulle rocce e su di me,
E GAMBERI E CONCHIGLIE
con un profumo denso
di iodio-
fanciulla del vuoto
salino,
compli-cremosa,
il cui segreto ho
coperto con la sabbia …
Ombra di pioggia sulla
spiaggia assolata,
ombra di pioggia
sull’uomo con la donna
FULGIDA
Con il bagliore
d’ascella di una leonessa
lei risponde,
tutta vestita di
bianca luce;
e le onde la scortano,
la mia leonessa,
coronata di luce
lunare.
UN’APPARIZIONE -
una miccia nel fiato del
vento -
Un’apparizione di
specchi.
Si tuffa …
Le onde la distillano;
messe d’oro
che sprofonda non
colta.
Fanciulla d’acqua del
vuoto salino,
cresciute sono le
spighe del segreto.
ED IO che son qui
abbandonato,
conto i granelli di
sabbia abbandonata dalla furia dell’onda,
conto la sua
benedizione, mia bianca regina.
Ma il mare che è
passato riflette
Sul suo volto pieno di
specchi
Non la mia regina,
un’ombra spezzata.
Così io che conto
nella mia isola i momenti,
conto le ore che mi
porteranno
nel vento con la
cenere degli angeli la mia perduta regina.
LE STELLE sono
scomparse,
il cielo con il
monocolo
sorveglia il mondo di
sotto
le stelle se ne sono
andate,
ed Io –dove sono Io?
Allungatevi,
allungatevi, o antenne,
per stringere forte
quest’ora,
riempiendo ogni
momento in una
spezzata monodia.
Le generazioni successive ancora
finiscono per prendere le distanze da un’ideologia che considerano ormai
improponibile. La poesia non prescinde dal fatto che le condizioni
storico-culturali siano mutate. Ancora una volta tra i paesi più
rappresentativi per l’area francofona , il Congo, con Jean – Baptiste
Tati-Loutard:
Vecchia radice.[24]
Il tempo mi ha
traforato
Sono una vecchia
radice
Da questa terra non mi
puoi strappare
Bevevo solo l’idromele
dell’alba
Il soffio lustrale del
mattino
E guardavo l’Oriente
aprirsi
Come un tarso di
uccello
Ora prendo i giorni a
ritroso
Mi sveglio quando il
crepuscolo
S’insinua tra le case
Il tempo si fa uomo
Come un serpente di
roccia
Il mio cuore è una
terra scavata
Depone il mio disamore
Nei territori
abbandonati
E colpisce alla
schiena
Sulle colonne già
chine
Sei venuta mi avresti appagato
Il sangue della
tartaruga delle savane
S’infiltra in tutti i
miei slanci
Ricordo l’eclissi
Che ammiravamo insieme
La danza della coppia
siderale
La parata nuziale del
sole
E della luna
Tu sei cambiata sotto
il cielo oscuro
Ti ritrovo uccello di
città
Con un piumaggio
melanico
Il freddo d’agosto
s’insinua tra i nostri corpi
Per riemergere in
fumarole
Il mondo sta per
disfarsi
Presto restituiremo le
nostre spighe
Alla terra dopo la
rovina delle braci
E il desiderio ci
rimane
Annuncia un nuovo
germogliare
La corda dello
sciacallo vibra ancora
Nel cane
E quest’amore non sarà
più in noi
Che il pizzicore d’una
cicatrice
Sono una vecchia
radice
E da questa terra non
mi puoi strappare.
… e per quella anglofona la Nigeria
con Michael Echeruo [25]
Ninnananna.[26]
Ora il sole scende
Nella vallata
Dietro le palme
Gli stormi stanno per
rientrare
Presto il canto del
gallo
L’ultimo canarino al
suo posto
Il quinto dito
succhiato
Cani, montoni e
bambini
Vicino al focolare
Si addormentano senza
rimproveri
II
Quante lucciole volano
Nei tuoi occhi
Vicino alla sabbia
delle danze
sotto una falce di
luna
III
Il sole è passato
Nella scura vallata
Più lontano dei nostri
amori/oltre …
Delle arcate di radici
dell’albero dei
diavoli
Era il tuo pomeriggio
L’amore viveva nei
tuoi occhi
Ora il sole è
tramontato
la giovane luna si è
alzata
falce così verginale.
Anzitutto emerge la differenza fra gli intellettuali anglofoni e francofoni.
Ed era prevedibile. Se, infatti, la Francia
aveva mirato a creare una classe
dirigente nera, insegnando con la lingua
anche a pensare e aveva selezionato con
estremo rigore l’élite da formare nelle
università parigine, la Gran Bretagna si era limitata a prestare la propria
lingua . Per questo gli intellettuali africani anglofoni erano prevalentemente
rimasti nei loro paesi, dove avevano potuto mantenere più stretti contatti con le comunità autoctone e con la tradizione
orale e avevano aspramente criticato i loro omologhi francofoni per essersi
lasciati metropolizzare.
Ed ecco allora, in Liberia,
Bai T. Moore[27]. Con
l’indipendenza è giunta l’ora decisiva per l’Africa. Nella sua opera poetica
sembra voler far rivivere i sentimenti di quegli africani partecipi ancora del
passato, ma nello stesso tempo protesi verso il futuro. Questo dualismo si
rileva specie quando,seguendo la tradizione dei cantastorie tribali, compone poesie
su temi di immediata attualità o di più vasto impegno morale e umano.
Lamento di un
amante[28]
Fatuma! Anche se è
difficile separarsi
Dai ricordi di amore
leale
Non posso cambiare il
cuore di tuo padre
La cui prova di
ricchezza è la tua gioventù.
Speriamo che in
qualche altro mondo
Io vinca ancora il tuo
tenero amore
E ti porti una serena
felicità.
Mentre, anche nei paesi dell’area
francofona, dove le influenze del movimento della negritudine erano apparsi più sfumati come nel Gabon, la
metropolizzazione delle personalità più
vivaci degli intellettuali africani produce effetti interessanti di
contaminazione. Un buon esempio è quello
di Mangang-Ma-Mbuju Wisi[29]:
Ventaglio di colori[30]
Tramonto
falce di luce
dalle tinte ricche e
velate
capelli a spazzola del
mare
pettinati
e liane smaltate
della mia foresta-di
alberi-sentimenti
tramonti d’aprile
ventaglio di colori
pittorici
e simbolici
bianco cremoso
sapore orrendo d’aceto
come le labbra
dell’Infedele
gialla gelosia
fiele e spirito
di tre cuori traditi e
sfiduciati
bianco idealizzato
cuore- veleno di
quella Fanciulla
che ha sbavato sui
miei diciannove anni
viola
acredine dell’amante
dello schiavo
e del povero
al tradimento,
all’oppressione
alla sfortuna legata
cioccolata
amore -frantumi-
corruttore
della leggera Dédette - Edgarita
grigio scuro
dolorosa
esperienza di una madre
dalla disgrazia
colpita
Avorio
sorriso velato della
gioventù
dei miei tormenti
d’adolescente
verde-bagliore
tappeto della
spensierata infanzia
nel cuore della
foresta ancestrale
azzurro
pensieri materni al
galoppo
verso il Bambino
delicato
rosa
calice-scrigno dove
scintillano
i ricordi migliori di
tre
amici
rosso
prua slanciata della
barca
che falcia le onde
della vita
tramonto-lampo
elleboro luminoso e
magico
che scintilla e sotto
il ritmo
del tam tam della speranza.
