IL RUSSO
(Da una poesia dell’epoca)
Tombé dans l’enfer
Grouillant d’ëtres humains
O Russe tu m’apparus
Soudain, céléstial
Parmi de la clameur 5
Du grouillement brutal
d’une lâche humanité
Se pourrissante d’elle même.
Se vis ta barbe blonde
Fulgurante
au coin 10
Ton âme je vis aussi
Par le gouffre ré jetée
Ton âme dans l’étreinte
L’étreinte désespérée
Des Chimères fulgurantes 15
Dans le miasme humain.
Voilà que tu ecc. ecc.
In un ampio stanzone pulverulento turbinavano i rifiuti della società. Io dopo due mesi di cella ansioso di rivedere degli esseri umani ero rigettato come da onde ostili. Camminavano velocemente come pazzi, ciascuno assorto in ció che formava l’unico senso della sua vita: la sua colpa. Dei frati grigi dal volto sereno, troppo sereno, assisi: vigilavano. In un angolo una testa spasmodica, una barba rossastra, un viso emaciato disfatto, coi segni di una lotta terribile e vana. Era il russo, violinista e pittore. Curvo sull’orlo della stufa scriveva febbrilmente.
Ton âme je vis aussi
Par le gouffre ré jetée
Ton âme dans l’étreinte
L’étreinte désespérée
Des Chimères fulgurantes 15
Dans le miasme humain.
Voilà que tu ecc. ecc.
In un ampio stanzone pulverulento turbinavano i rifiuti della società. Io dopo due mesi di cella ansioso di rivedere degli esseri umani ero rigettato come da onde ostili. Camminavano velocemente come pazzi, ciascuno assorto in ció che formava l’unico senso della sua vita: la sua colpa. Dei frati grigi dal volto sereno, troppo sereno, assisi: vigilavano. In un angolo una testa spasmodica, una barba rossastra, un viso emaciato disfatto, coi segni di una lotta terribile e vana. Era il russo, violinista e pittore. Curvo sull’orlo della stufa scriveva febbrilmente.
***
«Un uomo in
una notte di dicembre, solo nella sua casa, sente il terrore della sua
solitudine. Pensa che fuori degli uomini forse muoiono di freddo: ed esce per
salvarli. Al mattino quando ritorna, solo, trova sulla sua porta una donna,
morta assiderata. E si uccide.» Parlava: quando, mentre mi fissava cogli occhi
spaventati e vuoti, io cercando in fondo degli occhi grigioopachi uno sguardo,
uno sguardo mi parve di distinguere, che li riempiva: non di terrore: quasi
infantile, inconscio, come di meraviglia.
***
Il Russo era
condannato. Da diciannove mesi rinchiuso, affamato, spiato implacabilmente,
doveva confessare, aveva confessato. E il supplizio del fango! Colla loro
placida gioia i frati, col loro ghigno muto i delinquenti gli avevano detto
quando con una parola, con un gesto, con un pianto irrefrenabile nella notte
aveva volta a volta scoperto un po’ del suo segreto! Ora io lo vedevo chiudersi
gli orecchi per non udire il rombo come di torrente sassoso del continuo
strisciare dei passi.
***
Erano i primi giorni che la primavera si svegliava
in Fiandra. Dalla camerata a volte (la camerata dei veri pazzi dove ora mi
avevano messo), oltre i vetri spessi, oltre le sbarre di ferro, io guardavo il
cornicione profilarsi al tramonto. Un pulviscolo d’oro riempiva il prato, e poi
lontana la linea muta della città rotta di torri gotiche. E così ogni sera
coricandomi nella mia prigionia salutavo la primavera. E una di quelle sere
seppi: il Russo era stato ucciso. Il pulviscolo d’oro che avvolgeva la città
parve ad un tratto sublimarsi in un sacrifizio sanguigno. Quando? I riflessi
sanguigni del tramonto credei mi portassero il suo saluto. Chiusi le palpebre,
restai lungamente senza pensiero:
quella sera non chiesi altro. Vidi che intorno si era fatto scuro. Nella camerata
non c’era che il tanfo e il respiro sordo dei pazzi addormentati dietro le loro
chimere. Col capo affondato sul guanciale seguivo in aria delle farfalline che
scherzavano attorno alla lampada elettrica nella luce scialba e gelida. Una
dolcezza acuta, una dolcezza di martirio, del suo martirio mi si torceva pei
nervi. Febbrile, curva sull’orlo della stufa la testa barbuta scriveva. La
penna scorreva strideva spasmodica. Perché era uscito per salvare altri uomini?
Un suo ritratto di delinquente, un insensato, severo nei suoi abiti eleganti,
la testa portata alta con dignità animale: un altro, un sorriso, l’immagine di
un sorriso ritratta a memoria, la testa della fanciulla d’Este. Poi teste di
contadini russi teste barbute tutte, teste, teste, ancora teste. . .. . . . . . . . . . . . . . . . .
La penna scorreva strideva spasmodica: perchè era uscito per salvare altri uomini? Curvo, sull’orlo della stufa la testa barbuta, il russo scriveva, scriveva scriveva. . . . . . .
***
Non essendovi in Belgio l’estradizione legale per i
delinquenti politici avevano compito l’ufficio i Frati della Carità Cristiana.
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