lunedì 25 aprile 2022

278.Tagore.Quest'autunno è mio, fu cullato dal mio cuore[1]

 

Quest'autunno è mio, fu cullato dal mio cuore[1]

 

i campanelli luccicanti alle caviglie

mi tintinnavano nel sangue e il suo sari di velo

ondeggiava nel mio respiro.

Io riconosco il contatto dei suoi capelli ondulati

in tutti i miei sogni.

Intorno c'è sempre lei, anche nei tremuli rami

che danzano al mio ritmo e i suoi occhi,

che dal cielo azzurro sorridono, presero luce da me.

 

           Ora  il flauto  riposa, a terra, nella casa del poeta. Lo scorcio che si apre nella notte di plenilunio non ha per leitmotif che i colori ed i profumi. Palpiti d'emozione per il familiare profumo di hennà sospeso nell'aria, per i tanti fiori intrecciati, per il velo di un inebriante color zafferano di lei che offrirà la ghirlanda di gelsomini, commuovendo il poeta che le stringe le mani, gli occhi negli occhi.

         Quanto indiani sono questi innamorati, quanto indiano questo paesaggio notturno costruito, più che con tocchi di ombre vellutate e timbri scuri, con pennellate di colore luminoso come quello dei fiori e del velo. Quanto indiana la semplicità con cui gli innamorati sono capaci di vivere il loro amore’-  sospira Zoé con gli occhi pieni di immagini lontane.



[1] R. Tagore,”Quest’autunno è mio, fu cullato dal mio cuore”, da Il Dono dell’amante,in Poesie d’amore , a cura di Brunilde Neroni, Guanda editore in Parma,1996, collana I Poeti della Fenice. 

domenica 24 aprile 2022

277.Tagore.Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti.

 

          Incalza un nuovo intervallo per Zoé, che prima di volgersi a Oriente per propiziarsi l'ultima tappa del suo favoloso viaggio si prepara un buon tè caldo, profumato alle spezie, da sorseggiare mentre gusta qualche bel frutto maturo che ha prima adocchiato in un cesto in cucina.

         Davanti al terzo occhio della sua immaginazione si profila un nuovo lungo percorso, un tripudio di immagini e sull'eco della  musica che le accompagna si lascia trasportare nell’universo magico di Rabindranath Tagore[1].

Ecco l'India dei mille e mille villaggi di cui parlava Gandhi-gi[2].

        ‘ Riconosco il suono del sitār[3] che accompagna i canti del poeta, ma anche lo sciacquio che fanno le mani della ragazza, seduta indolente sulla sponda del fiume. Indugia, quasi ad aspettare qualcuno che tarda ad arrivare. Le onde ammiccano con sorrisi d'intesa e sussurri. Anche le nuvole vagabonde sembrano indugiare sorridenti e complici laggiù all'orizzonte. Non più la natura in cui l'uomo europeo si rispecchia e proietta la sua interiorità, ma una natura in cui l'uomo è parte allo stesso titolo delle altre creature, sullo stesso identico piano.

 

Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti[4]

 

così solo per gioco?

Riempi la tua brocca. È ora che torni a casa.

 

Perché muovi l'acqua con le mani

e ogni tanto guardi nella via se qualcuno arriva

così solo per gioco?

 

Riempi la brocca e vieni a casa.

Le ore del mattino passano, l'acqua scura scorre.

Le onde ridono e sussurrano tra loro, così, solo per gioco.

 

Le nuvole vagabonde si sono raccolte

all'estremo orizzonte, sopra la collina

indugiano, ti guardano in viso, sorridono,

 

così, solo per gioco

riempi la tua brocca e vieni a casa.

 

        Al tintinnare di quei braccialetti risponde il suono dei campanelli luccicanti alle caviglie; sopraggiunge sovrapponendosi e riecheggia nel sangue del poeta con la forza del ricordo: quando il sāri[5] di lei ondeggiava nel suo respiro e poteva carezzarle i capelli ondulati. Ora può farlo nel sogno perché lei abita ancora i rami che vibrano danzando al ritmo della sua melodia e i suoi occhi dal cielo azzurro gli sorridono. Non è mai andata via.



[1] Rabindranath Tagore nasce a Calcutta nel 1861 e muore nel 1941 a Santiniketan nella scuola da lui fondata. Gli è stato conferito nel 1913 il Nobel per la Letteratura.

[2] Il suffisso –gi si attribuisce in hindi in segno di rispetto ai nomi delle persone.

[3] Strumento a corde tradizionale della musica indiana.

[4]  Rabindranath Tagore ,”Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti”, da Il giardiniere - Carabba ed.   1915.

[5] Abito tradizionale delle donne indiane di religione indù. Se di religione islamica alla tunica si sostituisce una lunga camicia sopra i pantaloni.

sabato 23 aprile 2022

276.Tagirw.Quanto poco io conosco di questo mondo.

276.Tagore .

Quanto poco io conosco di questo mondo.

 

 Quanto poco io conosco di questo mondo:

atti d'uomini,città,fiumi,

montagne ,arido squallore,sconosciute 

creature,alberi ignoti .

La grande terra brulica

ed io conosco semplicemente un riparo.

spogliato io viaggio coi miei occhi

e raccolgo rapide visioni di parole,quadri

che colmano le mie zone di inesperienza

con dovizia.

Io sono un poeta della terra:

il mio flauto ripete le sue melodie.

