giovedì 2 febbraio 2017

Leonardo Sinisgalli.Biografia.

 

 

                                     Leonardo Aantonio Rocco Maria Sinisgalli

Infanzia (1908-1918)

Leonardo Sinisgalli nasce a Montemurro in quella che egli definirà "la dolce provincia dell'Agri"], alle ore 15 del 9 marzo 1908 da Vito Michele e Carmina Geronima Maria Lacorazza, nell'attuale corso a lui intitolato (l'allora via Piazza). La sua infanzia indirizzerà lo sviluppo della sua poetica. A Montemurro Leonardo frequenterà la bottega di don Vito Santoro che gli farà da maestro e consiglierà alla madre di fargli continuare gli studi, nonostante la sua aspirazione fosse quella di fare il garzone presso la bottega del fabbro mastro Tittillo.

La partenza. Il periodo romano (1918-1923)

Così, nel 1918, Leonardo partirà per Caserta, alla volta del Collegio Salesiano "con le tasche piene di confetti", ma con il cuore singhiozzante per la traumatica separazione familiare. Da Caserta passerà al Collegio di Benevento, perché ritenuto più congeniale, e qui preparerà la "bellissima licenza" che conseguirà a Napoli nel 1925 con la media più alta della Campania. Considerata l'eccellenza di voti si iscrisse a Roma alla facoltà di Matematica, dove seguì i corsi di geometria, di analisi, di matematica di Levi-Civita, Severi, Castelnuovo, Fantappiè che mostrano per lui una particolare predilezione. Sarà proprio Leonardo a confessare in seguito di aver conosciuto fra i quindici e i vent'anni “giorni d' estasi”, grazie alla “musica accorata” che gli quietava le voglie e ai “modelli impenetrabili alla malinconia” che gli offriva la matematica. Ultimato il biennio però, in preda a una crisi, passò ad ingegneria. In questo periodo si innamorò artisticamente di Sergio Corazzini, poeta crepuscolare, a cui si ispirerà per la stesura dei suoi primi versi, pubblicati in autoedizione nel 1927 con il titolo di Cuore.
Invitato da Enrico Fermi, nel 1929, ad entrare nell'Istituto di Fisica di via  Panisperna, preferirà rinunciare allo studio dei "neutroni lenti e della radioattività artificiale" per seguire "pittori e poeti"], ma non senza incertezze e dubbi: confesserà che non riusciva a vederci chiaro nella sua vocazione, e che gli sembrava di avere "due teste, due cervelli, come certi granchi che si nascondono sotto le pietre...".
Del soggiorno a Roma sono molto importanti le frequentazioni con Libero de Libero, Arnaldo Beccaria, Scipione e Mario Mafai e la collaborazione a " L'Italia letteraria".

Il primo periodo milanese (1932-1940)