Questo è il risultato. E
bisogna anche tener conto del fatto che la presa di coscienza dei danni del
colonialismo non era stata la stessa nei vari paesi africani: precoce in Camerun,
Congo e Senegal; più marginale in paesi
come il Gabon , il Mali, la Repubblica Democratica del Congo( Zaire) e il
Benin.È in quegli anni, ad esempio che
Maxime N’Debekha[31] scrive in Congo le sue poesie:
Fieri e begli
uccelli [32]
Con ali giganti
Sulle cime dei miei
capelli
Suonano canzoni
Dai colori di luce
Ebbrezza
Come una farfalla
Volteggio
Canzone di luce
Ancora più canti
E ancora più luce
Ecco giunta l’ora
Della specie nuova
Un genere umano nuovo
Cesellato dalle verghe
del sole
Specie nuova
Interamente e pienamente
luce
Immensità infinita
Pura vergine pura
Degli uomini nuovi
L’albero del muro dei
Federati
Fiorisce sulla carogna
Dell’Albero di Adamo
ed Eva
E tu Amore Mio amore
A cui il nostro
bambino
Leviga ogni mattino la
fronte
Con una roccia di luce
Un chicco di sole
Attendo O quanto
attendo
Che tu mi porti un
giorno il Mio bambino
Con una brace di sole
tra i denti.
Bisogna inoltre essere
consapevoli del divario economico nei differenti paesi.
Si determina così un
concetto di cultura e letteratura plurima che aderisca alle particolarità
etniche e alle diverse strutture dell’organizzazione culturale. Si cercano vie
originali che si collochino tra posizioni militanti e intimiste, anche se,
quando si parla di poesia in Africa, non si prescinde da una dimensione
politica. È quanto accade
Se tu fossi venuto-[35]
prima
non avrei riconosciuto
le tue mani d’ibiscus
e il tuo sorriso di
sensazione
il maïs maturo
e i ritmi balafon[36]
avrei camminato
attraverso gli anni
e passando davanti a
me
la tua ombra mi
avrebbe turbata
Tu sei come
ti avevo sognato
uomo-ninfea
sul lago della mia
coperta
o vincitore che
fulmina
l’antico letargo
tu sei spirito di
maschera
che celebra gli
iniziati
tu sei la terra rossa
fertile dei canti
amari[…]
Cantami
la storia
dell’uomo-fatica
il suo sudore
bruciante
e la terra troppo
rossa
parlami
della donna coi seni
pesanti
e il ventre a zucca
nella fornace riarsa
d’una notte senza
domani.
Insegnami
i libri chiusi
e le mani tese
le speranze sbarrate
nell’oblio oscuro
di una città
troppo imbellettata
Cosa poteva
attendere
dal sordo incamminarsi
verso l’orizzonte
senza frontiera
quel baratro
allucinante
quell’angoscia senza
margine?
Cosa poteva fare
dell’oppressione delle
parole
del sangue a rompi
fiato
brandelli di vita
passo a passo
ed è ancora un uomo
che muore sulla nostra
soglia.
Esiste tuttavia una coscienza
poetica panafricana per cui il poeta è sempre qualcuno dotato di veggenza e
che emana l’essenza del popolo.
Senza ombra di dubbio prima
della scrittura viene la parola e gran parte del patrimonio letterario africano
è fondato sulla potenza e sulla
bellezza della parola.
Sono otto anni, Siraad, che ho perso il sonno
La sera non posso addormentarmi o mi sveglio di soprassalto
Se mi volgo alla preghiera la tua immagine si impone ai miei occhi
Tutte le donne non sono per me qualunque siano le loro qualità
fra le donne di questo secolo tu brilli come Sulekhaad
Non saprei dire se mi sarai salutare
Solo gli angeli in cielo e Dio lo sanno
Dio solleva gli ostacoli per chi pazienta
Noi seguiremo lo stesso cammino o tu hai un altro segreto
Dopo questo periodo sinistro ti porrò la domanda.
Questo non vuol
dire però che la poesia scritta e orale siano antitetiche, perché, anzi,
interagiscono in quanto fonte dinamica, portatrici, ciascuna, della memoria dei
popoli e del loro presente storico. Di più, interagiscono anche quando ad
essere utilizzate sono le lingue europee, perché l’ibridazione, l’introduzione
di neologismi, la produzione di una parola mutilata, disgregata, svuotata e
infine ricomposta, danno luogo a un processo
di ri-creazione che attribuisce nuova
linfa, imprime una vitalità nuova anche alle lingue del Vecchio Continente. Numerosi sarebbero gli esempi.
Qui possiamo limitarci ad alcuni rappresentanti che si esprimono in francese,
in inglese, in italiano e che appartengono alla diaspora; la prima poetessa
nasce in Côte d’Ivoire ed è d’espressione francese: Pascale Quao-Gaudens[39]
Le parole stuzzicano i suoi sensi[40]
Il verbo striscia nei suoi antri
lei desidera
diffondersi
sentire
la voce
del suo canto
E la musica esclama :
Ritmo!
Il tuo corpo Karité
con un ancheggiamento
per vibrare in sorda
insolenza
inarca le tue curve in
un rituale
strega i suoi rifugi
senti la mia cadenza
Innegabilmente riuscita
l’ibridazione, l’impasto di echi ancestrali della natura africana coi suoi
antri abitati dallo spirito della parola che serpeggia e striscia, ma anche da
creature che ancheggiano e si inarcano in un rituale che si mescola agli altri elementi per
scandire il ritmo che affascina i sensi.
La seconda nasce in
Nigeria, vive in Belgio e pubblica a Washington,USA, in lingua inglese: Chika
Unigwe [41] .
Seattle, Mercoledì
delle Ceneri[42]
Mattoni e malta
Che si screpolano
Gli edifici oscillano
Danzano al suono di
una musica silenziosa
Le sedie hanno fatto
un giro
di walzer
sui pavimenti
“Mi concede questo
ballo, signorina?”
Piedi che corrono
Cuori che battono
forte
Implorando una fine
A questo terremoto.
