sabato 27 maggio 2017

Piero Bigongiari.Riflessioni


Sono davvero contenta di proporre ai miei amici lettori,soprattutto statunitensi
e russi così numerosi e costanti e al mio fedelissimo e solitario amico lettore cinese,
la riflessione di Piero Bigongiari tanto ricca di suggestioni e,purtroppo,così inattuale
da mostrarci che i progressi dell'Uomo sono soltanto apparenti.


"Se il tempo cova le passioni,e quasi dà loro forma,anche le estingue.dunque 
bisogna che le passioni,oltre che 'descrivere' il tempo,come l'oggetto formato
descrive lo stampo in cui il fonditore l'ha colato come ancora materia
incandescente,anche posseggano una materia  ch'io vorrei chiamare l'infinito
possibile del tempo.e' la natura delle passioni,la natura dell'essere:una natura
oggettiva,di cui il poeta non si appropria,di cui bensì,meglio diremmo,il poeta
si espropria attraverso la poesia.giacché il poeta non è mai fermo,non tocca 
mai lo stesso oggetto,non immerge,come l'uomo  che è proprietario del poeta,
mai la mano nella stessa acqua.E' qui che l'uomo si sente soggetto di storia:in
quanto solo quello che l'uomo tocca,togliendolo dall'indeterminato,legandolo 
al tempo,e insomma soggettivndolo,si  oggettiva.
            Senza voler penetrare riflessivamente nella mia storia - e come potrei 
se non per mere ipotesi? - ,mi pare che con la guerra,e il lungo dopoguerra,e 
la restituzione delle libertà agli istituti umani,anche la mia poesia ha cercato 
di restituire il reale,quel reale salvaguardato e messo in moto fino alla ricerca 
degli archetipi,alla realtà:sì che la dialettica tra vita e interpretazione avvenga 
coinvolgendo una integrità di atti che, se hanno come corrispettivo una vita 
oggettiva,presuppongono d'altra parte un linguaggio altrettanto oggettivo ,
cioè tutto percorso dai suoi termini primi fino a quello di cui l'uso constata il
perpetuo divenire. A questa riconversione dell'eccezione linguistica in  norma, 
corrisponde ,se non erro,un'accettazione della storia totale in quella individuale,
 e se l'uomo è meno solo,è che l'uomosente cresciuta dentro di sé quella natura 
che implica la solidarietà,di cui egli tiene le fila e come la responsabilità,tra 
tutte  le parti dell'esistente.Ma  sul mio stesso scrivere qui, l'unghiata del
quotidiano lascia il segno,che può modificare la luce,dandogli comunque 
quel senso di precarietà,quella condizione infine che rende più vicini anche 
quello che in un pensiero c'è di incontrollabile e,se vogliamo,di aprioristico,
di dato non dall'oggetto ma dalla qualità normativa che è propria dell'operazione
stessa del pensare.
     Le passioni tuttavia non hanno mai nulla di aprioristico,ma aprioristico è 
il significato che vogliamo dar loro:quando si dice di voler estrarre il succo 
di un'esperienza fino a  ,un poeta vi dirà subito che non si può spremere 
 un'esperienza fino a lasciarla secca del suo umore naturale,un poeta vorrà 
salvare appunto l'integrità dell'esperienza,lasciare che si delinei integralmente.
Ed ecco dove il poeta,mentre insieme conosce ,non sa; e si limita a vedere,
quando la mente  'alle sue vision quasi è divina'.
     Se oggi qualcuno parla degli 'oggetti tragici'che la mia poesia implica ,io non 
saprei meglio additarne l'origine che richiamandomi a quel senso di giustizia 
obiettiva che subito mosse ,dandogli anche quel che di dinamicamente irrequieto ,
la scoperta di quel mezzo attivo che è la poesia dinanzi alla constatata ingiustizia 
del vivere universale.Ingiustizia ,intendo, se trasferiamo sul piano morale  la perfetta 
rispondenza di un organo alla funzione,è questo non tener conto che al di là dell'utilità
 della macchina,la sorte dell'uomo e insomma della vita oggettiva evade bene dal 
meccanismo di cui pure è parte in causa;ed evade proprio nell'evidenza del proprio
 essere che non è solo un effetto bensì,esso stesso, una causa  dell'universo. Insomma 
il passare per me da una comprensione più strettamente individuale a una più largamente individualizzata ,mi ha portato,in un contemporaneo allargarsi di interessi,a rispettare 
nell'esistenza stessa quella sua insita facoltà di soluzione. E' la sorte dell'uomo drammatica,
ed è il proprio dell'uomo ricercare quel senso di giustizia che muove tanto la primavera a
sciamare come una nube temeraria  nell'universo quanto un cuore amante a delirare,ma
anche ad accettare il tramutarsi della passione in conoscenza.Credo che nessun uomo è
compiuto in se stesso,bensì che  ognuno solo attraverso gli altri e  l'altro da sé possa
 raggiungere compiutamente se stesso: la poesia è dunque questo ricupero,nell'invenzione
 oggettiva del mondo,di qualcosa che il mondo stesso è capace di restituire,se il poeta gli
 dona ,togliendolo alla sua inerzia,questa intima,totale capacità di resa.Questa credo sia
l'unica,vera storicità di una poesia:poesia,non di commento,ma d'invenzione,sorpresa
dunque ogni volta ,e ogni volta messa in forse ,dal suo stesso esistere,dalla sua tentazione esistenziale.Un bagaglio leggero sarà affidato all'uomo del Novecento,.questo nuovo nomade
di un mondo in movimento: ma aprendo ilbagaglio,doveché si trovi ,dovrà quest'uomo 
ritrovare,insieme all'odore tentatore del cosmo,quello sottile della sua casa.Uomo destruens
insieme ed instuens,nella velocità dei raccordi ritroverà costui il profondo carattere attivo 
della parola che appunto deve,per convincere,soprattuto significare.

                                                                                                                Piero   Bigongiari.

 

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