Dopo la laurea in Ingegneria Elettronica e Industriale e all'esame di Stato sostenuto a  Padova nel 1932, parte alla volta di Milano, ma dovrà fare i conti, nei primi tempi, con molte difficoltà, nonostante qualche saltuaria collaborazione a “ L'Italia letteraria"e a  "La Lettura". La svolta fu sancita dall'incontro con Ungaretti , poeta già di fama, che, nel '34 , non tacque l'entusiasmo per il talento del giovane Sinisgalli, dapprima con una corrispondenza sulla “Gazzetta del Popolo”, in seguito a Torino, durante una conferenza sul Petrarca. Il 1934 lo vede partecipare, dietro suggerimento di Zavattini, ai Littorali per la gioventù a Firenze, durante i quali una giuria composta da Bacchelli , Ungaretti,Palazzeschi  decreta la vittoria della sua poesia "Interno Orfico”, che supera quella di Attilio Bertolucci; nell'ambito dello stesso concorso,Alfonso Gatto è primo nella prosa. Essere primo littore di poesia non gli fu giovevole: il suo componimento e quello di Bertolucci furono oggetto di una feroce critica di Telesio Interlandi su “Tevere”, giornale fascista, nel quale lo stesso Interlandi elogiò, invece, il lavoro del quinto classificato Pietro Ingrao, politicamente più impegnato.
Il poeta ripara a Montemurro dove prepara, nel 1935, la prima stesura del “Quaderno di geometria” e di molte delle diciotto poesie che in seguito pubblicherà. In virtù delle insistenze di Cantatore, Zavattini ed altri, decide di ritornare a Milano e dove inizia una stagione ricca di soddisfazioni. Le 18 poesie furono pubblicate per le edizioni Scheiwiller,e la linea editoriale era quella di un libriccino rosso delle dimensioni di un francobollo, per una ragione non prettamente estetica ma funzionale, essendo la carta razionata ai tempi dell'Impero. Quelle poesie si imposero prepotentemente all'attenzione di critici come Emilio Cecchi e De Robertis, che gli dedicò un famoso saggio sul primo numero di "Letteratura", ed inaugurarono la fortunata collana “All'insegna del pesce d' oro”, che prese il nome dall'osteria in cui Leonardo, Quasimodo, Cantatore e Scheiwiller  si ritrovavano. “Sinisgalli era veramente uno dei più pronti a dominare la situazione e la conversazione, nei giochi propri dei caffè letterari. Ricordo ancora, con una certa emozione, l'uscita della 18 poesie. Fu uno dei libri che allora ebbero una accoglienza sicura da parte dei giovani e della critica più sensibile. Subito ci si accorse che si era davanti ad una figura rilevante della civiltà poetica di quel tempo”, sono queste le parole che usò Luciano Anceschi scrivendo di Leonardo al Savini, un caffè abituato a veder seduti ai suoi tavoli artisti e letterati. Contemporaneamente il poeta si dedicava in maniera febbrile alla sua attività pubblicistica, scrivendo su riviste di architettura e di arredamento, non tralasciando il suo interesse per gli allestimenti e la grafica[15]. Nel periodo milanese, pregno di amicizie e possibilità, impegnava le sue giornate a coltivare le amicizie con Persico, Pagano, Nizzoli, Terragni, Veronesi, con il grande architetto Giò Ponti, e frequentando lo studio Boggeri e la Galleria del Milione. I suoi "Ritratti di macchine" e "Quaderno di geometria" fissano il primo tentativo di Sinisgalli di giungere ad un superamento del dualismo tra la cultura scientifica e artistica. Il lungo legame che intreccerà la vita di Sinisgalli al mondo della grande industria comincia nel '37 quando, dietro consiglio di Gatto, risponde ad un'inserzione che gli procurerà un contratto con la Società del Linoleum come organizzatore di convegni e collaboratore di una rivista specializzata. Nel '38,Adriano Olivetti lo assume come responsabile dell'Ufficio tecnico di pubblicità.
Un grande fervore creativo caratterizza i due anni in cui lavora alla Olivetti : le sue vetrine e i manifesti pubblicitari assurgono quasi a prodromi delle tecniche proprie della pop-art; sono oggetto di commenti e attenzioni, la rosa in un calamaio accanto alla macchina da scrivere “Studio 42” diventa l'emblema della sua lirica peculiarità di reclamizzare i prodotti industriali. Pubblica in questo stesso periodo ”Campi Elisi”, opera che sottolinea la sua adesione al gusto ermetico, della quale scriveranno Anceschi, Contini, Bo, quest'ultimo sottolineandone la leggibilità estrema e la concretezza di sentimenti così da contraddire le critiche di oscurità di cui erano fatte oggetto le liriche ermetiche.