Sazio i suoi richiami coi miei sogni

e ne ascolto l'armonia 

nelle ore silenziose del mio cuore.

Inaccessibili ,nevose cime

tornano a chiamarmi insistenti

con musica mai udita .

La stella polare,lontana,solitaria ,

ha toccato i miei occhi insonni,

 

 

venerdì 22 aprile 2022

275.Tagore.Tu sei nato.

 275.Tagore.Tu sei nato.                                      Da poesie vecchie e nuove.     

Tu sei nato per la gioia di tutti :

il cielo azzurro,

gli uccelli,     

gli occhi di tua madre  ;

la pioggia di Shravan,l'umida aria d'autunno,

questi son stati il primo benvenuto della vita.

La tua nascita è stata in un attimo

un immenso dono,

chiamare a casa uno di famiglia.

Tua sia la morte nella remota solitudine ,la notte

ti saluti dove l'onde del mare ritmano la danza di chi non ha un focolare]                     

dove sorge uncanto dalla foresta sconosciuta,

dove l'estranea cascata batte le mani in un canto d'addio,

dove le stelle straniere offrono luce all'infinito,

dove niente spinge a tornare.

la porta è aperta:i mari,le colline ,tutti indicano la via.

La notte vicino alla tua testa resterà ssilenziosa,

perché morte è un richiamo al viandante. 

 


giovedì 21 aprile 2022

274.R.Tagore.Camminavo lungo un sentiero.

 274.R.Tagore.Camminavo lungo un sentiero.

 

Camminavo lungo un sentiero.folto d'erba quando improvvisamente

          da qualcuno alle mie spalle ho udito:"Guarda se mi conosci!"

Mi sono voltato,guardando verso di lei,ed ho detto:

            " Non posso ricordare il tuo nome!"

Ella ha detto:"Son quel primo grande dolore che  hai conosciuto  da giovane"]

         I suoi occhi sembravano un mattino la cui rugiada è ancora nell'aria.]

Son rimasto per un po' in silenzio e le ho chiesto:

       "Hai smarrito il tuo gran  fardello di lacrime?"  

Ella ha sorriso e non ha detto niente.Ho sentito che le sue lacrime

        hanno avuto il tempo per imparare il linguaggio dei sorrisi.

"Una volta tu hai detto," ha mormorato,

       "che avresti tenuto caro il tuo dolore per sempre.

"Arrossendo, Le ho detto:"Sì,ma son passati anni

          ed ho dimenticato."

Ho preso allora la sua mano nelle mie ed ho aggiunto:

         "Ma tu sei cambiata,"

"Quello ch'era una volta dolore è diventato ornai pace."

       ha risposto.

mercoledì 20 aprile 2022

273.R.Tagore.Mentre saliva sulla carrozza...

 273.R.Tagore.Mentre saliva sulla carrozza 

                                          Da "Il fuggitivo"e altre poesie.

Mentre saliva sulla carrozza ella ha volto la testa

            e mi ha lanciao un rapido sguardo di addio.

Questo era il suo ultimo dono.Ma deve metterlo in salvo 

           dal tempo che tutto calpesta?

Dovrà la sera spazzar via questo barlume d'angoscia,

          come l'ultimo tremolio di fuoco dopo il tramonto.

Dovrà esser lavato via dalla pioggia,come il polline

           custodito dai fiori col cuore infranto?

Si lasciano la gloria regale ,le dovizie dei ricchi alla morte.

           Ma non potranno le lacrime tenere  viva la memoria

           di uno sguardo lanciato in un momento appassionato^

"Lasciamelo conservare!"ha detto la mia canzone

           "  Io non tocco mai la gloria regale  né le dovizie dei         

           ricchi,ma queste piccole clse son mie per sempre." 

martedì 19 aprile 2022

272.Rabindranath Tagore.

 272.Rabindranath Tagore.(1881-1941)

 

 Nacque a Calcutta ed è ancora il poeta indiano più conosciuto nel mondoper il fascino delle sue poesie e per la forza della sua personalità.

Tagore è stato paragonato ad un albero che,nato da un piccolo seme,cresce e si sviluppa ininterrottamente e dà ombra e fruttifinchè la morte non lo coglie.Infatti la sua fecondità di scrittore fu eccezionale,ma non solo.La sua capacità di iniziativa volta ad agire anche nel sociale e a cercare di volgere anche l'iniziativa politica al positivo.Un intellettuale infaticabile  che scrisse migliaia di poesie e di canti,per cui compose egli stesso la musica-,;centinaia di novelle e romanzi,circa tre dozzine di drammi,anche in versi,migliaia di pagine di saggi,memorie,diari di viaggiocostituiscono la sua produzione letteraria.E' poi nota la sua polidricità:pittore,educatore,rifornmatore e politico.il suo libro Ghitanjali(Offerta di canti) vinse nel 1913 il  premio Nobel.Della sua lira vibra ogni corda;dalla canzone d'amore alla descrizione estatoca della natura al canto patriottico,alla professione di fede nella divinità,alla quale aspira con un misticismo che,non soltanto non rinnega il mondo,ma che vede nell'affrontare con coraggio le difficoltà della vita il fine e la dignità della condizione umana.

Con particolare lucido acume  seppe individuare Aldous Huxley

lo spirito di Tagore:"Egli ha cercato di vedere l'assoluto nel relativo,l'infinito nel finito,l'eternità obiettiva nelle frazioni di tempo."