lunedì 4 luglio 2016

I narratori poeti.C.Pavese.4

Mi ero altresì creato un verso,il che,giuro,non ho fatto
apposta.a quel tempo,sapevo soltanto che il verso  libero
non mi andava a genio,per la disordinata capricciosa
abbondanza ch'esso usa pretendere dalla fantasia.Sul
verso libero whitmaniano,che molto invece ammiravo
e temevo,ho detto altrove la mia e comunque già
confusamente presentivo quanto di oratoriosi richieda
a un'ispirazione per dargli vita.mi mancavainsieme il
fiato e il temperamento per servirmene.nei metri
tradizionali non avevo fiducia,per quel tanto di trito
e di gratuitamente (così mi pareva)cincischiato ch'essi
portano con sè;e ,del resto,troppo li avevo usati
parodisticamente per pigliarli ancora sul serio e
cavarne un effetto di rima che non mi riuscisse comico.
   Sapevo,naturalmente ,che non esistono metri tradizionali
in senso assoluto,ma ogni poeta rifà in essi  il ritmo interiore
della sua fantsia.e mi scopersi un giorno a mugolare certa
tiritera di parole (che poi fu un distico dei Mari del Sud)
secondo una cadenza enfatica  che fin da bambino,nelle
mie letture di romanzi,usavo segnare,rimormorando le
frasi che più mi ossessionavano.così,senza saperlo,
avevo trovato il mio verso,che naturalmente per tutti 
I Mari del Sud e per parecchie poesie fu solo istintivo
(restano tracce di questa incoscienza in qualche verso dei
primi,che non esce dall'endecasillabo tradizionale).
Ritmavo le mie poesie mugolando. Via via scopersi le
leggi intrinseche di questa metrica e scomparvero  gli
endecasillabi e il mio verso si rivelò di tre tipi costanti,
e che in un certo modo potei presupporre alla composizione,
ma sempre ebbi cura di non lasciar tiranneggiare,pronto ad
accettare quando mi paresse il casi,altri accenti e altra
sillabazione.ma non mi allontanai più sostanzialmente
dal mio schema e questo considero il ritmo del mio fantasticare.
                                                                   
                                                                    continua

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