La guerra

Scoppiata la guerra, Sinisgalli, con il grado di ufficiale, viene richiamato alle armi: in Sardegna, prima, e a Roma, poi, dove pubblica nel '42 alcuni racconti di Fiori pari, fiori dispari, alcuni saggi di Furor mathematicus e una parte di Horror vacui. Conosce Giorgia de Cousandier, la bella baronessa amante di Trilussa e anch'essa poetessa, pubblicista e narratrice, che diventerà la sua compagna e che sposerà nel '69. Ad agosto '43, un mese prima che sua madre muoia, esce per i tipi di Mondadori Vidi le Muse, con la prefazione di Gianfranco Contini, nella prestigiosa collana dello “Specchio”, che raccoglierà tutta la produzione compresa negli anni 1931-1942. Ignaro della morte della madre, in una Roma ancora frastornata dalla firma di  Cassibile dell'8 settembre, inizia la convivenza con Giorgia e con il più piccolo dei suoi figli, Filippo. Il 13 maggio del '44 è tratto in arresto dalle S.S. che vogliono informazioni su un amico scrittore e viene trasferito in Via Tasso. Solo la prontezza di Giorgia, e la sua conoscenza del tedesco, lo salvano dopo 24 ore.
La liberazione dell'Italia lo vede partire per Montemurro dove gli viene comunicata la notizia della morte della madre e dove si ferma per qualche mese. Rientra a Roma e ricomincia la sua frenesia nel lavoro: pubblica Furor Mathematicus, Fiori pari, fiori dispari, che ebbe a definire 28 capitoli di prosa confidenziale, e Horror Vacui, si cimenta in traduzioni e collaborazioni giornalistiche; fa parte della redazione de “Il costume politico e letterario". Deve però fare i conti con qualche difficoltà: gli editori romani gli rifiutano molte delle sue proposte scientifiche e letterarie, ad esempio l'idea di una collana di classici scientifici che aveva elaborato con Sebastiano Timpanaro, direttore della Domus Galileiana di Pisa. La sua passione eclettica lo porterà a creare, con Giandomenico Giagni, una rubrica culturale radiofonica di notevole successo: il “Teatro dell'usignolo”. Questo programma, che ha per protagonisti musicisti e poeti, è ancora oggi un fulgido esempio delle capacità innovative della radio del tempo. Nel 1947 pubblica I nuovi Campi Elisi.

Il secondo periodo milanese (1948-1952)

Luraghi, il nuovo direttore generale della Pirelli, lo vuole con sé come Art-director, con Arturo Tofanelli il poeta-ingegnere fonda l'house organ Pirelli, la rivista del gruppo che diventerà teatro di nuove sperimentazioni che troveranno compimento in Civiltà delle Macchine del 1953.
Comincia così l'attività propagandistica per l'azienda, con l'allestimento di mostre, cicli di conferenze e la pubblicizzazione vera e propria dei prodotti: sul finire degli anni Quaranta si poteva veder campeggiare su tutte le strade d'Italia un enorme cartello illustrante una suola e lo slogan "Camminate Pirelli". Nel 1949 gira un documentario scientifico sui solidi "superiori" intitolato Lezione di geometria, che viene premiato a Venezia nel corso della Mostra del Cinema. Stessa sorte avrà Millesimo di millimetro, cortometraggio che gira con Virgilio Sabel l'anno successivo. In questo stesso anno esce presso Mondadori il Furor mathematicus: è una versione ampliata del primo Furor ed include tutti gli scritti di matematica, di geometria, di architettura, di arte e artigianato, di tecnica e storia della scienza, antesignana della "Civiltà delle macchine", la prestigiosa rivista che inventò nel 1953 e diresse per cinque anni (32 numeri).

