sabato 29 novembre 2014

Ritorna la contaminazione degli haiku.J.Kerouac.1



Roland Barthes sottolinea il fatto che la peculiarità linguistica dello haiku è quella di dire “nulla”. Il verso ha la purezza, la sfericità e il “vuoto” di una nota musicale, che nel trasmettere sensazioni ed emozioni non è legata però a nessun “significato” particolare:
Il tempo dello haiku è senza soggetto: la lettura non ha altro ‘io’ se non la totalità degli haiku di cui questo “io”, per una rifrazione all’infinito, non è che il luogo di lettura.”
Qualsiasi essere, oggetto, evento, sono tutti degni della stessa attenzione: nel mondo dello haiku non esiste qualcosa o qualcuno più importante di qualcos’altro.
Lo haiku non è una poesia di idee ma di cose, in una espressione immediata che non descrive, non declama, non giudica e non spiega, ma solamente evoca un’immagine.
Secondo Roland Barthes lo haiku non descrive, ma si limita ad immortalare un’apparizione, a fotografare un attimo, ed è per questo che tra le sue caratteristiche troviamo la brevità, la leggerezza e l’apparente assenza di emozioni secondo i canoni del buddhismo zen:
 L’arte occidentale trasforma l’impressione in descrizione. Lo haiku non descrive mai: la sua arte è anti-descrittiva, e ogni stadio della cosa è immediatamente, caparbiamente, vittoriosamente trasformato in una fragile essenza di apparizione.”



L’haiku americano non è esattamente l’haiku giapponese.
L’haiku giapponese è rigorosamente disciplinato dalle 17 sillabe,ma  poiché la struttura del linguaggio è diversa,  gli haikus americani (che restano solo poesie di tre versi brevi) si preoccuperebbero delle sillabe perché il discorso americano è talvolta di nuovo …in rotta col pop.Spesso descrittivi,al contrario di quelli giapponesi che tendono a rendere il profumo di un'atmosfera.
Soprattutto un haiku può essere molto semplice e libero da tutti i trucchi poetici e costituire un  quadretto e ancora essere aereo e aggraziato come una pastorella di Vivaldi.









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