Qui davanti al mio
stomaco
Crebbe una luna
Gonfia e tonda
Tu mi promettesti la
terra e tutto quello che c’è
Giurasti che avresti
rubato il paradiso per me
E avresti messo sotto la mia testa
Un cuscino di
ricchezze
Ora
Mi getti addosso parole
Impiastrando le mie
guance
Con la cattiveria
del muratore al lavoro
Con un arnese ribelle
Prima io ero
La tua dea senza
rivali
Ora sono la tua cagna
scatenata
Per lei l’atto sessuale
è comparabile al terremoto, per la violenza emotiva che può sprigionare ed è al centro dell’attenzione. Una
sensibilità che molto si è allontanata dall’erotismo pudico dei cantori orali dei
villaggi africani.
Ndjock Ngana [43] dal Camerun si ferma a Roma e scrive in italiano
del suo paese, con ritmi che ancora ricordano quelli del nonno cantastorie:
Bellezza nera[44]
Amo il tuo sguardo di
fiera
E la tua bocca dal
gusto di mango
Rama Kam
il tuo corpo è pepe
nero
Che attizza il desiderio
Rama Kam
Al tuo passaggio
La pantera è gelosa
Del caldo ritmo del
tuo fianco
Rama kam
Quando danzi nel
chiaror delle notti
Il tam-tam
Rama Kam
ansima sotto l’uragano
Dyun ung del griot
E quando ami
quando ami Rama Kam
È tornado che
s’abbatte
e tuona
E colmo mi lascia del
respiro di te
Rama Kam.
Anche per lui l’esperienza
sessuale possiede l’ energia furiosa del tornado.
Resistono della tradizione
africana, tuttavia, gli elementi forti della natura con cui l’uomo si
confronta, ma il gesto sessuale e, più in generale, la sensualità erotica
sembrano diventare un assoluto, un valore centrale dell’ispirazione poetica.
Quasi un segno di omologazione che la diaspora ha imposto, anche attraverso
l’uso di un’altra lingua. Analogamente
non esiste soluzione di continuità tra tradizione e modernità.
Nella tradizione orale risiedono valori storici, morali e socioculturali.
Il villaggio ancestrale coesiste però con la città moderna, cornice di drammi
legati alla miseria e all’emarginazione, connessi a scontri tra generazioni,
provocati dal rischio di perdita di radici e di identità.
In
rapida successione propongo un poeta della Repubblica Democratica del Congo (Zaire)
che compone in swahili. Di
Kalonda -ba-Mpeta-Mulongo VIII[45] :
Mi ricordo[46]
Mi ricordo
Il giorno in cui tutto si è ribaltato
Il mio cuore preso da inquietudine
Che batteva senza ritmo né misura
I miei occhi e i tuoi occhi
Si incontravano nella speranza
Mi ricordo
Il tuo corpo che si scaldava
Del calore del mio corpo
Ero senza voce
i miei occhi chiusi al mondo
Sensazioni strane in tutto il mio essere
Mi ricordo
Quel giorno indimenticabile
Quegli istanti inafferrabili
come se tutto si fosse prosciugato in me
per l’alitare della tua vita
La visione s’è trasformata in immagine di viaggio
viaggiavo tra due colline
al ritorno ho supplicato il Dio onnipotente
colui che può toglierci il respiro
Che ci immerge in un sonno profondo
I suoi occhi brillano come stelle
che ci illuminano nei
nostri sogni
E quando la luce fuori
risplenderà
Il Creatore della
terra ci avrà colmato di benedizioni
Io mi ricordo …
Eccomi all’estero.[48]
Eccomi all’estero come
una misera capra
a distillar veleno
dal mio corpo la solitudine
non ho smesso di
chiamarti in tutti i sensi
le mie orecchie non
ricevettero che silenzio in risposta
eccomi all’estero come
una successione di notti
la luna e le stelle si
sono sciolte untuose
l’oscurità mi ha
seppellito nella sua ultima dimora
eccomi all’estero come
un cannuccia di paglia
come una foglia
di mais
Si mise addosso colori
audaci
Di fantasie spezzate
Come se fosse
In guerra con sé
stessa.
La sua gonna amputata
flirtò con il vento
Un cappello decapitato
Tenuto da lacci
sottili
Pendeva dietro
Al collo
Mentre se ne andava via impettita
Sulle sue scarpe
svettanti
Nel fiero fulgore
Del tramonto
cittadino.
La Solitudine[52]
Arriva in un letto
vuoto
Tentando di dividere con lei
pensieri
su chi sei
sulla persona a cui
tieni
Ricordando a te stesso
Le sue urla da incubo
la fragilità
Che lei atteggia
Quando tu la consoli.
Ricordando
la notte in cui lei ha
litigato
Nei suoi sogni
Si è slogata il polso
Mancato la tua guancia
Per colpire la
spalliera del letto.
Ricorda
Quando tu l’hai
raggiunta
In una passeggiata nel
sonno
Per svegliarla.
....e, infine, un poeta etiope che si serve dell’amarico, anche se sa servirsi del francese e dell’inglese. È
Solomon Deressa[53]:
Cambio di velocità[54]
Io che nuoto
in un sogno furtivo
all’ascolto del grido
folle e muto dello spirito,
poiché il colore è
assente
dipingerò il tuo
tenero volto
con un soffio senza
colore,
con dita-rampino
su un cavalletto vuoto di colore,
sotto la curva calma
delle tue ciglia
due semplici, neri e
terribili punti,
Te il cui amore non ha
mai vacillato
te per cui io per
sempre mi apro e mi lacero
con la punta della mia
lingua rovinata
E poiché la poesia
affonda le sue radici nell’humus popolare, si presenta come una scacchiera di
paesaggi, di sensazioni, di stati d’animo la cui costante cornice è però il
Continente Nero.
La cornice geografica è tuttavia anche
profondamente mitifera, poiché il riferimento alla natura, più che descrittivo,
tende ad essere una vasta e stratificata rete di simboli, di corrispondenze,
che scaturiscono dall’animismo panteista dell’Uomo Africano. Un buon esempio lo
abbiamo già incontrato con l’hain teny malgascio. La percezione magica della natura
attraverso la poesia aiuta a ritrovare le proprie radici, a riaffermare la dignità africana con
la riappropriazione di sé e del mondo.
Torna, con un testo
suggestivo, Véronique Tadjo della Côte d’Ivoire:
Insegnami
l’aria dei prati
azzurri
e soffia la mio
orecchio
il tuo alito di
principe
ci sono tante parole
sotto la polvere
tanti amori
nei cassetti.
Faccio fatica a
credere che i fuochi della savana
siano spenti.
Una poesia, insomma, quella
africana che non teme più l’interazione
con l’Occidente ed è alla ricerca della sua nuova identità orgogliosa con la
costruzione di metafore audaci, immagini folgoranti, ritmi cadenzati, straordinaria
musicalità per esprimere echi di un DNA ancestrale, ma anche nuove
lacerazioni, scissioni, tensioni e vibrazioni
che finiscono per costituire l’occasione per un’estetica del Diverso. Un
esempio eloquente ce lo offre una poetessa contemporanea di espressione
portoghese dell’Angola:Paula Tavares[56].