Il ritorno a Roma (1952-1963)

Con il solo fratello Vincenzo come redattore, un fattorino e due segretarie, fondò per la Finmeccanica, di cui era presidente quel Luraghi che lo aveva voluto alla Pirelli, la rivista delle due culture "Civiltà delle macchine". La rivista, che aveva come modello il “Politecnico” di Cattaneo, spalancava agli umanisti il mondo delle macchine e ai tecnici il mondo delle litterae ed ebbe una immensa eco anche a livello internazionale, divenendo una delle piattaforme di discussione delle grandi menti del secolo.
Nell'agosto del 1953 muore il padre, e, in seguito alla divisione dell'eredità, al Poeta rimane solo la casa sul fosso “Libritti” dove nacque. Le due vigne (tremila viti) di cui Vito si era curato personalmente per trent'anni vengono vendute, con sommo dispiacere di Leonardo che ne serbava un malinconico ricordo. Soprattutto per la “Vigna vecchia”, la dote di matrimonio della madre: un piccolo fazzoletto di terra al quale aveva dedicato un'ode. Ma questi, sono anche anni di intenso lavoro per il gruppo Finmeccanica,
che comprende 29 aziende: inventa slogan, escogita nomi (“Giulietta” 
e “Romeo” dell' Alfa sono suoi), si cimenta nel curare mostre, tra cui 
spicca quella del '55 dedicata all'”Arte e industria”, in collaborazione 
 con Enrico Prampolini , presso la Galleria d'Arte Moderna di Roma. 
Quando Luraghi, il suo nume tutelare, esce di scena e la testata Civiltà delle Macchine passa all' Iri , inizia un processo di lento declino che porterà il Poeta, con il numero di marzo-aprile del '58, ad abbandonarne la direzione con profonda indignazione, lasciandosi alle spalle una battaglia per mantenerne integra la struttura e l'essenza[20]. La rivista continuerà le pubblicazioni fino agli anni '80, mutando però indirizzo dopo l'uscita di Sinisgalli che si impegnò subito in un lavoro di propaganda pubblicitaria
per l'Agip, su richiesta di Enrico Mattei, inframmezzato da una pantagruelica mole di viaggi (Iran, Marocco, Cecoslovacchia, Thailandia, ecc.), conseguenza sia delle dimensioni internazionali dell' azienda, sia della 
sua nomina a consulente part-time per l' Alitalia nel '61. In quello stesso
 anno vince, con Tristan Tzara, il premio Etna-Taormina e inizia a collaborare con “Paese sera”. È questo il periodo in cui il suo genio creativo, reso 
così fertile dalla sua Musa negli anni della gioventù, comincia a inaridirsi, senza però compromettere la qualità dei suoi versi, e lo convince a rivolgersi verso un'altra passione: quella del disegno e del ritratto. Nel maggio del '62 inizia a esporre i suoi lavori a Milano, nella Galleria Apollinaire.

L'ultimo periodo

Molte difficoltà lo accompagneranno nel 1963, non ultime le problematiche 
di salute del figlio Filippo. Abbandona l'ENI e ritorna a Milano, ma, con sua somma delusione, la “città tecnica” di Gadda, che sempre aveva tessuto le sue lodi, questa volta sembra indifferente alle sue creazioni. Ritorna a Roma dopo qualche piccola consulenza di scarso rilievo e fonda la rivista di design “La botte e il violino” (8 numeri) nella quale dà anche libero sfogo alle sue riflessioni. Collabora al “Il Mondo” di Pannunzio e al “Tempo Illustrato”, nel quale affronta una rubrica di critica d' arte, i cui articoli confluiranno poi nei Martedì colorati (Immordino, Genova 1967). Gli editori de “La botte e il violino” decidono di chiudere la rivista a causa dei costi elevati e Leonardo si dedica all'ideazione di un nuovo house organ: “Il quadrifoglio”, una rivista d' automobilismo che dirigerà fino al 65º anno d' età. L'anno precedente aveva pubblicato per Mondadori la Poesia di ieri, un'antologia delle sue raccolte che vince il Premio Fiuggi.
Il 1967 è l'anno della pensione ed anche del sopraggiungere di un infarto che però non lo induce, nonostante il parere dei medici, a ridurre il ritmo delle sue attività: infatti cura con il fratello Vincenzo un programma monotematico per la radio dal titolo “La Lanterna” che andrà avanti per circa due anni e raggiungerà le 98 puntate.
Il dolore per la perdita di Giorgia (1978) e i riconoscimenti letterari sono il filo conduttore degli anni '70: vince il premio Gubbio-Inghirami nel '71, il premio Viareggio nel '75 e il premio Vallombrosa nel '78 con “Dimenticatoio”.
Il Nobel a Montale invece che ad Ungaretti nel '75 è cagione di grande delusione e di un duro scontro con Scheiwiller che lo bersaglia in una dura Lettera aperta, ma lo screzio si risanerà velocemente. Collabora al “Settimanale” con una rubrica d'arte e a “Il Mattino”, su cui pubblica delle memorie rielaborate, scritte anni addietro e nel 1980 vedono la luce le “Imitazioni della Antologia Palatina” per la Edizioni della Cometa. Ormai Sinisgalli è sempre più preso dalla sua passione per il disegno e nel 1980 fonda a Roma con Roberta Du Chene ed Ida Borra la galleria “Il Millennio". La mostra d'apertura è dedicata ai pastelli e agli acquerelli di Sinisgalli.
È proprio durante la seconda personale presso la sua Galleria che il 31 gennaio 1981 Sinisgalli muore per infarto; viene sepolto nei Campi Elisi. Per volontà di Rodolfo Borra (l'esecutore testamentario di Leonardo), sulla lapide del poeta, campeggia la sua ultima poesia: "Risorgerò fra tre anni o tre secoli tra raffiche di grandine nel mese di giugno".

