venerdì 27 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.16.Colore di pioggia e di ferro.

e.Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.


XVI.Colore di pioggia e di ferro

Dicevi:morte ,silenzio,solitudine;
come amore,vita.Parole
delle nostre provvisorie immagini.
E il vento s'è levato leggero ogni mattina
e il tempo colore di pioggia e di ferro
è passato sulle pietre,
sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
Ancora la verità è lontana.
E dimmi ,uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora,ora:prima che altro silenzio
entri negli occhi,prima che altro vento
salga  e altra ruggine fiorisca.

Da”Il falso e vero verde”.
Esce nel 1956; si tratta di una raccolta di 14 poesie divise in quattro gruppi:
  • Il falso e vero verde
  • Dalla Sicilia
  • Quando caddero gli alberi e le mura
  • Epigrammi
Qui Quasimodo è fra i primi a dubitare della credibilità e della positività per l'uomo di una società capitalistica, divisa fra la miseria e il sottosviluppo e le apparenze dorate e lo spreco, mentre è ancora vivo il ricordo della guerra. Al poeta e alla poesia è affidata la pesante responsabilità
 "di cambiare il mondo".
La posizione del poeta non può essere passiva nella società: egli "modifica" il mondo. Le sue immagini forti, quelle create, battono sul cuore dell'uomo più ancora della filosofia e della storia. La poesia si trasforma in etica, proprio per la sua naturale capacità di esprimere  bellezza: la sua responsabilità è in diretto rapporto con la sua perfezione. Un poeta insomma  è tale quando non rinuncia alla sua presenza in una data terra, in un tempo esatto, definito politicamente.
(Discorso sulla poesia)
Ed ecco allora la dura posizione autocritica e senza più speranza dei versi di
"Colore di pioggia e di ferro"
Poeta,non sei stato sufficientemente rapido. Hai provato a fare l’eroe,ma ora sei solo un ammasso di carne,polvere e sudore;gonfi il petto per compiere i soliti gesti epici, ma il tuo eroismo è disperato,hai il fiato corto,è troppo tardi. Dicevi morte,silenzio,solitudine,amore;attingevi a un ammasso di parole che avrebbero dovuto parlare di vita,o almeno,parole vicine alla vita,capaci di sfiorarla, e farla fiorire. Ma queste parole non sono bastate:immagini provvisorie che il vento levandosi leggero ogni mattina ha fatto poco a poco evaporare .Tutto il chiacchiericcio è evaporato in cielo per comporre nubi di ferro dacui goccia a goccia il tempo è colato come acido solforico,carezzando le pietre che voi poeti ancora non siete riusciti ad animare col vostro ronzio. Quasimodo è molto allarmato, osa interrogare l’uomo spaccato sulla croce,serve un rimedio:ma quale? Latte che sia nuova linfa o un’arma che rallenti la tartaruga per una risposta che rompa l’assurdo di una corsa destinata a fallire col silenzio. Silenzio che penetra negli occhi e diffonde del mondo gli effetti di una civiltà che la poesia ha voluto per secoli evitare. ignoranza,violenza,alienazione,idiozia,lontananza dalla vita. Urge cancellare o convertire il colore delle nubi. Le pietre sono sfigurate per sempre, afflosciandosi sotto le gocce del tempo,esplosein  schegge radioattive. Va fermata quella pioggia prima che la terra le assorba .prima  che la foresta di ruggine spunti e divori l’uomo.



giovedì 26 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.15.Città straniera.





Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.

XV. Città straniera

Un'altra ora che cade:
aperta a stella una buccia di banana
vive sul fiume. Il rombo
d'un frantoio che macina pietrame
sulla cala, presso barconi inerti,
la sabbia gialla che trabocca;
e al flutto arido la pena
a cui mi fingo leggero
ogni giorno non mio.
Morti scendono da alti carrozzoni
di sangue nella nebbia,
le lampade toccano il selciato.
Fra lunghi viali
nere foglie ammucchiate
in un presagio di vento
.

dal volume complessivo:”Ed è subito sera”

Il realismo delle immagini sembra qui annunciare le poesie di viaggio che, circa trent'anni dopo, saranno parte essenziale di Dare e avere (1966), ultima raccolta quasimodiana.In questo senso i volumi degli anni Trenta ci fanno conoscere una voce poetica di evidente originalità, ma anche una fase di maturazione letteraria ed umana, dalla quale discenderanno i futuri sviluppi .
Ancora più esemplare di un rapporto molto importante tra le raccolte degli
anni Trenta e la produzione  del dopoguerra è la lirica Città straniera, dove il linguaggio, soprattutto nella prima strofa, richiama la concretezza che avranno
i testi degli anni successivi: se le immagini dei morti e del vento esprimono
una tendenza onirica già riscontrata altrove, la stella della prima strofa ricorda
le «stelle sporche a galla nei canali» di Dalla natura deforme, poesia compresa nella Terra impareggiabile.



mercoledì 25 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.14.Alle fronde dei salici




e.Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.


XIII. Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Giorno dopo giorno(1947)
La poesia di Quasimodo - ora lo sappiamo - come faceva osservare
 giustamente il suo traduttore francese Michel Costagutto,
 è una poesia piena di vento.
E' quel vento che  si mescola alla dura condizione bellica 
e non stimola la memoria, ma si collega ad una realtà
tragica e presente.

martedì 24 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.13- 19 Gennaio 1944.







. e.Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.