Mi hai disossata
accuratamente
iscrivendomi
nel tuo universo
come una ferita
una protesi perfetta
maledetta necessaria
tu hai deviato le mie
vene
perché si svuotino
nelle tue
irrimediabilmente
in te un mezzo polmone
respira
l’altro, che io
sappia,
esiste appena
oggi mi sono alzata presto
il mio
corpo infiammato
non batterò il burro
non metterò la cintura
IO ANDRO’
verso sud a saltare il
recinto.
È per tutte queste ragioni
che è interessante analizzare con attenzione e in profondità le diverse
suggestioni che, se ci sembra possano essere percepite immediatamente diverse nel testo scritto di un
poeta africaaner[59] e nel canto trascritto di un griot[60] bantu, possono invece riservare ugualmente sorprese di
originalità dai tratti diversi anche quando l’autore della poesia, sia
anglofono o francofono, perché erede- portatore
di due diverse sudditanze coloniali; soprattutto occorre guardare in modo diverso a quei poeti che usano
una lingua europea in
Africa, rispetto ai loro omologhi
anglofoni e francofoni della diaspora che, metropolizzandosi, hanno finito per
assorbire elementi culturali non-africani e avere un rapporto di saudade[61] col proprio paese di origine.
Qui di seguito due poeti
che rappresentano le due anime del Sud Africa che dovrebbero essere subito
percepite nella loro diversità profonda.
L’una quella della cultura popolare
orale dei griot[62] bantu, anche se l’autore, nel caso specifico, è uno
studioso, che tuttavia si esprime prevalentemente in quella lingua e si iscrive in quella tradizione
culturale:Mazisi Kunene.[63]
Addio[64]
Amata,addio …
Sostieni questi
guizzanti sogni infuocati
Con le mani
scheletriche della morte
Così che quando avanza
l’arida notte
Tu possa sfidare i
suoi ostinati intrighi
Non badare dove noi ci
voltiamo e agitiamo
(Gli ululati potrebbero legarti al nostro
dolore)
le cui zampe portano
il dolore della vita.
Amata, addio
Anche il silenzio che
ossessiona il meriggio
Canterà l’alterno
tambureggiare della tua suprema gioia
dove sediamo accanto
al focolare rievocando i ricordi
Disponendo le parti a
completare ciascun giorno;
Con la consapevolezza
tuttavia che il nostro è un ritorno di vuoto.
Addio,addio.
L’altra, di una poetessa bianca,
discendente dagli antichi colonizzatori, con un lungo periodo di esperienza
canadese, che scrive in inglese: Ingrid de Kok [65].
Rammendo[66]
Dentro e fuori,
indietro, dall’altra parte.
Il gesto rituale
congiunge la stoffa.
I punti sono i versi
di un chirurgo,
un sigillo cinese, la
pantomima
della stampa. Poi
traccia. Poi scia rossa.
Crescono croste,
stigmate dal filo.
Cronaca di cotone
congelato.
Istogramma di lividi e
ferite.
La donna è intenta
alla sua antica arte.
L’ago congiunge mentre
sfreccia,
e sfregia, scrive,
segna, sutura,
il rammendo invisibile
del cuore.
Donna allo specchio[67]
Non sono la donna del
treno
che si infila tra le
gambe la tua mano
e poi guarda fuori dal
finestrino
Non sono la donna con i capelli color henné
in una strada di
città, che senza una parola
ti chiama con un
cenno, ti chiama.
e neppure la donna
allo specchio
che ti guarda mentre
la guardi
e il vetro si appanna di fumo.
non sono la donna che
ti stringe
mentre invochi i nomi
di amanti perdute
come farai col mio.
Quella donna:
ripiegata, che ti
offre il sesso
come una testa
d’aglio, in cambio di niente;
quella che non lascia
impronte,
che si nasconde
nell’amuleto della tua protezione;
quella circondata dai
fotografi
che stampano il suo
duttile sorriso, la sua pelle:
quella donna.
Mi metto da parte e la osservo,
vergine – vedova,
bruciare sulla tua pira.
Acrobata che cade in
una rete di cenere
tra le fiamme la sua
bocca gocciola cera,
le sopracciglia si scorticano
il sesso scuce i suoi
specchietti
La tua donna: cugina,
sorella gemella.
tu vuoi che bruci,
distante, muta.
io voglio salvarle la
lingua, strapparla.
Con Ingrid de Kok
infine sembra di poter concludere su una dimensione culturale che, più
che africana o occidentale, rappresenti
la globalizzazione della lotta delle donne per una condizione paritaria,
la sensibilità poetica di un autore che,
più che della linfa della sua terra o delle sue esperienze esistenziali oltre i
suoi confini, si sia nutrita delle sofferenze e
maturata con le tensioni del suo genere, gettando fertili semi di parole
nel campo della storia per un futuro in cui
tutti i generi possano raccogliere frutti più dignitosi e maturi.
Ma il vero completamento in realtà può essere
meglio rappresentato da alcune punture
di spillo che vengono dalla lontana, solitaria e mitica isola Maurizio[68], tanto cara a Baudelaire, con i versi di Malcolm
de Chazal[69] che, con acuta ironia intrisa di malizia
sorniona, finiscono per ribadire ancora una volta quella capacità tutta
africana dell’uomo di immergersi nel fluido della natura fino all’indistinto,
alla totale perdita delle rispettive identità, alla percezione comune delle
realtà. Dalla raccolta “Senso magico”[70] mi piace citare i tre frammenti:
XCII
L’ombra
dà del voi
alla luce
nei prati
e le dà del tu
nei boschi
DLXXVI
L’acqua
per pudore
stringeva
le cosce
il remo
passò
e la lasciò
vergine
XXV
“io ti amo”
disse la donna
- Fa’ attenzione
a non amarmi
troppo
disse l’amante
perché torneresti
a te stessa
l’amore è rotondo[71]
...e
dal testo aereo come le nuvole,
fluttuante come le onde, colorato come impalpabili ali di farfalla, di Raymond
Chasle[72], anche lui poeta mauriziano:“Calligramme”[73]
Calligramme de l' Île Maurice
Calligramme de l' Île Maurice
Dopo l’emozionante ascolto
di tante diverse voci interpretate dal gruppo di attori,
sullo schermo cominciano, intanto, a scorrere, dopo il calligramma dell’Isola, gli ultimi
testi di una folta schiera di nuovi rappresentanti di espressione inglese della Nigeria
e dello Zimbabwe, le cui pubblicazioni sono molto recenti. Il direttore della casa
editrice, dopo aver ringraziato l’eminente studioso e il pubblico attento e generoso
di applausi, aggiunge qualche breve commento alle poesie che scorrono rapidamente
alle sue spalle:
sullo schermo cominciano, intanto, a scorrere, dopo il calligramma dell’Isola, gli ultimi
testi di una folta schiera di nuovi rappresentanti di espressione inglese della Nigeria
e dello Zimbabwe, le cui pubblicazioni sono molto recenti. Il direttore della casa
editrice, dopo aver ringraziato l’eminente studioso e il pubblico attento e generoso
di applausi, aggiunge qualche breve commento alle poesie che scorrono rapidamente
alle sue spalle:
Il tuo amore mi
sommerge
Prometterò mille
favori al vento
Perché porti la mia
voce alle tue orecchie
e potrai contemplare
il meglio della mia persona
Da quando ho messo gli
occhi su di te
Dal giorno in cui
colsi per un attimo la tua bellezza
Il tuo amore mi monta come un cavallo di venti selvaggi
Non posso dormire; il
riposo si è allontanato dai miei occhi
Adumaradan vieni vicino a me
e potrai contemplare il meglio della mia
persona
Adumaradan di
inestimabile bellezza
Sei l’olio di palma,
il meglio della zuppa
Sei il fulgore che
proclama lo splendore dei denti
Adumaradan, vieni
vicino a me
e potrai contemplare
il meglio della mia persona
Cos’è il compito del
granchio se non scavare buche nell’acquitrino
Qual è il lavoro dello
scarabeo oltre all’assordante ronzio
Qual è il dovere
dell’Amante se non versare miele nelle orecchie dell’ Amata?