Stile

Sinisgalli apparteneva alla generazione inquieta dei Montale, dei Moravia , dei Pavese, dei Vittorini, dei Piovene, i quali, formatisi nei duri anni del fascismo, ebbero sempre un angoscioso travaglio intellettuale dettato dalle difficoltà di quegli anni di cambiamento. La sua poesia, quindi, ha sempre 
una certa amarezza di fondo e un senso di insoddisfazione continuo. Amarezza soprattutto verso la sua condizione di emigrante, costretto a lasciare la sua terra su consiglio del suo maestro, che dopo la licenza media convinse la madre a mandarlo in collegio per proseguire gli studi. Molto spesso nelle sue opere sono presenti aneddoti e luoghi della sua infanzia, 
del suo paese, talvolta elementi all'apparenza banali, ma che rispecchiavano
la chiave della sua inquietudine e amarezza, che era il distacco forzato da casa. Ero nato senza appetiti e volevo semplicemente perire nella mia aria scriverà più avanti.
Altro aspetto fondamentale della sua poesia, e della sua prosa, fu dettato 
dalla formazione matematica che influenzò non poco le sue opere, così 
come la geometria (vedi fra tutti l'emblematico titolo Furor mathematicus)
Ebbe in regalo dall'Alfa Romeo una "Giulietta", essendo Direttore Generale dell'ENI.

Fondazione Leonardo Sinisgalli

La storia

La Fondazione Leonardo Sinisgalli è nata l'11 dicembre 2008 (atto costitutivo, Statuto), nell'anno in cui ricorreva il centesimo anniversario dalla nascita del poeta lucano, per volontà del comune di Montemurro, della Provincia di Potenza, della Regione Basilicata e della Fondazione Banco di Napoli. Tale data ha costituito l'atto finale di un percorso cominciato il 31 gennaio del 2006, data del venticinquesimo anniversario dalla morte del poeta, giorno in cui si è sottoscritto il protocollo d'intesa istituzionale. Il 17 aprile 2010 si è insediato il Consiglio direttivo, composto dal prof. Giuseppe Pardi presidente della Fondazione, dal prof. Vinicio Enzo Alliegro, dal prof. Salvatore Lardino, dal prof. Ludovico Rossi che all'unanimità hanno nominato il prof. Biagio Russo vicepresidente e Direttore della Fondazione. Il 4 novembre la Fondazione ha ottenuto la personalità giuridica.
Il 23 settembre 2011 è stato nominato il comitato tecnico scientifico: prof. Gian Italo Bischi dell'Università di Pesaro-Urbino, Giuseppe Lupo, il prof. Silvio Ramat dell'Università di Padova e il prof. Domenico De Masi dell'Università La Sapienza di Roma.
Il 19 febbraio 2012 ha avuto inizio l'attività vera e propria della Fondazione. Da allora sono stati organizzati numerosi eventi con illustri ospiti e politici, che hanno reso la Fondazione una delle agenzie politiche più dinamiche e incisive nel panorama della Regione.
Il 22 aprile del 2013, sono state ufficialmente consegnate dal sindaco, Mario di Sanzo, le chiavi della struttura alla Fondazione che è diventata quindi ente gestore. Dopo 5 mesi di lavoro per l'allestimento museale, il 20 ottobre 2013 è stata inaugurata la Casa delle Muse, sede operativa della Fondazione, ma soprattutto spazio espositivo dedicato a Leonardo Sinisgalli e alle Sue Muse.