XIV.19 Gennaio 1944
Ti leggo dolci versi d’un antico,
e le parole nate fra le vigne,
le tende, in riva ai fiumi delle terre
dell’est, come ora ricadono lugubri
e desolate in questa profondissima
notte di guerra, in cui nessuno corre
il cielo degli angeli di morte,
e s’ode il vento  con rombo di crollo
se scuote le lamiere che qui in alto
dividono le logge, e la malinconia
sale dei cani che urlano dagli orti
ai colpi di moschetto delle ronde
per la vie deserte. Qualcuno vive.
Forse qualcuno vive. Ma noi, qui,
chiusi in ascolto dell’antica voce,
cerchiamo un segno che superi la vita,
l’oscuro sortilegio della terra,
dove anche fra le tombe di macerie
l’erba maligna solleva il suo fiore.

Giorno dopo giorno(1947)


La poesia di Quasimodo -lo  abbiamo  scoperto - come faceva osservare
 giustamente il suo traduttore francese Michel Costagutto,
 è una poesia piena di vento.
Tracce inoltre di haiku,come abbiamo già notato, nella poesia di
Salvatore Quasimodo .E quel vento che  si mescola ad armi da guerra
(il moschetto) e non stimola la memoria, ma si collega ad una realtà
tragica e presente. Più tardi, nell’ultima raccolta Dare e avere, il vento
tornerà ad essere fatto dell’io privato per accompagnare un momento
di congetture personali. Per questo si ritrovano nella silloge versi che
echeggiano  quelli contenuti in Varvàra Alexandrovna: “[…] Di notte
a Siberia stacca il suo vento  / lucente sul vetro di schiuma, una trama
di corde astratte nella mente. ”.
La situazione storica era di nuovo cambiata e con essa il pensiero del
poeta: caduto l’entusiasmo della ricostruzione del dopoguerra, perduta
l’idea di ‘rifare l’uomo’, restava l’amarezza per una società consumistica
e meccanizzata che Quasimodo non riconosceva, per la constatazione
che l’uomo non era stato ‘rifatto’. Si passa allora da una poesia che si
era fatta corale dopo la guerra, ad un nuovo ripiegamento su sé stessi,
dal ‘noi’ all’ ‘io’.Da questa rapidissima rassegna è emerso dunque un
vento  polifunzionale, la cui assenza può anche generare solitudine:
‘e il  vento, il fresco  non versa / telai di suoni e chiarità improvvise, /
e quando  anche il cielo è solo’. Strada di Agrigentum . Altre volte
avvia segreti impulsi dell’anima: ‘e io fingo timore a chi non sa /
che  profondo m’ha cercato’. O può essere anche un interlocutore
concreto con cui dialogare.
La poesia “Strada di Agrigentum”,lo abbiamo visto, è emblematica di
uno dei motivi della poesia di Quasimodo: la trasfigurazione della Sicilia,
 attraverso il ricordo (sottolineo  il primo verso), in un paradiso perduto
(tante sono le immagini di una natura che sembra paradisiaca) che
acquista tanto più fascino quando il poeta si pone come “esiliato”.
Questo suo esilio rende la terra natia lontana  nello spazio come nel
tempo, pertanto,tipicamente ermetica.  La lirica si presenta come
una nostalgica rievocazione che, seppure con riferimenti autobiografici,
conserva  qualcosa di etereo: i paesaggi, gli animali e le cose sembrano
remotamente lontani, immagini che appaiono in un sogno, dal movimento
 lento,per poi svanire  perché altre si sovrappongono. L’anima del poeta
sembra incarnare attraverso il ricordo tutta la storia (è «antica») e la
nostalgia (grigia) della sua terra.  Il ricordo della bellezza di quell’isola
fa riflettere il poeta sulla sua solitudine attuale .Eccolo evocare allora
immagini tipiche della sua Sicilia: il marranzano e un uomo che spinge
il carretto.  Il recupero della tradizione, storica e letteraria, era per
Quasimodo un mezzo per resistere alla barbarie nazifascista.

lunedì 23 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.12.Uomo del mio tempo.





Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.

XII.Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

dalla raccolta Giorno dopo giorno, 1947

Il legame fra vento e morte, o silenzio, diventa evidentissimo, dovuto
non più a una condizione interiore, ma alla situazione storica,
perché la mutata temperie e la guerra caricano il vento  di valenze lugubri:
Questo silenzio fermo nelle strade, / questo vento indolente che ora scivola /
basso tra le foglie morte o risale / ai colori delle insegne straniere …
e s’ode il vento con rombo di crollo /
 se scuote le lamiere che qui in alto /
dividono le logge, e la malinconia /
 sale dei cani che urlano dagli orti /
ai colpi di moschetto delle ronde /
 per le vie deserte.[…] 


. Anche la metrica si adegua: l’endecasillabo ‘e s’ode il vento con rombo di crollo’ ha una cadenza solenne per la sua accentazione sulla quarta e settima sillaba, per l’insistenza sulla stessa vocale tonica ‘o’ accompagnata a parole di valore quasi onomatopeico come ‘rombo di crollo’

Ride la gazza, nera sugli aranci,
in Nuove Poesie e successivamente in Ed è subito sera e in  Curva minore, in
 Òboe sommerso.

Il fenomeno compare anche altrove in questa silloge, come si vede dai versi di
Che vuoi pastore d’aria?:
‘in Nuove Poesie’,