Adumaradan, vieni
vicino a me
e potrai contemplare
il meglio della mia persona
Occhi -più bianchi-di
monete nuove, con quella seducente spaziatura tra i denti[80]
Lei dalle natiche
esuberanti, quella -che orna- il suo
busto- coi seni
Vieni a giocare il
gioco della gioventù libera
vicino a me
e potrai contemplare
il meglio della mia persona
Il sesto anno[83]
Dovrebbe arrivare
adesso
Tra pochi minuti
lontano dal freddo.
Mentre riscaldo il
letto
Guardo a lungo il
cumulo
Di mesi di biancheria
sporca
In un angolo scuro
della nostra stanzetta soffocante.
I miei piedi
Hanno scritto
Un chiaro messaggio
Dalla porta al letto
Sulla polvere
accumulata
Da anni sul pavimento.
Quando entrerà
La guarderò a lungo
E –
come questo punto
della nostra storia
ora richiede-
lei nemmeno vedrà il
mio sguardo.
Questi assaggi valgono, naturalmente,
solo come suggerimento, nel tentativo di
rappresentare le numerose sfaccettature di una realtà ricca, diversificata e in continua e
voluzione – le ultime testimonianze sono del 2006 e del 2008. Perché questo è stato
l’obiettivo principale della nostra antologia. Grazie ancora della vostra attenzione.
rappresentare le numerose sfaccettature di una realtà ricca, diversificata e in continua e
voluzione – le ultime testimonianze sono del 2006 e del 2008. Perché questo è stato
l’obiettivo principale della nostra antologia. Grazie ancora della vostra attenzione.
Mentre
Gordon e Zoé tentano di immettersi nel lento fluire del pubblico verso
l’uscita,
il giovane editore che ha già accennato un saluto da lontano, si avvicina e, dopo essersi
presentato, si rivolge a Gordon:
il giovane editore che ha già accennato un saluto da lontano, si avvicina e, dopo essersi
presentato, si rivolge a Gordon:
- Mr Fisher, le posso parlare?
Quando più tardi Gordon la raggiunge al
tavolo del ristorante è palesemente contento
di rivederla, ma anche emozionato. Zoé, che discretamente si era allontanata per lasciarlo
parlare con l’editore sudafricano, non resiste: - E allora? - le chiede curiosa.
di rivederla, ma anche emozionato. Zoé, che discretamente si era allontanata per lasciarlo
parlare con l’editore sudafricano, non resiste: - E allora? - le chiede curiosa.
-Sei bellissima! - non può fare a meno
di dirle, sia pure a bassa voce, sedendole accanto.
-Grazie, te ne sei accorto: era proprio
l’effetto che volevo provocare! Ma,
allora?.. che
ti doveva dire?
ti doveva dire?
[2] “Un Mvet” di
Zwé Nguema, poema epico orale con accompagnamento musicale, trascritto e
registrato da Herbert Pepper, in un remoto villaggio del Gabon.
[3]
Di Zwé Nguema, Frammento da “Un
MVET”, Association des Classiques Africains et O.R.S.T.O.M.- Armand Colin
éd. – Paris, 1972.Trad.di Maria Gabriella Bruni.
[5] Poesia orale dei Tuareg,
Frammenti, da Graines de paroles. Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule Ed.
du CNRS.1989. Trad. dal franc. di
Maria Gabriella Bruni.
[6] Frammento da Graines de paroles.
Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule, Op. Cit . Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[7] Ornamenti preziosi.
[8] Frammento da Graines de
paroles, Ecrits pour Geneviève
Calame-Griaule. Op. Cit . Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[9] Celebre poesia - lamento di Guillaume
Apollinaire,poeta francese amico dei pittori cubisti che presentava ai Salons
.
[10] Frammento da Graines
de paroles.Op. Cit. Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[11] Ibidem.
[12] Paul Zumthor, da Graines de paroles. Ecrits pour
Geneviève Calame-Griaule’. Op. Cit. Trad .di Maria Gabriella Bruni.
[14] Scrittore e critico francese del
‘900 che ha esercitato grande influenza sulla letteratura attraverso la celebre
rivista NRF (Nouvelle Revue Française).
[15] Autrice della gigantesca
ricerca Du ohabolana au hainteny, Langue, Littérature et
Politique à Madagascar, Ed.Karthala, Paris, 1983.
Ohabolana può
avvicinarsi al proverbio mentre l’hain teny è piuttosto una poesia
popolare.
[16]Bakoly Domenichini
–Ramiaramanana,” Quanto brontola il temporale
sul Monte- degli- Immortali”. La versione malgascia di questo Hain
teny è quella raccolta e stabilita da Bakoly Domenichini –Ramiaramanana sul
prezioso manoscritto dell’epoca di Ranavalona I (1828-1861),da lei stessa
scoperto nel 1968.L’analisi sulla
stratificazione di significati segue lo studio della stessa ricercatrice - Les
traductions poétiques des hain teny -
in Colloque sur la traduction poétique ,Gallimard,1978.Trad. dal fr.
di MariaGabriella Bruni.
[17] Alain Mabancku nasce a
Brazzaville, Congo, nel 1966. Insegna attualmente all’università della
California, Los Angeles (USA).