La Casa delle Muse

La Casa delle Muse, inaugurata domenica 20 ottobre 2013, ha rappresentato un importante traguardo per la Fondazione Leonardo Sinisgalli e per il Comune di Montemurro. Il 22 aprile, con delibera n. 22 della Giunta, l'Amministrazione Comunale ha concesso in gestione alla Fondazione l'immobile acquistato e ristrutturato con fondi della Regione Basilicata (fondi destinati alla vera casa del poeta).
La struttura di circa 200 metri quadrati, è in Corso L. Sinisgalli, al n. 44, proprio di fronte alla casa vera di Leonardo, dove nacque il poeta il 9 marzo del 1908, e dove ha scritto le prime poesie (campeggia sulla parete la celebre "Monete rosse"). Si tratta di un palazzetto acquistato e ristrutturato da Vito Sinisgalli, padre di Leonardo, nel 1922 (lo testimonia la data incisa sulla chiave di volta del bel portale in pietra). La Casa delle Muse non è solo la Sede della Fondazione Sinisgalli, in due sale sono conservati i suoi libri, 3.000, i suoi disegni, le sue pubblicità; gli attrezzi del suo lavoro, la macchina da scrivere, il dipinto di   Maria Padula del 1944; le pubblicazioni editoriali (la Fondazione ha acquistato 70 volumi del poeta-ingegnere); le copertine delle Riviste che ha fondato e diretto (Pirelli, Civiltà delle Macchine, La botte e il violino); le sue poesie ed altro ancora.
La Casa delle Muse è anche culla degli artisti cari a Sinisgalli: Gentilini, Cantatore, Turcato, Chersicla, Tamburi ecc. Ma soprattutto è forgia, nel senso sinisgalliano del termine, laboratorio di iniziative e progetti. In due sale sono infatti presenti due percorsi, proposti da due giovani intellettuali. In una, Raffaele Luongo, geologo e fotografo, reinterpreta la celeberrima poesia "Lucania" di Sinisgalli attraverso il suo sguardo e il suo obiettivo. Nell'altra, Sara Possidente, ricercatrice e filologa, propone una sintesi del suo lavoro su dei manoscritti sinisgalliani custoditi presso la Biblioteca Nazionale di Potenza.
"La Forgia di Sinisgalli: tra l'incudine dei documenti e martello delle idee" è infatti il titolo del contenitore organizzato in sinergia tra la Biblioteca Nazionale di Potenza e la Fondazione Sinisgalli e presentato nel capoluogo di Regione dal 10 aprile al 5 maggio 2013. Oltre alle mostre già citate, è possibile ammirare la mostra relativa al materiale buttato nella Soffitta della casa: fotografie, documenti, oggetti, libri e riviste dagli anni venti agli anni Quaranta.

Note

  1. ^ Registro dello Stato Civile del Comune di Montemurro, riprodotto in microfilm  sul sito Montemurro sul Web 
  2. ^ Franco Gàbici, Chi avrebbe mai pensato che scienziati e poeti, in fondo, fanno lo stesso..., La Nazione, 30 gennaio 2016: "Leonardo Sinisgalli sosteneva che dall’incontro fra scienza e poesia a trarne vantaggio sia proprio quest’ultima".
  3. ^ Gian Italo Bischi, Pietro Nastasi (a cura di), Un "Leonardo" del Novecento: Leonardo Sinisgalli (1908-1981), Università Bocconi, Milano, 2011
  4. ^ Leonardo Sinisgalli, Campi Elisi - Scheiwiller, Milano 1939, p. 11
  5. ^ Registro dello Stato Civile del Comune di Montemurro, riprodotto in microfilm sul sito Montemurro sul Web
  6. ^ Leonardo Sinisgalli, Fiori pari, fiori dispari - Mondadori, Milano 1945, pp. 11-15
  7. ^ Leonardo Sinisgalli, Prose di memoria e d'invenzione - Leonardo da Vinci, Bari 1964, p. 19
  8. ^ Sulla votazione conseguita negli scrutini finali, nel volumetto biografico Un poeta come Sinisgalli, op. cit., si legge a p. 111, a proposito dei suoi exploit: “10 in matematica, 10 in disegno e dieci nelle altre materie”
  9. ^ Leonardo Sinisgalli, Furor mathematicus - Mondadori, Verona 1950 (edizione ampliata contenente anche L'indovino e Horror vacui, p. 51
  10. ^ “Furor mathematicus” in L. Sinisgalli, Furor mathematicus, Ponte alle grazie, Firenze 1992, pp.65-67
  11. ^ "Tra i ragazzi di via Panisperna e gli artisti e i letterati che si riunivano al Caffè Aragno, sceglierà questi ultimi. Ma la passione per la cultura umanistica continuerà a bruciare in parallelo con quella scientifica": Lauretta Colonnelli, Disegni e colori dell'ingegner Leonardo Sinisgalli, Corriere della Sera, 18 dicembre 2015.
  12. ^ Elio Filippo Accrocca, Ritratti su misura di scrittori italiani, Sodalizio del libro, Venezia, 1960
  13. ^ Leonardo Sinisgalli, Un disegno di Scipione e altri racconti, op. cit.
  14. ^ cfr. "Studenti poeti" in Leonardo Sinisgalli, Un disegno di Scipione e altri racconti - Mondadori, Milano 1975
  15. ^ cfr. "La merce e l'oggetto" ne "Il Mattino" del 30/01/1977 e ne scrisse su "La Stampa" C. Alvaro
  16. ^ Già vice-direttrice de "La voce dell'America", era stata collaboratrice de "Il Tempo" di Milano
  17. ^ cfr. "Puskin a via Tasso" in Leonardo Sinisgalli, Belliboschi - Mondadori, Milano 1948
  18. ^ cfr. Civiltà delle Macchine. Antologia di una rivista 1953-1957, a cura di V. Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1987.
  19. ^ cfr. "La divisione dei beni" in Leonardo Sinisgalli, Un disegno di Scipione e altri racconti - Mondadori, Milano 1975
  20. ^ cfr. l'articolo-ricordo Civiltà delle Macchine uscito ne Il Mattino del 10/06/1978
  21. ^ cfr. "Passione del disegno" in Leonardo Sinisgalli, L'odor moro, a cura e con un saggio di Renato Aymone, Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1990
  22. ^ Marco Pivato, IL PIL SAGGIO. Quanta poesia si nasconde in laboratorio, La Stampa, 6 gennaio 2016 afferma in proposito: "Scienziati e poeti sono «ingegneri» della cultura: alla loro creatività spetta il compito di elaborare i messaggi di una civiltà evoluta. Il poeta e critico Leonardo Sinisgalli lo sosteneva nel secolo scorso, auspicando una sinergia tra umanisti e scienziati".


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