Oltre
ai romanzi, sue le raccolte di poesia: La Légende de l’Errance, L’Harmattan, Paris (1995); Les arbres
aussi versent del larmes, L’Harmattan, Paris (1997); Quand le coq
annoncera l’aube d’un autre jour, l’Harmattan, Paris (1999); raccolte tutte, con l’aggiunta di Le
livre de Borìs, nell’antologia intitolata, come una nuova sezione della
raccolta, Tant que les arbres s’enracineront dans la terre - edita prima
da Memoires d’encrier,Canada (2004)-e,
successivamente, da L’Harmattan, Paris
(2007). Laureato del Prix des Cinq Continents de la Francophonie, del
Prix Ouest-France/Etonnants Voyageurs, nonché del premio RFO del libro e del Prix Renaudot per i suoi
romanzi.
[18] Alain Mabancku ,”Un villaggio”, frammento da Présages,in
La Légende de l’errance , nella raccolta Tant que les arbres
s’enracineront dans la terre .Op. Cit. Trad. dal franc. di Maria Gabriella
Bruni.
[19] Alain Mabancku ,”Vendo all’altro secolo”, frammento da Tant
que les arbres s’enracineront dans la terre , op.cit. Trad. dal franc. di Maria Gabriella Bruni
[20]Jean Baptiste Tati-Loutard nasce
nel 1938 a Ngoyo,Congo. Frequenta le scuole secondarie nel suo paese presso i Marianisti,
poi si laurea in Lettere moderne (1963) e in Italiano (1964) a Bordeaux, Francia;
nel 1966 torna in Congo per insegnare all’Università di Brazaville. Presto
abbandona l’insegnamento per l’amministrazione della cultura. Ministro prima dell’università, poi della
cultura negli anni ’70. Muore a Parigi nel 2009. Nel 1977 l’Italia gli ha
conferito il premio Simba per l’insieme della sua opera: Poèmes de la mer,1968;
Les
racines congolaises, 1968 ; L’envers du soleil, 1970 ; Les
Normes du Temps ; Mont Noir ; Kinshasa (1974) ; Les feux de la
planète, 1977 ; Le dialogue des plateaux, 1982 ;La tradition du songe,
in Présence
africaine, Paris, 1985.
[21]Jean Baptiste
Tati-Loutard, ”Donna campanile”. In Poesia africana -poeti sub sahariani di area
francofona , a cura di Marie
Josée Hoyet,ed. Ponte alle Grazie,1992. Dalla silloge Les Normes du Temps, . éd.Mont noir,Kinshasa, 1974..
[22] Christopher Okigbo
nasce nel 1932 a Ojoto, Nigeria Orientale. Completa gli studi all’
Università di Ibadan. Prima insegnante, poi direttore di una casa editrice in
Nigeria, muore in Biafra in combattimento, nel 1967. La sua raccolta più nota, Heavensgate,
ruota intorno al sogno tumultuoso in cui si rivela “la mia leonessa”,
del verso 23 di “Fanciulla marina”. I
sentimenti si nascondono dietro il linguaggio oscuro che mostra l’influenza della poesia
modernista americana e europea, ma il
fascino delle sue liriche d’amore nasce soprattutto dal fatto che, dietro alla
lingua inglese da lui usata, si sente palpitare una vita in cui la mitologia
tribale africana si accompagna alla musica e ai ritmi nigeriani.
[23]Christopher Okigbo,”Fanciulla marina”, da Heavensgate(1961-62), in Voci d’Africa-poesia africana di lingua
inglese . A cura di Lucilla Sbicego; presentazione
di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.. Nei brevi versi liberi di ”Fanciulla marina”, l’inglese
è usato con musicalità insolita, e con frequenti
allitterazioni. Il ritmo presenta leggeri accenti di staccato africano e
l’intero componimento possiede una magica capacità evocativa. I riferimenti
all’acqua e alla luce lunare accostano la Fanciulla marina alla dea-madre Idoto
della religione Igbo, collegata a sua volta alla dea Iside, che aveva il titolo
di “Leonessa della Sacra assemblea”. Tutte le
poesie di Okigbo sono state pubblicate postume nella raccolta Labyrinth,
Heinemann, African Writers Series, 1971.
[24]Jean
Baptiste Tati-Loutard, « Vecchia radice » .Da La tradition du
songe in Présence africaine, Paris,1985, in Poesia africana-
poeti sub sahariani di area francofona. Op. Cit.
[25] Michael Echeruo nasce nel 1937. Universitario e critico. Capo
dipartimento d’inglese all’Università di Ibadan. Insegna poi inglese alla
Syracuse University(N.Y).
[25] Michael Echeruo,”Ninnananna” ( Lullaby), da “West African
Verse”-Longman-1967.Trad dall’ingl. di Etienne Galle: Berceuse in Poésie
d’Afrique au sud du Sahara - 1945-1995, a cura di Bernard Magnier,.Actes
Sud, Éditions UNESCO, 1995. Trad. dal fr. di Maria Gabriella Bruni.
[27]Bai Tamia Johnson Moore nasce a
Gola fra Monrovia e Tubmanburg, Liberia. Ministro degli affari culturali del
suo paese fino alla morte, che avviene a Monrovia nel 1988.
[28]Bai T. Moore,”Lamento di un amante”, da Voci d’Africa-poesia africana di lingua inglese, op.cit. Generalmente
ogni fanciulla africana è un pegno di ricchezza per il capo –famiglia, in
quanto il giovane che vuole ottenerla in sposa deve versare a quest’ultimo un
considerevole quantitativo di beni o una certa somma di danaro. Si può supporre
che l’autore non sia stato in grado di versare la somma richiesta.
[29] Mangang – Ma – Mbuju - Wisi nasce
a Yidoumi, Gabon, nel 1948. Studia all’Università di Paris. Conduce poi ricerche sulla tradizione orale in
Africa. Le crépuscule des silences, 1975,
e Ainsi parlaient les anciens, 1980,
sono le sue opere.
[30] Mangang-Ma-Mbuju Wisi,”Ventaglio di colori”, da Le Crépuscule
des silences, Oswald, Paris, 1972. . In Poesia Africana -Poeti sub
sahariani di area francofona. Op. Cit.
[31] N’ Debekha nasce a Brazzaville
nel 1944. Di formazione scientifica, scrittore precoce, a vent’anni era già uno
dei poeti ufficiali della rivoluzione. Prima alla direzione degli Affari
culturali del suo paese, poi Ministro dell’Istruzione, infine in prigione, a
rischio della condanna capitale. Da anni in esilio a Parigi. Il testo è tratto
da L’oseille et les citrons, Oswald, Paris, 1975. Sua anche la
raccolta La Danse de Nkumba ensorcelée, -Publisud, Paris, 1988.
[32]Maxime N’Debekha,” Fieri e begli uccelli”, in Poesia Africana
-Poeti sud sahariani di area francofona. Op. Cit.
[33]Véronique Tadjo nasce a Paris nel
1955. Viaggia tra Inghilterra, Usa e Côte d’Ivoire, dove
insegna all’Università di Abidjan.- Latérite del1984 è il suo primo
volume di poesia. Ha ricevuto il premio letterario dell’ACCT.
[34] Costa d’Avorio. Il Presidente della
Repubblica Ivoriana ha chiesto ufficialmente di indicare il suo paese con la
terminologia francese:”Côte
d’Ivoire ”.
[35]
Véronique Tadjo ,” Se tu fossi
venuto”, in Poesia Africana -Poeti sub sahariani di area francofona, Op. Cit.
[36]
Sorta di xilofono, Balafong in Senghor.
[37]Omar Gode Bouh nasce intorno al
1930 a Gibuti. Poeta e cantastorie. Si esprime in somalo.
[38] Omar Gode Bouh,”Siddeed sano”(in somalo) (”Sono otto anni“ in italiano), in Bulletin
des études africaines Vol.IX, 1992, INALCO (Paris). Trad. in franc. di
Susanne Lilius in Poésie d’Afrique au
sud du Sahara , Op. Cit. trad. dal franc . di Maria Gabriella Bruni.
[39]Pascale Quao- Gaudens Clavreuil
nasce nel 1963 ad Abidjan, Côte d’Ivoire. Illustratrice vive in Francia.
[40]Pascale Quao- Gaudens, ”
Le parole stuzzicano i suoi sensi”, in Et …Sens, éditions
Publisud,1988.
Da Poésie d’Afrique au sud du Sahara,Op. cit.Trad dal franc.di Maria Gabriella Bruni.
[41]Chika “Nina ” Unigwe nasce a Enugu, Nigeria, nel
1974. Attualmente vive a Turnhout, Belgio con il marito e i quattro figli. Si è
laureata in lingua e letteratura inglese all’Università di Nsukku, Nigeria. Nel
2004, dottore in scienza della letteratura all’Università di Leida, Paesi
Bassi. Dal 2007 è membro del consiglio comunale di Turnhout, per il partito
cristiano-democratico.
[42] Chika Unigwe,“Seattle, Ash Wednesday ”(Seattle,
mercoledì delle Ceneri), 2007. Su http://www.africanwriter.com/articles/41/1/Looking-out-the-Window---Poems-by-Chika-Unigwe/Page1.html ; Trad. dall’ingl. di Isabella
Nicchiarelli.
[43] Ndjock Ngana, nato in Camerun nel
1952, vive in Italia, a Roma, e si esprime in italiano. Lavora come operatore
interculturale ed è autore di molti
libri di poesie e racconti.
[44] Ndjock Ngana,”Bellezza nera”, dalla raccolta Nhindo nero, Edizioni
Anterem, 1995, in lingua basaa con
traduzione in italiano.
[45]Kalonda-ba-Mpeta-Mulongo VIII
nasce nel 1947. Editore e autore, insegna all’università di Imbumbashi.
[46]Kalonda-ba-Mpeta-Mulongo
VIII,”Nakumbuka” (“Je me rappelle”in francese ; « Mi ricordo », in ital.), in Utenzi,
ed.Uhuru, c.1990, Paris .Da
Poésie d’Afrique au sud du Sahara. Op. cit. Trad. dallo swahili al franc. di Ngandu Nkashama.Trad.dal fr. in
ital. di Maria Gabriella Bruni.
[47] Usmane Mussa Diagana nasce nel
1951. Insegnante, linguista, poeta e drammaturgo, si esprime in soninké
e francese.
[48]Usmane Mussa Diagana “Eccomi
all’estero” ( U faayi tunan di=me voici à l’étranger). Tradotto dal soninké in
francese dall’autore ; in Notules de rêves
pour une symphonie amoureuse, testo inedito, da Poésie d’Afrique au sud du Sahara.Op. Cit..
Trad. dal francese di Maria Gabriella Bruni.
[49] Una sorta di cereale che si batte
per liberarlo, con l’aiuto del vento, del rivestimento e recuperare il seme.
[50]Julius Chingono, figlio di
minatore, nasce nello Zimbabwe nel 1946,
e diviene presto lui stesso brillatore di mine. È anche pastore Mufundisi della Chiesa Apostolica
Tsitsidza Mwari.Comincia a scrivere poesia negli anni Sessanta, sia in Inglese
che in shona, continuando a lavorare
in miniera. Pubblica romanzi e lavori
teatrali; due raccolte poetiche in Inglese nel 1983 e nel 1996, ma la fama giunge soltanto
nel 2006 in Sud Africa. La semplicità
del suo linguaggio maschera la complessità, l’ironia e l’ambiguità dei suoi
testi. Muore nel 2011.
[51] Julius Chingono,” Quando se ne andò via” (“When she left” ,
1994), pubblicata la prima volta su Zimbabwe PIW, in
una edizione speciale, il 10 giugno 2008; su www.poetryinternationalweb.org. Trad. dall’inglese di Isabella
Nicchiarelli.
[52]Julius Chingono,” La solitudine ”(“ Loneliness”),
pubblicata su PIW nel 2003, copyright dell’Autore. www.poetryinternationalweb.org.
trad. dall’ingl. di Isabella Nicchiarelli.
[53]Solomon Deressa nasce nel 1937.
Giornalista, insegnante, poeta e drammaturgo, scrive in amarico, inglese e
francese.
[54]Solomon Deressa, « Cambio di velocità», dalla rivista African Arts, 1969, nell’antologia
Poésie d’Afrique au sud du Sahara, op. cit. Tradotto dall’ingl. in franc. da
Priska Degras, Shifting Gears. Tr. dal fr.in ital. da Maria Gabriella Bruni
.
[55]Véronique Tadjo ,” Insegnami”, dalla raccolta Latérite,
1984; -Hatier/CEDA, Paris. In Poésie d’Afrique au sud du Sahara ,op.cit. Trad .dal fr. di Maria
Gabriella Bruni.
[56]Ana Paula Ribeiro Tavares nasce a Lubango, Huila, Sud dell’Angola nel
1952. Storica, Segretario di Stato alla Cultura.
[57]Paula Tavares ”Mi hai disossata”, da Ritos de passagem, UEA , 1985, Luanda. Trad. dal portoghese in
franc. di Michel Labon per Poésie
d’Afrique au sud du Sahara.Op. Cit. Trad. dal fr. di Maria Gabriella.
Bruni.
[59] Poeta sudafricano bianco,
discendente dai coloni olandesi.
[60] Poeta e musicista africano nero, che
compone canti orali.
[61] Termine che indica un sentimento,
tipicamente presente nella psicologia brasiliana, assimilabile alla nostalgia,
ma spesso utilizzato anche da Léopold Sédar Senghor.
[62] Poeta e musicista africano nero,
che compone canti orali.
[63]Mazisi Kunene nasce a Durban nel
1930, studia all’università di Natal.
Nel 1959 si reca a Londra per ricerche
sulla poesia zulu, per comporre un’opera epica secondo la tradizione
zulu. Produce, scrivendo soprattutto in lingua bantu, e pubblica in
parte in Sud Africa. Nel 1956 vince il premio per la letteratura bantu.
[64] Mazisi Kunene,” Addio”, in Voci d’Africa-poesia
africana di lingua inglese . A cura di
Lucilla Sbicego; presentazione di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.
La raccolta originaria di queste poesie, pubblicata nel 1963 - Mazisi
Kunene:Zulu Poems,Holmes & Meier -si ispira agli stessi temi della poesia
in lingua bantu, ma nella forma questi versi rivelano l’influsso della poesia
inglese contemporanea.
[65] Ingrid de Kok nasce nel 1951 a
Johannesburg, Sudafrica. Nel 1983 torna dal Canada, dove si era stabilita nel
1970, in Sudafrica. Dirige l’educazione
per adulti all’Università di Capetown.
[66] Ingrid de Kok,”Rammendo”, da Mappe del corpo , a cura di Paola Splendore, Donzelli,2008.
[67] Ingrid de Kok,”Donna allo specchio”, da Mappe del corpo , a cura di Paola
Splendore, Donzelli, 2008.
[68] L’isola ha aderito all’UOA (Organizzazione
dell’Unità Africana) di cui ha espresso anche la Presidenza nel 1976. La sua
realtà è multietnica, multiculturale e plurilinguistica, essendo 17 le lingue
praticate nell’isola: l’hindi è parlato dal 40% della popolazione ed è
lingua della comunicazione quotidiana come il creolo usato dal dal 32%,il
francese dal 4,5%,(lingua di prestigio culturale e dei media),l’inglese
0,3% ( lingua dell’amministrazione), sono le quattro lingue che giocano un
ruolo maggiore. I dati sono quelli dell’antologia da cui sono tratti i
frammenti poetici presentati- tratti dalla sua opera ”Sens magique”, 1957,
in Littératures nationales d’écriture française, Bordas éd., Paris,1986.
[69] Malcolm de Chazal nasce a Vacoas
nell’ isola Maurizio, che ebbe a definire la sua eterna fidanzata, dove
trascorse infatti gran parte della vita, se si eccettua il periodo di studi in
ingegneria dello zucchero all’università di Baton -Rouge, Louisiana, USA. L’impegno
nella lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori nell’industria dello zucchero
lo portò a estraniarsi dall’industria di famiglia. Muore a Curepipe, sempre
nell’isola, nel 1981. L. S. Senghor, incontrandolo su una spiaggia della sua
isola nel ’73, gli dice: ”La prima volta che ho letto Sens plastique , il vostro capolavoro, ho
creduto che aveste sangue nero”. E Il Mauriziano risponde: ”Niente avrebbe
potuto farmi altrettanto piacere. L’arte s’è rifugiata, è tornata alla fonte: in
Africa e in India». Breton ebbe a dire di quest’opera: ”Inteso niente di così
forte dopo Lautréamont».
[70] Malcom de Chazal, Sens Magique. Lachenal e Ritter
rieditano nell’83 l’edizione che nel ’57 l’autore aveva autoprodotto. La
traduzione dal francese dei frammenti è di Maria Gabriella Bruni.
[71] Malcolm de Chazal, Frammenti ” XCII,
DLXXVI, XXV, da Senso magico, in Littératures Nationales d’écriture française, Bordas éditeur, 1986.Trad.
dal francese di Maria Gabriella Bruni.
[72] Raymond Chasle nasce nell’isola
Maurizio nel 1930. Laureato in lettere a Londra, prima insegna, poi entra
nell’amministrazione per rappresentare infine il suo paese all’UNESCO, dopo
l’indipendenza dell’isola nel 1968. Conclude
la carriera come rappresentante dell’Isola all’ONU, infine alla CEE. Muore nel
1996. Ha scritto Versos interdits, Oswald,Paris, 1970 e L’Alternance des Solstices, Saint Germain des Prés, 1975, Le Rite
et L’Extase, L’Etoile et La Clef éd.,Bruxelles,1976.
[73] Raymond Chasle, “Calligramme”, da L’Alternance
des solstices, 1975, in Littératures
nationales d’écriture française ,Bordas
éd., Paris, 1986, Saint-Germain-des-Prés, Paris. Trad .di Maria
Gabriella Bruni: “L’alternanza dei
solstizi” Noi ci
allontaniamo/alfabeto dei fiammeggianti coralli/io sono l’estate di
un’isola/che circola nel tuo sangue/con le esplosioni/dei nostri corpi/folli
dei tropici/attraverso l’espansione/ dell’universo/il tuo nome /scorre/ nelle
mie vene/noi riprendiamo la nostra corsa/i confini arretrano/ma l’isola è
promessa/bersaglio /offerto a onda australe>.
[74] Niyi Osundare nasce nel 1947 a Ikere-Ekiti, Ekiti State, Nigeria.
Poeta, drammaturgo e critico letterario, dal 1997 ha insegnato all’Università
di New Orleans. Si è trasferito negli
USA per permettere gli studi ad una dei figli, affetta da sordità. Nelle sue
poesie, il lessico esplicito del sesso viene tenuto sotto controllo in rispetto
delle convenzioni sociali e delle tradizioni yoruba, cristiane e inglesi. Secondo gli Yoruba, si possono
menzionare solo gli organi sessuali degli animali o usarli in allegorie (per
es. pene = terza gamba; vagina = apertura del corpo). Soltanto durante le feste
di Oke’badan, viene consentito l’ uso di un linguaggio privo di veli, ma con
finalità catartiche. Il poeta usa dunque perifrasi, ma senza eufemismi, così
che spesso i riferimenti sessuali, suo malgrado, diventano ancora più espliciti.
[75] Niyi Osundare,” Adumaradan”, da Tender Moments, Love
Poems , University Press Nigeria, 2006; trad. di Isabella Nicchiarelli.
[76]Vento di terra, che inaridisce e
brucia sulla costa della Guinea settentrionale. Soffia nei mesi di dicembre,
gennaio e febbraio.
[77] NOTA DELL’AUTORE: *Una-il cui
colore Nero- è la bellezza della pelle.
[78] Che produce tintura rossa
naturale.
[79] Uccello della famiglia dei
Ploceidi.
[80] Diastema .
[81] NOTA DELL’AUTORE: ** Quella -per i cui favori -il mondo-gareggia.
[82] Charles Mungoshi nasce nel 1947
in un villaggio vicino a Chivhu nel
territorio di Manyene Tribal Trust, Zimbabwe. Scrive in shona e inglese.
[83] Charles Mungoshi, “Il sesto anno” (2008), pubblicata per la
prima volta su PIW Zimbabwe, nell’ edizione speciale del 10 giugno 2008; su www.zimbabwepoetryinternationalweb.org ; Trad dall’ingl. di Isabella
Nicchiarelli.
Nessun commento:
Posta un commento